Esclusivo/ I verbali del pentito Belnome/3: “La ‘ndrangheta fa patti e trattative con lo Stato” – Altro che Cosa nostra!

E’ ancora il 3 dicembre 2010 ed è pomeriggio inoltrato quando il collaboratore di giustizia Antonino Belnome continua a parlare davanti ai pm Dolci e Ilda Boccassini.

Il pentito di ‘ndrangheta calabrese (il cui profilo ho descritto nel post del 17 aprile e al quale dunque rimando) da alcuni mesi collabora.

Nell’articolo di ieri ricorderete (se non lo avete letto è nell’archivio) che il nostro aveva introdotto un tema scottante: la massoneria oltre la ‘ndrangheta. Onore al merito dei pm Dolci e Boccassini di aver provato a schiodare Belnome dalle sue (a mio modesto avviso) reticenze.

Ilda la rossa non si dà per vinta e continua a battere il tasto di quella zona “oscura” calabrese (e reggina in particolare) dove sguazzano felici i pezzi deviati dello Stato (magistrati, forze dell’ordine e via di questo passo), i servizi segreti, i professionisti, la politica e ovviamente le cosche rappresentate dai “padrini” in su.

Li si annida la vera cupola mafiosa di questa regione. Non certo in un agrumeto rosarnese dove un vecchietto si diverta a giocare con i santini come un bambino farebbe con le figurine. A un certo punto la Boccassini irrompe. Leggete.

Boccassini: E ha mai sentito parlare, le ha mai confidato sia Gallace, sia Ruga Andrea o Cosimo Leuzzi delle conoscenze nell’ambito di persone dei servizi segreti?

Belnome: No, di questo mai. Però loro … però ne parlarono … di questo ne parlarono del Novella, me ne parlarono che il Novella aveva …. mi dicevano che il Novella aveva questo tipo di agganci.

Boccassini: Ma giù in Calabria, a Roma o al nord?

Belnome: Non lo so, mi fu detta in una circostanza questa cosa qua.

Boccassini: Quale circostanza e quando?

Belnome: Della circostanza che si stava parlando e si uscì su questo discorso qua, si uscì di questo discorso qui, e mi spiegarono che secondo Vincenzo Gallace ci sono state delle cose che non gli sono piaciute e secondo lui era in contatto con i servizi segreti; lui mi disse queste parole qua. Io non è che gli ho fatto delle domande per … io quando eravamo … per esempio come siamo qua fra di noi, quando parlava un Vincenzo Gallace non è che poi io gli facevo le domande, sentivo e apprendevo quello che dicevano, punto. Cioè se dicevano quella cosa, io prendevo quella cosa,

anche per darmi un consiglio, non è che a un Vincenzo Gallace gli potete fare dieci domande, nel senso è maleducazione; dovete apprendere quello che vi dice, chiuso. Se lui è superficiale, vi dovete fermare lì; se lui entra nel dettaglio, appurate il dettaglio; se non entra, voi appurate quello che vi dice.

Boccassini: Senta, lei ora nel riferire le regole dell'organizzazione di cui lei fa parte ha detto che poi ad un certo livello, e siamo ai massimi livelli, è consentito anche avere rapporti con appartenenti alle forze dell'ordine.

Belnome: Con tutto lo Stato.

Boccassini: Con tutto lo Stato, e questo per ragioni anche di convenienza?

Belnome: Anche.

Boccassini: Spieghi meglio questo concetto.

Belnome: Quando si hanno determinate doti entrano in funzione questi chiamiamoli vantaggi, in che senso? Perché quando avete determinate doti siete anche una persona di una determinata importanza, una determinata intelligenza, e le sapete sfruttare al meglio queste cose qua. E poi a certi livelli loro vogliono che lo Stato sia amico, non nemico; su certi livelli. Addirittura c'è una mezza regola, che possono sapere in pochi, che fino a tre volte uno se la può cantare a determinate doti, non collaborare, se la può cantare fino a tre volte, fino a tre volte, a determinate doti.

Boccassini: Spieghi meglio.

Belnome: È una regola che non sa nessuno perché per saperla dovete raggiungere determinate doti, e si dice che "Fino a tre volte ve la potete cantare”, per tre volte è lecito; non collaborare.

Boccassini: Cantare significa svelare alle forze dell'ordine dov'è un latitante piuttosto che un carico di cocaina, oppure fatti di questo genere?

Belnome: Cantare in tutti i sensi, può essere anche un fatto di questo genere.

Boccassini: Quasi un patto di non belligeranza tra parte delle istituzioni e la 'ndrangheta?

Belnome: Io adesso …

Boccassini: Giù in Calabria?

Belnome: Allora, io adesso questa regola qui che hanno messo, come l'hanno messa e su che funzione è stata messa è un po' complesso da spiegare.

Boccassini: La spieghi, ci provi.

Belnome: Allora, quando raggiungete determinate doti vige anche questa regola che "Fino a tre volte ve la potete cantare", su qualsiasi cosa ma non collaborare con lo Stato, questo è differente.

Boccassini: E questo l’abbiamo capito.

Belnome: Cantare nel senso che vi può portare beneficio, sempre sulla questione del beneficio. Può essere una qualsiasi cosa, non è perseguibile, non è punibile, però, fra parentesi, ci sono mille regole nella 'ndrangheta ma non è che vengono messe tutte e mille rigorosamente. .. questa non penso la rispettino in parecchi, non è che sareste ben visto se succede una cosa del genere. Però siccome è segreta questa cosa, non è che la vengono a sapere però c’è.

Boccassini: Ma questa regola serve mantenere un equilibrio tra lotta all'organizzazione 'ndrangheta e interessi dell'organizzazione?

Belnome: Può servire anche a questo, può servire anche a questo, perché quando voi avete determinate doti …allora le linee dopo si uniscono su certi ragionamenti, che prima non sono considerati, anzi sono condannati, dopo ve li ritrovate in cima.

Boccassini: È stato mai commentato dalle persone che a lei erano più vicine e che naturalmente hanno un ruolo importante nell’organizzazione, tipo appunto Gallace e Leuzzi che alcuni latitanti si costituiscono per esempio perché questo può far comodo all’organizzazione, con la consapevolezza però da parte delle istituzioni che la cattura di una persona non è frutto dell’attività della Polizia o Carabinieri, bensì di un accordo tra parti delle istituzioni e la 'ndrangheta? Ha capito quello
che voglio dire?

Belnome: Si si, se per esempio quel discorso che vi ho fatto io si metta in funzione su questo che ha detto lei, giusto? No, lì non è tanto condivisibile una cosa del … perché voi vi state vendendo un cristiano, in sostanza è condannabile questo, anzi è condannato.

Boccassini: No, ma non qualcuno che si vende il latitante, il latitante che si presenta …

Belnome: Spontaneamente.

Boccassini: … spontaneamente e questo è conosciuto dalle forze dell'ordine. Questo è accaduto, potrebbe accadere?

Belnome: Cioè non riesco a capire bene cosa intende.

Boccassini: Facciamo conto che Ilda Boccassini sia un grande latitante, che tramite canali comunica alle istituzioni "lo mi faccio catturare, io vi dico dove sono", e viene catturato.

Belnome: No, no, questo non … questi discorsi qui non li abbiamo mai affrontati, ma non penso che succedano. Quando uno si costituisce sono per svariati motivi, sono personali, non può sostenere un certo tipo di latitanza, non …

Boccassini: No, io sto parlando di chi si fa trovare, non che si costituisce, cioè che prende la valigia e si presenta alla caserma di Carabinieri e dice "Mi costituisco", no. lo dico false catture di grandi latitanti operati dalle forze dell'ordine, ci può essere un accordo tra chi si fa catturare e lo Stato?

Belnome: Allora, per mia conoscenza, no. Per mia conoscenza, no. Per quanto ne sappia io, no.

Ora, alcune cose a me appaiono evidenti: 1) sul punto dei rapporti oltre la ‘ndrangheta Belnome a me pare molto molto abbottonato e il perchè si può facilmente immaginare: una paura fottuta. Del resto la stanza dei bottoni è in quella cupola nella quale lui dice di non aver avuto il tempo di affacciarsi (solo sentito dire) e non è certo su agrumeto di Rosarno; 2) le trattative tra Stato e mafie si fanno, altro che se si si fanno. In questi mesi molto si sta parlando delle trattative tra Cosa Nostra e Stato dopo la strage di Capaci ma la sensazione è che, anche sotto questo profilo, le cosche calabresi facciano trattative e concludano affari almeno dagli anni Settanta.

3 – the end (le due precedenti puntate sono state pubblicate il 17 e il 19 aprile)

r.galullo@ilsole24ore.com

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  • biancaneve70 |

    credo che l importante sia prenderne il piu possibile da cio ke leggo belnome ne ha fatti catturare un bel po…..secondo la mia opinione non importa ne chi ne come ne quando….mi complimento con i magistrati in genere.

  • angelo jannone |

    Ciò che mi fa sorridere è che ciclicamente si scoprono cose che appaiono inedite.
    Questa raccontata da Belnome è una vecchia “regola” dell’Ndrangheta.
    Ma Belnome non conosce il nome del “grado” o “dote” corrispondente.
    Franco Pino (altro boss pentito, già capo della Provincia di Cosenza), ad esempio, aveva già spiegato (nel 1995!che “Vangelo” e “Diritto e Medaglione” sono gradi a cui è consentito avere rapporti con lo Stato (es. forze di polizia) o dare “soffiate” per il superiore interesse dell’Organizzazione.
    Il boss Vincenzo Mazzaferro (che nel 1992 si era occupato per la liberazione della bresciana Ghidini, sequestrata da Vittorio Ierino) si era difeso dalle accuse di Giuseppe Ierinò, sostenendo che il suo “livello” gli permetteva di fare “favori” allo Stato.
    Ma adesso, ancora una volta, magari ci saranno magistrati che si vanteranno di aver scoperto cose esclusive e
    Aggiungo: Andrea Ruga e Cosimo Leuzzi, ma anche Maiolo Cosimo infiltrati al nord? storia vecchia anche quella (vds Operazione Stilaro e chiedete a Gratteri, se non a me che scrissi l’informativa)
    Condivido poi l’osservazione tra le righe di Bartolo:
    il sistema dei pentiti crea tra i tanti paradossi quello di favorire chi ne ha combinate di più.
    Aggiungo che interrogare un pentito come se fosse un consulente, a mio avviso nuoce all’accertamento della verità. Ecco perchè all’estero non capiscono il nostro modo bizantino di fare i processi. Il pentito deve raccontare fatti a cui ha partecipato e che abbiano una rilevanza penale.
    Non fare l’aiuto sociologo.

  • bartolo |

    beh..galullo,
    di belnomi ce ne possono essere a migliaia… sta poi agli investigatori scartarli o, in caso di particolari intelligenze, utilizzarli come è stato fatto con barreca…vede, nelle indegne carceri che mi hanno fatto girare per l’italia, ho conosciuto un ifinità di belnomi del napoletano e del suo hinterland, erano disperati perchè i loro capi famiglie tutti pentiti e protetti, mentre loro, semplici esecutori di ordini di crimini già accertati, venivano rifiutati qualora disposti a collaborare…
    lo ripeto, la storia delle lotte alle mafie degli ultimi venti anni, in questo paese, deve essere ancora scritta …poi, a piacere, seconto i lettori, ci sarà soltanto, da piangere o ridere…

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