Cari amici di blog, da ieri racconto alcuni profili dell’operazione Briantenopea della per la Procura di Monza, sotto la direzione del pm Salvatore Bellomo, delegata ai Carabinieri del capoluogo, guidati prima da Marco Da Leo e poi da Luigi D’Ambrosio. L’indagine, il 4 marzo, ha smantellato una corposa associazione a delinquere simpaticamente dedita, a vario titolo, a rapinare, compiere estorsioni, usura, ricettazione, riciclaggio, spendita di banconote false, traffico di stupefacenti e reati contro la pubblica amministrazione.
Nel post di ieri (rimando all’archivio) ho analizzato il replicarsi in Brianza di schemi criminali tipici del Sud. In questa replica rientra dunque anche la struttura gerarchica dei capi.
Quel che davvero colpisce in questa indagine – dove la parola camorra, si badi bene, non viene mai nominata – è la figura dell’ex assessore all’Ambiente del Comune di Monza, Giovanni Antonicelli (arrestato e il 14 marzo interrogato per 4 ore dai pm nel carcere di Varese), da San Giorgio Ionico (Taranto), eletto, si legge testualmente alle pagina 5 e 6, «anche con l’impegno attivo dell’organizzazione criminale di Giuseppe Esposito (il presunto boss ndr) per il reperimento di voti a suo favore durante la campagna elettorale; punto di riferimento dell’organizzazione per la risoluzione di problematiche riguardanti la pubblica amministrazione ed inerenti ai sodali dell’associazione nonché elargitore di appalti alla P.gi.emme di Giuseppe Esposito e di favori ad altriu compartecipi, in ragione della funzione pubblica da lui ricoperta».
Antonicelli, per la cronaca, fu già condannato nel 2005 per bancarotta fraudolenta e successivamente (2010) riabilitato. Lui, scrive il Gip a pagina 266, «appare strettamente legato a Esposito, con il quale si esprime con grande confidenzialità e della cui organizzazione si è avvalso per essere eletto e per fare eleggere colleghi di partito (che, per la cronaca, era il Pdl); a propria volta Esposito può contare su di lui per ottenere regolarmente commesse per la P.gi.emme. Costante, da parte sua, la frequentazione di Esposito, dei suoi ambienti e risultano provati contatti con altri associati. Intreccia con Esposito rapporti economici, posto che la società Edilizia Lombarda (e come ti sbagli, il mattone è sempre il motore degli affari ndr), riferibile ad Antonicelli, si avvale di personale della P.gi.emme di Esposito. S’impone l’applicazione di una misura custodiale attesa la sua disinvoltura nel muoversi in ambienti malavitosi e a disporre della cosa pubblica a favore dei suoi amici: a dimostrazione di un’indole tesa all’approfittamento ove se ne palesi la possibilità».
Quel che colpisce è che il pm Salvatore Bellomo non fa un passo indietro rispetto alla richiesta di arresto e leggete qui perché: «…pur se l’indagato è al momento privo di incarichi pubblici e ciò potrebbe far ritenere attenuate le esigenze cautelari, occorre rilevare come questi sia attivo nel sottobosco del mercato dei pacchetti di voti, vantando conoscenze e dispensando consigli al riguardo; ciò è indice, a fronte dei molteplici collegamenti dell’indagato con il mondo imprenditoriale e politico non solo brianzolo, di come sia concreto il rischio che l’indagato impieghi metodi ormai acquisiti dalle sue frequentazioni delinquenziali e che si avvalgono delle stesse per metterli al servizio di altre persone (si rammenti al riguardo che molteplici persone interessate al’attività di compravendita di pacchetti di voti non sono indagati e pertanto, presumibilmente liberi, potrebbero ancora attivarsi alla bisogna) ovvero per servirsene ai danni di terzi. Occorre quindi svolgere un controllo continuo sull’indagato».
A pagina 32 dell’ordinanza si legge che Esposito e Antonicelli, in concorso tra loro, avrebbero concordato e agito per ottenere il voto elettorale a favore di Renzo De Biase (non è indagato), candidato non eletto (ma consigliere eletto per il Pdl dal 2009 al 2011) alle votazioni comunali di Milano del 15 e 16 maggio 2011. I due avrebbero dato denaro (anzi: l’accusa scrive “davano”) a numerosi elettori non identificati. «In particolare compensavano ogni singolo elettore – si legge sempre nell’ordinanza – per euro 20 a voto e, in caso di nucleo familiare, euro 50 a famiglia». «Sappiamo che ha ottenuto voti di favore – ha detto Bellomo a margine di una conferenza stampa al Comando provinciale di Milano – ma non sappiamo, al momento, se ne fosse consapevole».
DE BIASE
Come ricorda Il Giorno del 5 marzo, De Biase, che indagato non è, respinge femamente ogni accusa e difende il proprio onore, del resto conquistato sul campo anche con l’associazione“Comunità, legalità e moralità”, da lui fondata e con la quale partecipò alle elezioni comunali del 2011.
Il suo nome, però, gli ricorda il giornalista Giambattista Anastasio, era emerso anche nell’inchiesta sulla compravendita di voti dalla ’ndrangheta che ha portato in cella l’ex assessore regionale in Lombardia, Domenico Zambetti. In una telefonata (tra un politico e un presunto ‘ndranghetista) si parlava di far convergere voti su di lui i voti alle comunali del 2011. Ecco la risposta di De Biase: «…glielo dico chiaro e tondo: io non compro i voti. Lo dimostra il fatto che non sono stato eletto. Alle comunali presi appena 600 preferenze e non c’è alcun collegio in cui ne abbia prese più di 13-15. La mia campagna la gestirono 60-70 amici e rimasi deluso dai risultati: m’hanno portato al massimo 10 voti a testa, se m’ha votato il marito non m’ha votato la moglie. Sono precipato in un incubo, mio figlio mi ha chiamato cinque volte per chiedermi che avessi fatto. E io gli ho risposto: “Niente, non ho fatto niente”».
Alla prossima,
2 – the end (la precedente puntata è stata pubblicata ieri, 21 marzo)
r.galullo@ilsole24ore.com