Caso Rappoccio/1 L’obbligatorietà dell’azione penale in Calabria diventa un optional: parola dell’avvocato generale

Che la magistratura reggina sia (sempre stata) spaccata e lo sia sempre di più lo sanno tutti coloro i quali vi hanno a che fare. Lo sanno a Reggio, a Milano, a Roma e in ogni altra Procura o Istituzione che ha la (s)fortuna di entrarvi, in contatto.

Il dato – ignorato o nascosto solo da quanti hanno beneficiato dell'implosione e tra questi, ovviamente, fanno bella mostra innanzitutto magistrati e politici – ha ripercussioni drammatiche all'interno di quanto rimane della società reggina, dal momento che – giù per li rami – l'implosione coinvolge anche il lavoro della polizia giudiziaria, delle Forze dell'ordine, della Dia, della Gdf e via di questo passo.

Conclusione: la Giustizia viene amministrata come si può o come si vuole e questo dà la misura del grado di garanzie costituzionali che vengono assicurate al cittadino "la qualunque".

Continuare a ignorare questo dato vuol dire trascinare il capoluogo del famoso e invidiato "modello Reggio" e l'intera regione – che già, per quanto mi riguarda, sono condannate a morte e non resta che conoscere la data dell'esecuzione – verso l'isolamento dal resto del Paese (si legga sul Corriere quanto scritto il 27 agosto da Ernesto Galli Della Loggia che non amo ma sul punto ha ragione da vendere).

Ciò che è accaduto ieri a Reggio Calabria (ne ho dato conto sulla versione online del Sole-24 Ore) è di una gravità assoluta.

Attenzione: non per l'arresto dell'ennesimo consigliere regionale, Antonio Rappoccio, accusato di associazione a delinquere, corruzione elettorale aggravata, truffa e peculato truffa ma per quel che dietro quell'arresto si cela, a partire proprio dal ruolo della magistratura.

Intanto bisogna dire una cosa che i pur fini analisti della domenica in Calabria non hanno il coraggio di dire: a differenza degli altri due consiglieri del centrodestra arrestati (il Pdl Francesco Giusepe Morelli e il Pdl Santi Zappalà), Rappoccio è totalmente organico alla politica reggina. Morelli – per quanto politico di lungo corso era stato messo ai margini dalla politica che conta – e Zappalà aveva bussato dai Pelle a San Luca. Un errore da dilettante allo sbaraglio, che nessun "organico" alla vera politica reggina, di centro, destra o sinistra, commetterebbe mai. Non ce n'è assolutamente bisogno.

Il caso Rappoccio – dunque, fini analisti della pitta fritta – non ha assolutamente nulla a che vedere con gli altri due e lancia una vera e propria "bomba" tra i piedi della società reggina e calabrese tutta. Quando anche tra i piedi dell'Italia tutta?

E per rendersene conto basta una cosa semplice semplice. Leggere quanto scrive il Gip Vincenzo Pedone (che pure, a quanto mi risulta, non è certo un sovversivo nè un estremista del diritto e sarebbe pronto a passare nella magistratura di sorveglianza) nell'ordinanza. Ad un certo punto si legge una cosa che dovrebbe far balzare sulla sedia anche gli studenti del primo giorno del primo anno di Giurisprudenza. Scrive Pedone: ''La stampa questa volta aveva fatto il proprio dovere. Non c'erano stati 'coni d'ombra'. Eppure nessuno si sarebbe accorto del successo elettorale di chi senza ricorrere a manifesti elettorali o 'santini' aveva raccolto ben 3.814 voti. Se non fosse intervenuto l'esposto dell'avv. Aurelio Chizzoniti, Rappoccio avrebbe potuto continuare, indisturbato, a delinque, con buona pace dell'articolo 112 della Costituzione''.

A parte il riferimento alla stampa che "questa volta ha fatto il proprio dovere" (fossi nella stampa locale e nei pennivendoli sparsi per l'Italia che reggono la coda alle Procure mi interrogherei sul significato di questa frase), è ai "coni d'ombra" informativi (qualcosa e qualcuno 'sta frase mi ricorda ma ora non mi sovviene) il riferimento che affonda nella carne viva è all'articolo 112 della Costituzione. Lo ricordo per i condapevoli ignoranti: "Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale".

Insomma: nessuno si è accorto di nulla tranne la stampa locale e tal avvocato Aurelio Chizzoniti. Direte voi – fuori dai confini reggini e calabresi – ma chi è costui?

Ve lo dico io. E' il primo dei non eletti in consiglio regionale (ergo dovrebbe subentrare), politico di lungo corso ma soprattutto è un meticoloso giurista e un preparatissimo avvocato dotato di appena…tre lauree.

A coloro che intercettano i miei sms e le mie telefonate (mi diverto come un pazzo al pensiero perchè non c'è nulla di più bello e grande che essere trasparenti come acqua sorgiva e onesti come Nostro Signore vuole) comunico che l'ho sentito una volta in vita mia e per sua volontà.

Una barba d'uomo! Se non si fosse scaricata la batteria mi avrebbe tenuto al telefono per due giorni. Da quel momento – vista la mia disponibilità a tenere volentieri con lui rapporti professionali – la mia mail e la mia scrivania sono inondate delle sue denunce e dai suoi scritti. Impeccabili!

Che testa 'sto Chizzoniti ragazzi miei! Leggere quanto scrive è come leggere l'anticipazione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, magari che arriva due anni dopo, ma questo è un dettaglio in Calabria.

Ebbene Chizzoniti ieri ha diffuso il seguente comunicato stampa che pubblico per intero: "

A questo punto non esiste un caso Rappoccio ma caso mai un caso Giuseppe Pignatone già Procuratore a Reggio. E’ questa la fisiologica conclusione connessa, in primis, al già clamoroso provvedimento avocativo delle indagini formalizzato appena il 12/06/2012 da parte dell'Avvocato Generale Dott. Francesco Scuderi che in circa due mesi ed in periodo balneare ha sopperito alla grave inerzia investigativa che macchia la Procura della Repubblica reggina. In secundis, è logico chiedersi come mai un Magistrato in appena due mesi ottiene quei risultati che invece per ben due anni sono sfuggiti ad un pool di esperti investigatori. Un fatto è certo, il provvedimento avocativo sul punto sottolinea apertamente che senza le denunce dell'Avv. Chizzoniti il caso Rappoccio sarebbe stato assorbito dall'oblio. In quest'ottica aggrava ulteriormente la posizione della Procura reggina anche il verbale illustrativo sottoscritto in data 07/04/2011 dal potenziale collaboratore Antonino Lo Giudice che ha apertamente parlato di un congruo sostegno elettorale regionale anche a favore di Rappoccio. Stranamente, però, pur essendo alla data del 07/04/2011 il predetto Consigliere Regionale già indagato proprio per corruzione elettorale il Procuratore Pignatone avalla la frettolosa conclusione delle indagini su Rappoccio ignorando le gravi accuse di appoggio elettorale fornito dalla famiglia Lo Giudice. Fatto estremamente grave ove si pensi che il predetto verbale illustrativo del pentito Lo Giudice è stato immediatamente utilizzato nei confronti di diversi Magistrati reggini accusati, fra l'altro, di essere proprietari di imbarcazioni da diporto mai possedute. La riprova della non indagine anche sui rapporti Rappoccio
-Lo Giudice
la si evince ulteriormente dalla recentissima e quindi tardiva apertura di un fascicolo iscritto al modello 44, ovvero, contro ignoti e dopo ben oltre un anno dalle dichiarazioni rese dal pentito. Letteralmente sparite per poi riapparire in una altro processo a Catanzaro. Analogo imbarazzante disimpegno si è registrato sul fronte politico eccezion fatta ed in tempi non sospetti per Omar Minniti di Rifondazione Comunista e Renato Meduri già Senatore del Pdl. Oggi in molti si sono svegliati dal compiacente letargo ed insorgono lancia in resta dopo essersi colpevolmente girati dall'altra parte per oltre due anni."

C'è bisogno di aggiungere altro? Io direi proprio di no – anche se sottolineo con forza il passaggio sul collaboratore di giustizia col telecomando Nino Lo Giudice – ma…

Ma c'è una cosa da sottolineare, del resto contenuta nel comunicato stampa. Il 12 giugno 2012 la Procura generale di Reggio Calabria ha avocato a sè l'indagine sul caso Rappoccio, su sollecitazione dello stesso Chizzoniti (che ha spedito 21-esposti-21 in due anni!) che ha evidenziato l'assoluta inerzia della magistratura reggina.

Detto dunque che se io fossi l'avvocato generale della Procura generale, che ha avocato a sè l'indagine, Francesco Scuderi, mi preoccuperei e non poco delle ripercussioni tutte interne alla "magistratura politica" per tale decisione e per le sue devastanti conseguenze e di conseguenza mi farei un rapido calcolo su quanti anni mi mancano alla pensione, mi domando una cosa semplice semplice: ma per molto ma molto ma molto meno, i passati ministri della Giustizia (e ricordiamo che l'ex ministro Francesco Nitto Palma il 26 settembre 2011 scese sullo Stretto richiamato dalle "bombe" che i magistrati reggini si tiravano sui piedi un giorni sì e l'altro pure) non erano solertissimi nel mandare ispettori nei Palazzi di Giustizia?

Scommettete con me: questa volta non arriveranno.

Buona vita e a presto (domani torno)

1 – to be continued

r.galullo@ilsole24ore.com