Operazione Blue Call/1 Cosca Bellocco, come il confetto Falqui: basta la parola per capire chi comanda davvero a Rosarno!

Umberto Bellocco, figlio di Carmelo, è il più giovane della famiglia. Ora ha 21 anni ma quando, nel pomeriggio del 26 giugno 2009, il suo dialogo a bordo di una Fiat Bravo viene intercettato, ne ha appena 19.

E’ lui che afferma – si legge testualmente a pagina 14 dell’ordinanza firmata dal Gip di Milano Giuseppe Gennari a seguito della richiesta di custodia cautelare avanzata dai pm Boccassini Ilda e Paolo Storari nell’ambito dell’indagine che ha portato all’arresto di 23 persone sull’asse Reggio-Milano-Canton Ticino- “Rosarno è nostro e deve essere per sempre nostro…senò non è di nessuno”, sintomatica del fatto che i Bellocco ritengono di essere tuttora titolari di una sorta di diritto di proprietà sul comune della piana di Gioia Tauro, a riprova del fatto che il sodalizio continua ad esistere e ad operare in quel centro con metodo mafioso.

Ricordate (mi rivolgo a chi ha superato i 50 anni) quella vecchia pubblicità in onda su Carosello, interpretata dal 1957 al 1974 da Tino Scotti: “Confetto Falqui, basta la parola!”? Ebbene, i Bellocco, mutatis mutandis, l’hanno adattata alle proprie esigenze.

Del resto, lo stesso giorno, ma questa volta intercettato in un’abitazione di Granarolo nell’Emilia, il padre afferma che la famiglia Bellocco ha una forza militare tale da ammazzare cento persone in un giorno (“A questo punto così bella bella ce la vediamo noi, noi siamo capaci di prendere cento al giorno”).

Questa è la cosca Bellocco che ha scalato la società milanese di call center Blue Call, svuotandone sistematicamente le casse, secondo il ritratto che ne fanno gli inquirenti (a questa operazione ho dedicato due articoli sul Sole-24 Ore online e uno sul quotidiano, che sono reperibili in archivio).

Del resto l’orgoglio dei Bellocco per la propria potenza ‘ndranghetistica non conosce pudore. Nell’ordinanza “gemella” firmata dal Gip di Reggio Calabria Tommasina Cotroneo su richiesta dei pm Gianni Musarò e Matteo Centini, lo si può capire a tutto tondo.

RINGRAZIA CHE SEI DONNA!

Significative sullo status di mafioso di Umberto Bellocco, questa volta classe ’83 (i nomi di battesimo si ripetono) sono le seguenti due conversazioni, che, pur legate ad episodi di “vita quotidiana”, offrono l’occasione di misurare non solo l’orgoglio Umberto di fare parte di una famiglia di ‘ndrangheta, ma anche le forti continue rivendicazioni della forza e del potere della sua famiglia.

Nella prima conversazione si comprende come l’interlocutrice di Bellocco doveva essersi resa responsabile di una qualche offesa nei suoi confronti (probabilmente avendolo schiaffeggiato), tant’è che questi le raccontava di essere stato educato alla prevaricazione ed alla violenza dal padre sin dalla tenera età (affinché la donna lo tenesse a mente come monito per il futuro).

Umberto Bellocco, in sostanza, raccontava le “gesta” del padre Giuseppe nel periodo in cui questi era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, il quale era pronto a violare le prescrizioni connesse alla misura di prevenzione (“rompeva gli obblighi”) pur di educare il figlio alla sua appartenenza mafiosa, nonché per ribadire nel contesto criminale di influenza l’intoccabilità degli esponenti della cosca.

Umberto, in altre parole, non aveva reagito solo perché di fronte aveva una donna.

BUON NATALE!

Ancora più significativo, è il contenuto della conversazione telefonica registrata il 23 dicembre 2010.

In sostanza, a causa di un sinistro in cui la propria motocicletta era rimasta coinvolta circa 20 giorni prima, Bellocco, dopo alcune comunicazioni telefoniche, contatta l’Agenzia di assicurazioni a Cinquefrondi, pretendendo di essere risarcito e mostrando insofferenza per l’iter burocratico dovuto al sopralluogo che il perito doveva ancora effettuare.

Nella circostanza, dopo essersi presentato come “Bellocco Umberto di Rosarno e non di Giffone”, intendendo in tal modo chiarire la sua origine, geografica e criminale, in modo mafioso, esigeva la riscossione immediata dell’indennizzo direttamente a carico dall’agenzia assicurativa, assolutamente incurante del normale iter che le compagnie di assicurazioni seguono per la liquidazione dei risarcimenti, evidentemente ritenendosi meritevole di un trattamento “speciale” (“la moto me la pagate voi a me … Voglio l’ assegno e me ne vado io.  A carico vostro, non mi interessa niente a me!”).

Sebbene il dipendente dell’agenzia cercasse di illustrare le proprie ragioni, Bellocco non sentiva ragioni e minacciava esplicitamente l’impiegato (“Perché se uno è prepotente… lo deve dimostrare quello che è, non deve nascondersi e fare il ragazzo per bene … Va bene poi… quando vengo là sotto vediamo poi… non c’… tanto io adesso per le sette scendo e vengo a casa vostra per Natale, quando siete tutti belli in armonia, come sono io a casa mia. E vediamo chi la paga!”).

Per apprezzare appieno l’efficacia intimidatoria della minaccia, gioca ricordare che l’interlocutore di Bellocco era un dipendente dell’agenzia assicurativa di Cinquefrondi, ossia un soggetto che aveva certamente ben chiara la differenza tra un Bellocco di Giffone e un Bellocco di Rosarno.

BASTA UN CLIC!

Ancora una volta tornano alla mente, scrivono i pm, le dichiarazioni del collaboratore Cosimo Virgilio nel corso dell’interrogatorio del 19 marzo 2012: ” perché il cognome “Bellocco” a Rosarno è sinonimo, insomma, di famiglie di un elevato spessore di… di mafia, di ‘ndrangheta, già conosciuto, insomma, da tempo”.

Come se non bastasse Carmelo Bellocco, classe ‘56 nel corso di una conversazione con la sorella Francesca captata il 21 febbraio 2009 all’interno dell’abitazione sita in Granarolo dell’Emilia, dice: “basterebbe fare un clic sul computer per sapere chi sono i Bellocco di Rosarno”.

E’ evidente, quindi, che anche Umberto Bellocco classe ’83, fosse assolutamente consapevole del potere di intimidazione della cosca di appartenenza. Sa benissimo Bellocco, scrivono gli inquirenti, qual è la forza dell’intimidazione della sua ‘ndrina, guadagnata sul campo in decenni e decenni di “onorata” attività.

Si vanta, Bellocco, del nome che porta ed in forza del terrore che promana la sua stirpe accompagna il socio dal legale, che prontamente e senza fiatare si mette a completa disposizione come mai fi
no ad allora aveva fatto. “Dove sono io non c'è problema …  non vi dico come è il nome ma  penso   che  … c'è una  garanzia”: è questo il brocardo di Bellocco Umberto, si legge nell’ordinanza firmata dal Gip Cotroneo!

A domani con altre riflessioni su questa operazione sull’asse Reggio-Milano-Canton Ticino.

1 – to be continued

r.galullo@ilsole24ore.com

  • trading..... |

    Si avrebbe potuto pensare che nei paesi democratici e moderni in che viviamo, il patrimonio non è più influente, ma è un errore e è un fatto. Un protezionismo esiste, purtroppo, sempre.

  • bartolo |

    con la speranza che gli splendidi analisti antimafiosi prima o poi troveranno un accordo sugli accoliti mafiosi, ora indicati rampolli dalle doppie lauree che s’infiltrano nei gangli delle istituzioni monopolizzandole tutte, ora rozzi sopraffattori di terrorizzati cittadini di una società, talmente civile, che oltre è davvero difficile immaginare…i calabresi, poveri e onesti, aspettano: prima o poi, la pace tra ex sodali (stato e antistato) dovrà pure scoppiare!

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