Cari amici di blog come sapete amo “spizzare” – prendendo in prestito un verbo del gioco d’azzardo – i documenti ufficiali. Sono un divoratore di carte e per questo motivo le veline (a partire da quelle delle Procure) mi fanno venire l’orticaria.
Sono così andato a leggermi la relazione del Procuratore generale della Corte dei Conti Lodovico Principato, tenuta il 16 febbraio 2012.
Ma sì, quella passata alla storia recente perché ha riproposto un dato trito e ritrito che i media hanno riproposto come se fosse nuovo e nuovo non era. Vale a dire i 60 miliardi che sarebbero il frutto della corruzione annuale in Italia. In realtà è un dato del 2008 (non c’è nulla di più nuovo dell’antico!) del Servizio anticorruzione e (SaeT) del Dipartimento della Funzione pubblica. Rispetto a quanto rilevato dalla Commissione Eu l’Italia deterrebbe il 50% dell’intero giro economico della corruzione in Europa (si vedano anche la relazione 2008 di Transparency e la relazione al Parlamento n. XXVII n. 6 del 2 marzo 2009 del ministro per la Pubblica amministrazione)!
Il dato – come spesso accade per i fenomeni che non possono essere scientificamente misurati – è “casareccio” ma i giornali lo hanno riproposto non solo come nuovo ma anche disinteressandosi della “dissacrazione” che del dato stesso fa il vice procuratore generale della Corte dei Conti Alfredo Lener quando scrive (pagina 101) che “appare invero esagerato per l’Italia, considerando che il restante 50% si spalmerebbe senza grandi problemi negli altri 26 Paesi dell’Unione Europea”.
Fatto sta, che siano 60 miliardi o 50 o 80 cambia poco o nulla, atteso che la corruzione in Italia è a livelli insopportabili, tanto che l’Italia nella classifica degli Stati percepiti più corrotti nel mondo stilata da Transparency International per il 2011 ricopre il 69° posto su 182 Paesi presi in esame. Nella Ue è prima di Grecia, Romania e Bulgaria.
In realtà se i giudici contabili hanno scritto chiaro e tondo questo passaggio, un altro lo hanno esplicitato per metà quando hanno scritto che secondo il rapporto dell’Economic Index Forum per il 2011, la corruzione e la criminalità organizzata costituiscono i maggiori freni per chi vuole investire nel Paese ed in particolare per la crescita economica del Sud. In realtà sarebbe meglio dire in maniera altrettanto limpida che corruzione e mafia sono i due volti della stessa medaglia.
Per la magistratura contabile quella contro la corruzione rappresenta una battaglia impari. Basti pensare che a fronte del costo plurimiliardario del fenomeno, la Corte dei Conti nel 2011 è riuscita ad infliggere in primo grado condanne per…75.254.141,70 euro (danno patrimoniale per 73.619.459,63 euro + 1.634.682,07 euro per danno all’immagine) , mentre in sede d’appello sono state definitivamente confermate condanne per l’importo di 15.050.803,58 (danno patrimoniale pari a 13.189.771,21 euro + 1.862.032,37 euro per danno all’immagine) relative a giudizi
trattati negli anni precedenti.
Le citazioni emesse dalle Procure regionali in materia di danni da reato nel periodo 1° gennaio/30 novembre 2011 sono state 243 per un importo di 249.072.699,58 euro di cui 246,348.380,28 euro per danno patrimoniale e 2.628.919,30 euro per danno all’immagine. Dati di poco superiori a quelli dell’anno 2010, malgrado le limitazioni
incontrate dalle Procure per effetto del decreto legge 78/2009.
Al Procuratore generale della Corte dei conti sapete quante sentenze di condanna, ancorché non irrevocabili, sono pervenute nel corso del 2011? Solamente 39 sentenze emesse rispettivamente dalle Corti d’appello di Milano (1), Brescia (1), Firenze (6) e dai tribunali di Torino (8), Alessandria (3), Taranto (9), Benevento (5), Foggia (3), Pesaro (1), Pescara (1), Sulmona (1), che hanno anche dato inizio ad 8 nuove istruttorie contabili.
Malgrado la sollecitazione effettuata nel 2011 dal Procuratore generale a tutti i Presidenti delle Corti di appello affinché si desse adempimento all’obbligo, le sentenze trasmesse sono “inspiegabilmente sono risultate inferiori per numero rispetto all’anno precedente (n. 91)”, conclude sconsolato Lener.
Ma se neppure la Corte dei conti riesce a credere in se stessa nella lotta alla corruzione negando la conoscenza e la trasparenza dei dati (fondamentali per studiare e arginare il fenomeno) come possono crederci gli italiani?
A presto con nuovi risvolti di questa relazione.
1 – to be continued
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