“A chi n’appartini?” A chi appartieni? Chiedo scusa ai calabresi se male ho scritto la frase che mille volte ho sentito risuonare nei saluti di mia suocera e di centinaia di suoi concittadini.
A chi appartieni? Con questa frase si rivolge – lei come tanti – quando non conosce (o riconosce) una persona. Quella frase – tradotta in altri termini – vuol dire semplicemente: “chi sei, non ti conosco, presentiamoci”.
NELLA CRIMINALITA’
L’appartenenza in Calabria conta più di qualunque cosa.
E’ nel sangue. Altrimenti non si spiegherebbe perché la ‘ndrangheta – che proprio sul vincolo familiare di sangue conta a differenza di Camorra e Cosa nostra – è diventata la più forte organizzazione criminale in Europa e tra le più forti al mondo, con la possibilità di comprare e corrompere tutto.
NELLA MASSONERIA
L’appartenenza in Calabria conta più di qualunque cosa.
E’ nel sangue. Altrimenti non si spiegherebbe perché la massoneria conta in Calabria un numero di logge (ufficiali e coperte) che non ha eguali in Italia. E nella massoneria deviata, qui in Calabria, albergano le trame fatte di menti raffinatissime della politica aberrante, dei servizi di Stato marci e di uomini delle cosche.
NELL’ECONOMIA
L’appartenenza in Calabria conta più di qualunque cosa.
E’ nel sangue. Altrimenti non si spiegherebbe perché l’economia privata – che pure rappresenta una percentuale ridicola di fronte a quella pubblica e che comunque dalle risorse pubbliche spesso viene alimentata – qui si tramanda di padre in figlio e non consente il sorgere di nuova impresa. Non solo nell’industria (qui all’anno zero e comunque foraggiata da fondi statali ed europei “prendi-e-scappa”) ma anche nei servizi e persino nel commercio.
NEL CREDITO
L’appartenenza in Calabria conta più di qualunque cosa.
E’ nel sangue. Altrimenti non si spiegherebbe perché il credito è zero e quello zero virgola viene dato ai soliti noti e, come sta testimoniando un’indagine nella Piana di Gioia Tauro, il beneficiario di quello zero virgola viene deciso dalle cosche
NELLE PROFESSIONI
L’appartenenza in Calabria conta più di qualunque cosa.
E’ nel sangue. Altrimenti non si spiegherebbe perché gli studi professionali sono pieni di “figli di”. Non di figli di professionisti (non solo) ma di figli del circuito dell’appartenenza: il figlio del politico, del medico che ha operato la zia, del cugino del vicino di casa che mi ha venduto la casa a modico prezzo e via di questo passo. Rompere il cerchio è quasi impossibile.
NEL GIORNALISMO
L’appartenenza in Calabria conta più di qualunque cosa.
E’ nel sangue. Altrimenti non si spiegherebbe perché chiunque abbia un minimo di potere cerchi di avvicinare i giornalisti per renderli “parte” della propria sponda. E’ una cosa pazzesca. E chiunque – quei pochi che hanno le palle per resistere – non ci sta diventa un nemico. Io – ad esempio, pur non essendo un giornalista calabrese – sono un nemico (di ogni parte politica, tengo a precisare). E così Ruotolo della Stampa e Fierro del Fatto ai quali si aggiungono diversi colleghi di Calabria Ora e del Corriere della Calabria. Si arriva al punto da scrivere informative sulla libertà di stampa (si veda in archivio il mio post del 27 luglio 2012)! Capite la gravità della cosa o state ancora sulle nuvole?
NELLA VITA SOCIALE
L’appartenenza in Calabria conta più di qualunque cosa.
E’ nel sangue. Altrimenti non si spiegherebbe perché fuori dalla Calabria i calabresi si chiudano in comunità proprie – a partire da quelle nelle città universitarie – come se aprirsi al mondo facesse male.
NELLA CONSIDERAZIONE SOCIALE
L’appartenenza in Calabria conta più di qualunque cosa.
E’ nel sangue. Altrimenti non si spiegherebbe perché, a parte la topica domanda “a chi n’appartini” le relazioni sociali siano ancora – tra i pochi casi rimasti in Italia – rigidamente tra classi. E le classi sociali più alte – ma meno evolute – perpetrano nei secoli l’esclusività e l’appartenenza.
NELLA POLITICA
L’appartenenza in Calabria conta più di qualunque cosa.
E’ nel sangue. Altrimenti non si spiegherebbe perché la Calabria è l’unica regione in Italia in cui l’ideologia politica è qualcosa che si mangia. O meglio: con la quale si può mangiare. Destra, sinistra, centro, ma che ce frega! Ci si sposta a seconda delle convenienze, fiutando l’aria. Una, dieci, mille casacche sono pronte nell’armadio. E’ fantastico quanto ha svelato in questi giorni il corrieredellacalabria.it, vale a dire che i fratelli dei sindaci di centrodestra di Catanzaro e Reggio Calabria sono i primi dei non eletti al Parlamento per il Pd!!! Fantastico!
Ma ve lo immaginate il dialogo oggi tra i due fratelli Arena? Ci provo io (e chiedo scusa alla mia intelligenza): Il sindaco (ex): “Ci hanno sciolti per la campagne di stampa di voi sporchi comunisti!”. Il fratello: “Ma Demi io non c’entro nulla!”
IL COMPARAGGIO
L’appartenenza in Calabria si scioglie nel comparaggio. Se mi appartieni sei compare e se non lo sei – ma sei della mia classe sociale e ho interesse – facciamo in modo da diventarlo. Così si ragiona in Calabria, la regione che più di ogni altra al mondo si regge sul comparaggio.
LO SCIOGLIMENTO DEL COMUNE
Senza saperlo, ieri, il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, ha tradotto questo mini-trattato sull’appartenenza e sul comparaggio in una sola parola: contiguità mafiosa che ha condotto allo scioglimento del consiglio comunale. L’infiltrato – tipo lo 007 che si infiltra tra i narcos per scovarli – è un conto. Vale a dire due o tre politici legati alle cosche ci può stare, a queste latitudini ma la contiguità – vale a dire ciò che è a contatto nello spazio e nel tempo – è un’altra cosa. Vicini-vicini, capite la differenza? Compari, “appartenenti” alla stessa genia. “A chi n’appartini?” “A tia!”
Del resto già il sostituto procuratore nazionale antimafia Carlo Caponcello aveva detto che in Calabria l
a ‘ndrangheta non è un convitato di pietra ma istituzionale (si vedano in questo umile e umido blog i miei servizi dell’8, 10 e 15 febbraio 2012). Istituzionale capite? Ma di che stiamo palando! Andrebbe sciolta la Calabria, altro che un singolo Comune e c’è da restare esterrefatti di fronte alle parole di Ciccio-Peppe Scopelliti che non trova meglio da dire che: “Altri Comuni infiltrati dalla mafia non sono stati sciolti”. A chi si riferisce, di grazia? Forse all’unico caso-vergogna nazionale, vale a dire Fondi? Beh, quello fu un regalo al centro destra. O conosce altri casi? Li dica, please! Non credo e comunque il ragionamento nella scuola elementare, tra due alunni, suonerebbe così: “Signora maestra perché mette me dietro la lavagna? Ha cominciato lui….”. Ciccio-Peppe se ne faccia una ragione: il Comune amministrato dal suo alter ego andava sciolto. Punto. E l’odierna operazione che ha condotto all’arresto del dominus della Leonia (la società municipalizzata dell’ambiente) ne è una conferma. Ne vuole altre?
FALSE SPERANZE
Ora che lo scioglimento del consiglio comunale – benvenuto per le ragioni di legge illustrate dal ministro Cancellieri con buona pace dei scopellitones – è arrivato l’unica domanda che vale la pena di porsi è: cosa cambierà?
Bene. Dai demagoghi calabresi in terra di Calabria sentirete parlare di opportunità di rinascita. Dai politicanti calabresi in terra di Calabria sentirete parlare di pagina da voltare. Dai sociologi calabresi dei miei stivali in terra di Calabria sentirete parlare di rivolta delle coscienze.
Balle! Tutte sacrosante, fantastiche, luminescenti, sfolgoranti, fantasmagoriche e rutilanti balle!
Il comparaggio vincerà anche questa volta. I compari della politica si attrezzeranno per vincere qualunque colore politico vinca, i compari mafiosi staranno alla finestra e aspetteranno che arrivino a San Luca (anche solo metaforicamente), i compari massoni deviati celebreranno la messa laica della spartizione del potere, i compari delle professioni renderanno i propri servigi e i compari dei servizi deviati vigileranno che tutto si svolga…democraticamente.
Ah dimenticavo i compari all’interno del Comune: quelli scovati dalla relazione della prefettura e quelli ancora senza nome. Sono loro che – strisciando in questi 18/24 mesi di commissariato e venendo alla luce dopo – continueranno a garantire la “contiguità”. Lo aveva già capito Luigi De Sena, il superprefetto di Reggio Calabria e territori affini che, non a caso implorò il Parlamento di cambiare la legge sullo scioglimento degli enti. Perché se si cacciano i “compari politici” e si lasciano dentro i “compari burocrati” non cambia nulla.
Anzi: le cose nel Comune di Reggio Calabria – date retta a ‘sto cialtrone, come mi definisce Ciccio-Peppe e ne vado per questo orgoglioso – indipendentemente da chi vincerà le elezioni tra compari, cambieranno. In peggio*.
Baci compà!
* spero che le forze sane di questa regione – società civile, associazionismo, imprenditoria sana, Chiesa – dimostrino che la Calabria possa uscirne e che dunque il comparaggio si sciolga in solidarietà. Solo così si accende la speranza che in questo momento è nelle mani di un grande Servitore dello Stato, il prefetto Vincenzo Panico. I miei ragionamenti verrebbero sconfessati e io ne sarei strafelice.
r.galullo@ilsole24ore.com