Vorrei non suscitare dubbi in partenza: in Calabria è emergenza democratica. Punto. Per questo – e dopo aver letto sul corrieredellacalabria.it la sintesi di un intervento dell'attuale Governatore sugli splendori del "modello Reggio" (sigh!) – vorrei dedicare alcuni post di riflessione all'argomento, declinandone diversi aspetti.
L'ho già fatto nel passato ma dopo la lettura di quell'intervento di filosofia scopellitiana ho deciso – per scienza e in coscienza – di accelerare il dialogo con voi (come sapete non ho alcuna pretesa di aver ragione ma ho solo la consapevolezza delle mie idee libere e senza padrone).
Partiamo dalla politica che in questa regione benedetta da Dio e maledetta dagli uomini è la mucca dalla quale attingere le ultime gocce di un latte rancido che non fortifica chi se ne nutre ma lo rende gracile come un fuscello.
Parto dalla Politica perchè è il modello di governo globale: l'arte di (ben) governare una collettività amministrata. Dimmi come ti governano – in altre parole – e ti dirò come vivi (e quanto a lungo lo farai).
Mi limito – per carità di Patria – ad un confronto degli ultimi anni (che faccio coincidere con gli ultimi due governatorati e non, si badi bene, con gli ultimi due Governatori perchè i personalismi potrebbero far credere ai due di essere statisti messi a confronto) ben sapendo che andando indietro nel tempo nulla cambia.
Questo lo dico per esprimervi una mia profonda certezza: come nelle ere geologiche, il sovrapporsi degli strati di governo della cosa pubblica in Calabria ha sovraccaricato la naturale resistenza della società civile calabrese che è ora giunta al punto di rottura e di non ritorno. La morte è certa. Almeno che quella cerebrale sia evitata ai poveri cittadini calabresi e che sia lasciata come prerogativa alla meravigliosa catena politicomassonocomafiosa di comando.
Ebbene, ricordate quel che si diceva della precedente consiliatura regionale? Ma sì quella governata da Loiero Agazio, indimenticabile presidente che navigava nel suo spazio? Ve lo ricordo io: si diceva che era il consiglio regionale più inquinato d'Italia, con decine di consiglieri e assessori regionali indagati, arrestati, discussi e via di questo passo. Si faceva a gara per contarli: 10, no 15 anzi 30 o più. Ogni giorno c'era chi offriva di più!
Il vicepresidente del consiglio regionale, Francesco Fortugno, fu barbaramente assassinato per motivi che sono ancora assolutamente oscuri e che a mio giudizio portano lontano da Locri e molto molto vicino a Reggio e al governo della sanità pubblico/privata.
Poi arrivò Giginiello 'o sciantoso con la sua indagine Why Not che scoperchiò un polverone nel quale magicamente la 'ndrangheta non entrava neppure di striscio (e difatti ne godeva, vi siete mai chiesti perchè?) mentre entravano mani e piedi decine di politici, dirigenti, funzionari, imprenditori e chi più ne ha più ne metta. Quell'indagine ha avuto alterne e discusse (e discutibili) fortune (molti filoni sono ancora aperti, alcuni sono stati processualmente chiusi con successo ignorato dai media) ma ha avuto un merito incontrovertibile: ha reso palese all'Italia intera il sistema marcio che governa(va), al di là dei profili penali e contabili, questa regione nella quale ad un certo punto la componente "politicomassonicodeviata" che comanda con la mafia aveva pensato di lasciare a se stessa il privilegio esclusivo di "intermediare" con i disperati alla ricerca di un posto di lavoro. Eh no: questo la componente mafiosa di quella cupola, vale a dire le cosche, non potevano (e non possono) permetterlo: sono loro e solo loro che possono tenere in mano il joy stick del "bisogno" da vendere alla politica in cambio del voto, per trarne profitto in termini di appalti e lavori. Sono le cosche che possono barattare il "diritto al lavoro" in un "favore al lavoro".
Cosa fatto capo ha: quell'indagine che tirava (confusamente) dentro troppi pesci grossi, con triangoli a prova di umidità e grembiulini in grado di restare asciutti anche sott'acqua, è abortita rispetto alle premesse. Qualcun altro ci era già passato prima di Giginiello 'o sciantoso lasciando le penne tra i compassi appuntiti: tal Agostino Cordova. Do you remember?
Fui tra i più feroci critici di quella stagione. Scrissi decine e decine di articoli per mettere a nudo le criticità di quel governo e del sistema marcio di potere che lo circondava.
Vi racconto, a tale proposito, un retroscena personale. Quest'estate un ex assessore regionale che con Loiero ha avuto la sfortuna di condividere un tratto di strada mi ha confessato un episodio che non conoscevo (ma che era stato ampiamente da me messo, come tanti altri, nel conto). Un giorno scrissi sul Sole-24 Ore un servizio in cui citavo le buone cose che quell'assessore aveva introdotto in Calabria (ergo: mai nessuna prevenzione ma sempre rigorosa e libera analisi). "Parli con lui, conosci Galullo"? qualcuno dall'alto, nonostante la sua nanoaltezza (in tutti i sensi), glielo chiese per poi intimargli: "Non devi parlargli è un nostro nemico. Dobbiamo colpirlo". "Nemico" e "colpirlo" furono le parole esatte riportatami da quell'ex assessore e devo dirvi che gli ho chiesto di scavare nella sua memoria per confermarle. Lo ha fatto: "dovevamo colpirti".
Lo diceva già qualcun altro: colpirne uno per educarne cento. Ho replicato con orgoglio all'ex assessore regionale che il nano (in tutti i sensi) che aveva dato quell'ordine non sarebbe stato il solo a dirlo (e a provarci) negli anni a venire. So che non è finita qui.
Questa era ed è la concezione che la politica e la classe dirigente tutta – ma quella calabrese a maggior ragione – ha del giornalismo: devi essere un "compare" e non devi fare il tuo mestiere. Se lo fai diventi un "nemico".
Bene. Cambio di rotta e Ciccio-Peppe Scopelliti vince a mani basse le nuove elezioni regionali. Lo avrebbe capito anche un eschimese orbo e muto ed infatti, a due anni da quelle elezioni, cominciano a vedersi i frutti delle scelte fatte dalla cupola che – attenzione – si schiera sempre con il vincitore che è in grado di intuire e, di conseguenza, di appoggiare. Questo accade consapevolmente o inconsapevolmente:
le cupole mafiose stanno sempre con chi vince o vincerà. Non sono più da anni l'antiStato ma sono uno stato interno allo Stato stesso. Questo è bene che ce lo mettiamo in testa altrimenti è impossibile "leggere" quel che accade.
Andiamo oltre. Sono almeno cinque i consiglieri regionali indagati del centro destra (di cui tre arrestati), molti quelli a dir poco chiacchierati e vorrei che qualcuno tra i lettori mi arricchisse anche la statistica del centro sinistra che non è certamente immune dal mercanteggiamento e dalle multifrequentazioni pericolose. Il Governatore è plurindagato e rinviato a giudizio. Decine e decine sono gli amministratori locali di ogni colore che hanno subito la stessa sorte, diversi i Comuni e le Asl sciolte o commissariate, Reggio è nel ciclone, Agenzie regionali sono nella bufera (coinvolgendo dirigenti e politici), ex aziende di servizio pubblico sono scese a patti scellerati con le cosche (idem come sopra), numerose sono finalmente le indagini in corso su politici calabresi, la Corte dei conti alza le mani di fronte ad amministrazioni che non riescono ad incassare neppure un euro dalle tariffe, diversi i sindaci arrestati e seppure bisogna sacrosantemente per tutti garantire l'innocenza fino a processo svolto e sentenza passata in giudicato mi ch
iedo e vi chiedo: con quali metodi avviene la selezione della classe dirigente calabrese? Cui prodest se non a quella cupola che si arricchisce (dentro e fuori i confini nazionali)?
Di conseguenza: come è possibile che il riscatto avvenga attraverso gli stessi uomini e le stesse strutture che governano questa terra da decenni? Qualcuno poteva pensare davvero – solo per fare un esempio stringente – che la magnifica macchina da guerra che ha retto il rutilante e invidiato nel mondo "modello Reggio" (che in fin dei conti è solo sotto analisi della Ragioneria di Stato, della Gdf, della magistratura contabile, di quella penale, di una commissione antimafia, di diversi parlamentari che hanno depositato interpellanze e interrogazioni a ministri e Governo e della stampa "cialtrona" della quale sono il principe) potesse garantire radiose sorti alla regione tutta?
Vorrei farvi riflettere su un punto che non deve passare inosservato: l'ex superprefetto (ed ex capo della CriminalPol!) Luigi De Sena – che aveva perfino trovato involontariamente al suo fianco alcuni comitati cittadini che lo invocavano come il salvatore laico della Patria – dopo aver rifiutato di correre come candidato sindaco a Reggio Calabria due anni fa, ha escluso recentemente financo di voler correre per il rinnovo in Parlamento in un collegio calabrese. E lo ha fatto con nobili e sublimi motivazioni che evidentemente alla prima candidatura non lo avevano ancora fulminato sulla via di Reggio (non so se la Statale 106 o la Salerno-Reggio). Ora De Sena potrà smentirlo anche davanti a Nostro Signore ma questa (doppia) rinuncia ha un solo ed esclusivo significato: signori miei, siete ingovernabili, ma da me che vulite! Tutti – ma proprio tutti – hanno dimenticato che quando De Sena lasciò Reggio disse: "Ci vorranno almeno due o tre generazioni prima che la Calabria si allinei al resto d'Italia". Ripetesse oggi quel discorso – visto che le bocce non sono rimaste ferme ma rotolano verso il baratro – ne invocherebbe almeno quattro di generazioni.
Come potete vedere è un analisi striminzita di fatti oggettivi e al netto delle prese di posizione di quei politici che – come l'onorevole Angela Napoli o Ivan Tripodi e quindi, politicamente parlando, il cane e il gatto – hanno, ancor prima che la competizione elettorale regionale partisse, detto e ripetuto pubblicamente e privatamente che (anche) quel voto del 2010 sarebbe stato inquinato.
Ora le domande semplici semplici al termine di queste prime riflessioni con voi, amati lettori di questo umile e umido blog, sono le seguenti: il governo della cosa pubblica calabrese – chiunque siano stati negli ultimi anni i politici protagonisti in loco ai quali bisogna aggiungere i campioni onorevoli e quelli europarlamentari – ha rotto la Calabria dall'isolamento dal resto dell'Europa e del mondo (non dell'Italia, si badi bene, che ormai è un punto nell'infinito)? Ha risvegliato le coscienze civili? Ha migliorato la qualità della vita dei calabresi e dei suoi ospiti occasionali (parlo dei turisti che anzichè accorrere fuggono di fronte a quelle che Eugenio Furia sul Corrieredellacalabria.it chiama le "50 sfumature di marrone" o allo scempio descritto sul Corriere della Sera il 27 agosto da Ernesto Galli Della Loggia)? Ha prodotto politiche attive per il lavoro? Ha gettato ponti per lo sviluppo economico? Ha avvicinato i cittadini alle Istituzioni abbattendo le barriere burocratiche e rendendo le stesse Istituzioni una casa di vetro? Ha elevato il Pil economico e quello sociale? Ha acceso il motore della cultura (alimento delle coscienze) aldilà delle feste sulle petticelle di melanzane, delle sagre dello stocco e delle convention sul peperoncino? Ha cambiato – in altre parole – la rotta e dato (almeno) speranze a questa terra e al suo popolo che (va detto) ha quel che merita perchè lo sceglie democraticamente (e quindi consapevolmente, al netto dell'inquinamento coatto delle cosche)?
Se la risposta è no, i calabresi sono fritti. Se la risposta è sì, a esser fritto è il resto dell'Italia.
Ora voi mi direte: bene, bravo, bis (o maledetto stronzo razzista a seconda della lettura che darete alle mie riflessioni): ma qual è la soluzione?
Detto che non sta a me trovarle – faccio il giornalista e non il politico – mi presto volentieri alla domanda perchè la risposta provocatoria l'ho già data nel passato ben prima che lo stesso Galli Della Loggia la (ri)proponesse questo agosto in una salsa più o meno simile in quel famoso articolo del 27 agosto (si veda in archivio il mio post del 9 ottobre 2009).
Una risposta, dunque, data anche al netto del rutilante e invidiato nel globo terracqueo "modello Reggio" che – non essendo ancora assurto agli onori della cronaca (giudiziaria) – non poteva influenzare il mio giudizio.
La risposta è il "commissariamento". Un commissariamento dello Stato che sia una risposta – eguale e contraria – al "commissariamento" della democrazia che di fatto in questa terra (come in gran parte del Sud e ahimè in parti sempre più vaste del resto d'Italia) è già un dato di fatto, per appannaggio delle cosche.
Un "controcommissariamento" o – se volete – un "commissariamento di Stato", che sia una parziale sospensione dei processi federalisti in corso e di quelli che verranno: le Istituzioni calabresi – la Regione, i Comuni, le inutili Province, le inutili Comunità montane, gli inutili consorzi, le aziende sanitarie e quelle di servizio pubblico, insomma tutto ciò che è a contatto con i processi decisionali della politica – dopo una doverosa sforbiciata dovrebbero essere cogovernate dal centro o, su delega del Governo, cogovernate e monitorate in Calabria da commissari-tecnici estranei alla cosa pubblica calabrese. Una sorta di "affiancamento" democratico con tecnici preparati e affidabili (e dico anche incorruttibili perchè per me è un valore supremo) che eviti il deragliamento a folle velocità verso il baratro della regione tutta. In altri casi – e penso alla sanità, alle politiche per l'ambiente – non dovrebbe esserci il commissariamento (abbiamo visto che nel Sud per la sanità e per la gestione dei rifiuti produce solo peggioramenti gestionali in termini di efficacia ed efficienza visto che è affidato agli stessi che li hanno portati al fallimento) ma una vera e propria "sostituzione" dello Stato per un periodo più o meno lungo.
Mi direte – maledetto stronzo razzista che non sono altro – ma questa è l'anticamera del centralismo statale che le più moderne democrazie vanno vieppiù combattendo! Questa è l'antitesi di quell'autonomia amministrativa e fiscale che è ormai un gradino da tempo scalato nella corsa ad un'autonomia sempre più ampia sul territorio! Quello che denunci – maledetto stronzo razzista – vale anche per altre aree del Paese!
La risposta è sempre: assolutamente sì! Ne sono consapevole ma sono consapevole che il peso per l'Italia (e l'Europa) tutta è ormai insopportabile e l'alternativa è: fate da soli (anche altrove questo vale ma nella scala delle priorità la Calabria viene prima del resto del Sud e d'Italia). Ergo: saretebdestinati a morire agonizzando senza aver almeno sperimentato la speranza di essere accompagnati dal centro in un tentativo di rinascita che si basi su un semplice quanto banale, rivoluzionario sistema: la Politica, vale a dire l'arte di (ben) governare una collettività amministrata. So che l'esempio dal centro negli ultimi 30 anni non è stato tra i più illuminati (non sono scemo) ma sono certo che fuori dalla Calabria è più facile trovare figure terze e super partes in grado di concorrere alla buona amministrazione
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Con sfumature più o meno diverse – così almeno taglio le ali alle speranze di chi pensa che mi ricreda – sarà questo il filo logico delle prossime puntate che declinerò sul tema della democrazia sospesa in Calabria.
E' il mio atto d'amore per questa terra.
1 – to be continued
r.galullo@ilsole24ore.com