E’ il 23 gennaio 2012 e i pm di Forlì Fabio Di Vizio e Marco Forte interrogano Rosario Spinella, uno dei due amministratori giudiziari che curano (o dovrebbero curare) per conto dello Stato i beni sequestrati alla famiglia Ionetti che da Reggio Calabria 33 anni fa sono saliti fino a Cesena. I beni, secondo l’accusa originaria, sarebbero stati riconducibili al “supremo” boss di ‘ndrangheta Pasquale Condello (N.B).
Da alcuni giorni – e per questo rimando ai post in archivio del 18, 20, 25 e 27 giugno – sto raccontando il patteggiamento con la Procura di Forlì della famiglia Ionetti (il papà Alfredo e i due figli) per una serie di reati sostanzialmente legati ad un fatto sorprendente: nonostante la presenza dei due amministratori giudiziari i beni e tutte le attività legate allo svolgimento delle attività commerciali (a partire dai flussi finanziari per terminare con le riunioni operative) erano ancora nelle salde mani dell’ottantenne Ionetti.
Debbo dire che fin dall’inizio di questo racconto ho posto l’accento proprio sull’aspetto più delicato e che può essere riassunto nella seguente domanda: “che fine fa un bene nel momento in cui, sottratto al proprietario, transita nella gestione statale?”. Se preferite la domanda può anche essere: “gli amministratori sono o meno all’altezza del compito del quale sono investititi?”.
Perché il punto è proprio questo: come spesso è stato (inutilmente) denunciato da associazione quali Libera o dallo stesso Direttore dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla mafia, il prefetto Caruso, la gestione (per una serie infinita di problemi talmente gravi che lo Stato meschinamente non li affronta) è fallimentare.
Fatta questa premessa e al netto delle indagini della Procura di Forlì ancora in corso è straordinario attraversare il percorso di analisi condotto dai pm nell’interrogatorio, che mettono a nudo anelli debolissimi della catena.
Il pm Fabio Di Vizio, tra il rusco e il brusco, rivolto a Spinella, dice: “Però a me una cosa che veramente interessa è questa: nella scorsa audizione, in un’altra vesta, io le dissi: dottore, ma se – sempre per ipotesi – si dovesse riscontrare che Ionetti Alfredo non è un soggetto che sta ai confini di questa azienda, così che ogni tanto si presenta e fa due saluti, ma un soggetto che gestisce l’azienda nelle fasi qualificanti, modalità di pagamento, termini di pagamento, dilazione di pagamento, forme di pagamento, quello che è l'aspetto più qualificante, il dato la sorprenderebbe o non la sorprenderebbe? Lei mi rispose, se ricordo bene “mi sorprenderebbe, e da quello che lei mi sta dicendo comincio a pensare di avere l’anello al naso”. Usò questa espressione, se lo ricorda?”. E Spinella risponde tranquillamente: sì.
Di Vizio – che fonda tutta la sua tesi accusatoria portata avanti con diligenza e con passi come sempre misurati sul fatto che la “stretta” di Ionetti non lasciava scampo neppure agli amministratori - in pratica mette Spinella di fronte proprio a questo dato di fatto: Ionetti ha sempre e comunque gestito quei beni sequestrati.
Come ce la mettiamo Spinella?, sembra dire Di Vizio, che non arretra di un passo. “Abbiamo delle evidenze che hanno trasformato, sempre secondo la nostra prospettazione – spiega infatti Di Vizio a Spinella – siamo un organo dell’accusa, ma siamo pur sempre una Procura della Repubblica italiana, abbiamo l’evidenza che questo ruolo è stato un ruolo molto pervasivo, che dall’ipotesi siamo passati ad un’ipotesi più qualificata”.
Quell’anello al naso deve essere rimasto sullo stomaco alla Procura di Forlì che attraverso il capo della Procura, Sergio Sottani, continua a pressare Spinella e al modo in cui, ad un certo punto…abbandona l’anello e gli ricorda che lui “a giugno cambia totalmente atteggiamento nei confronti di Ionetti”. Spinella non si scompone e risponde così: “Dopo che ho parlato con il Procuratore Di Vizio, cioè dopo essere, tra virgolette, l'anello al naso, come ha detto prima il dottor Di Vizio…”.
SENZA ANELLO AL NASO
Tolto…l’anello, Di Vizio non arretra di un millimetro e pone Spinella di fronte al fatto compiuto: non era (drammaticamente) cambiato nulla dal momento in cui le aziende erano state sequestrate. Ionettti – consuocero di Pasquale Condello, boss di ‘ndrangheta senza confini geografici – comandava prima. Ionetti comandava durante. Poteva Ionetti continuare a comandare dopo?
Di Vizio è netto. Perentorio nel rivolgersi a Spinella. “Ma lei sa quante imprese, che hanno precedenti penali i loro titolari, sono state finanziate in questi anni, foraggiate – come ha detto lei – in questi anni, grazie anche al contributo sia della Scania Finance che suo (suo inteso come impresa Sornova)? Vuole che le faccia vedere i precedenti penali dei clienti? Il senso era quello di distaccare questa impresa da quello che era il suo humus ambientale, relazionale, commerciale, non quello di mantenerlo nello stesso humus. Se io guardo le cambiali emesse nel 2005, quelle nel 2007, 2008, 2009, 2010, il dramma è che sono gli stessi clienti!”
L’avvocato di Ionetti (che, va detto con chiarezza, risponde con puntualità e diligenza) fa da cuscinetto: “Mi scusi, doveva rifiutare le offerte di acquisto, le proposte di acquisto?”. Ma figuriamoci se Di Vizio arretra. “Ma almeno l’adeguata verifica la doveva impostare lui, non la poteva delegare a Ionetti Daniele”.
L’ADEGUATA VERIFICA
Il resto dell’interrogatorio vale la pena di trascriverlo per intero perché diventa interessante vedere lo scambio di opinioni che si prospetta sull’adeguata verifica ai fini dell’antiriciclaggio.
Spinella: L’avevo delegata alla Scania per la verità.
Di Vizio: No, la doveva svolgere la Scania. La Scania ha ritenuto che voi avevate adottato dei presidi adeguati, ma il presidio adeguato si chiamava Ionetti Daniele.
Spinella: Non è stato indicato. Era stato indicato "X" * in questo.
Di Vizio: Chi?
Spinella: "X"*, il funzionario di Scania.
Di Vizio: "Y*"
Spinella: Sì, "Y*".
Di Vizio: Io le dico che nei verbali delle riunioni dei collegi sindacale della Scania* di novembre di quest’anno si dice “abbiamo praticamente fallito, perché in realtà l’adeguata verifica in Sornova la faceva Daniele Ionetti”.
Spinella: Non sono cose che potevo sapere io.
Di Vizio: Lei non lo poteva sapere, e io le che le devo dire? Non poteva sapere gli acquisti, non poteva sapere…. Allora vediamo una cosa che poteva sapere: i fallimenti.
FINE CORSA
Ripetendo che non compete ai giornalisti esprimere giudizi su alcuno, ritengo interessantissimo il dialogo finale tra un pm – Di Vizio – che gioca d’attacco sicuro delle sue carte e un amministratore giudiziario – Spinella – che prova a rispondere con le stesse carte.
Spinella infatti gioca la carta della sicurezza: lui non ha paura di nessuno e avrà i suoi motivi. Leggete qui: “E poi volevo anche aggiungere che non ho avuto grande soggezione del signor Ionetti. Anzi ho cercato in tutti i modi di limitarlo, almeno nelle volte in cui l’ho visto, chiedendogli di uscire o per lo meno...”.
Di Vizio cala l’asso dialettico: “Guardi, lei non ha l’evidenza delle intercettazioni telefoniche, ma sostanzialmente su tutte le fasi qualificanti di questa impresa, direi tutte, tutte quelle serie, quelle che fa un imprenditore, non un semplice contabile per capirci, queste persone decidevano assolutamente. Lei in questo senso era veramente quello che ogni tanto bisognava mettere due firme, mandare il fax, qualche volta la distinta non la recava neanche; abbiamo visto che in questi casi probabilmente le sue firme venivano addirittura artefatte. Questa è la realtà. Poi quanto lei si sia spinto a conoscere… Perché io sono sempre portato a ritenere una cosa: che la conoscenza è la base della responsabilità e allora, per star lontani dalla responsabilità, talvolta non si conosce. Questo è il problema, ed è credo anche il problema ritengo in parte di questa vicenda”.
Fine delle trasmissioni (ma continuate a seguirmi nelle prossime ore e ne scoprirete ancora).
N.B. A seguito del decreto della Corte di Appello depositato il 24 settembre 2012, di cui entro in possesso oggi 25 ottobre 2012, posso ricordare che già le sentenze del 17 luglio 2008 con la quale il Gup assolse Ionetti, quanto la sentenza definitiva del 18 dicembre 2009 del Tribunale di Reggio Calabria, avevano escluso che i beni fossero riferibili al Condello, assolvendolo dalle accuse di intestazione fittizia e riciclaggio in concorso con Ionetti per insussistenza del fatto. I beni confiscati – si legge nel decreto – sono riconducibili a Alfredo Ionetti.
* I nomi e i cognomi non rilevano ai fini dell'indagine non solo perchè totalmente estranei a ogni coinvolgimento ma anche perchè ignari di quanto stava accadendo. Lo stesso ruolo di Scania (nell'indagine) appare estremamente estremamente collaborativo soprattutto quando si rende conto, come già accennato in questo articolo, di ciò che stava accadendo a sua insaputa.
5 –– to be continued (le prime puntate sono state pubblicate il 18, 20, 25 e 26 giugno)
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