Questo mio articolo è stato pubblicato oggi sul Sole-24 Ore, lo ripropongo per i lettori del blog. Sull’home page del Sole online trovate anche un profilo che ho tracciato su Michele Zagaria e sugli scenari interni alla camorra casertana dopo il suo arresto.
“C’è da fare un ponte, un’autostrada, una ferrovia? Non c’è problema. Ci pensiamo noi”. Con questa frase a effetto – riferibile a Pasquale Zagaria, fratello di Michele, nel corso di un incontro a Roma nel 2003 con un consulente dell’allora ministero delle Infrastrutture – Raffaele Cantone fa vivere la forza della famiglia che, partendo da Casapesenna, negli ultimi 20 anni ha inquinato l’economia sana di mezza Italia.
Cantone è stato il pm che per primo ha intuito e combattuto il potenziale economico-criminale della famiglia Zagaria, che non esita a definire un “general contractor di imprese autonome”. Per questo, su di lui, anche se oggi lavora in Corte di cassazione, pende una perenne minaccia di morte. Nel covo di Zagaria sono stati trovati, tra gli altri, proprio i libri di Cantone.
La forza economica di quest’ala camorristica – che si spegnerà con l’arresto di Michele, il boss imprenditore – si distingue da quella delle altre fazioni dei clan dei Casalesi. La struttura imprenditoriale della famiglia Zagaria è a raggiera: dal clan dipendono non solo aziende affidate nelle mani di prestanomi ma anche imprese che dai loro voleri vivono e dipendono. Il raggio di azione non conosce limiti: dal traffico dei rifiuti nord-sud, con il quale sono diventati milionari, all’usura, passando attraverso le estorsioni, gli appalti pubblici, il commercio, l’edilizia, il trasporto su gomma e il gioco d’azzardo. Non c’è regione immune dalla loro presenza, senza contare che Spagna e Romania (limitandosi a due esempi esteri) sono Paesi in cui il riciclaggio nel turismo, nell’edilizia e nel gioco ha raggiunto cifre enormi. Il giro d’affari? Miliardario. “Nel solo 2010 – spiega Federico Cafiero de Raho, procuratore aggiunto a Napoli, il cui pool da anni sta prosciugando il portafoglio della camorra casertana – il valore dei beni sottratti ai clan dei Casalesi è di due miliardi”.
“Michele Zagaria – spiega Cantone – non era solo un riciclatore, era imprenditore egli stesso. Da lui e dai suoi fratelli dipendevano lavori, appalti, uomini e risorse in tutta Italia. La famiglia Zagaria è in grado di mettere in contatto mondi diversi con il pallino degli affari sporchi. Per questo motivo Pasquale si permette di affermare in quell’incontro a Roma che se c’è anche da scavare un tunnel in Sardegna non c’è problema. Loro sanno come arrivarci, come avere le autorizzazioni e a chi affidarlo”. A Parma, a esempio, dove Pasquale era andato a vivere stabilmente nel 2001, i Casalesi targati Zagaria hanno portato armi e bagagli e un metodo di lavoro fatto, oltre che di immancabili rapporti politici, di cooperative e piccole imprese del calcestruzzo con un solo obiettivo: affermarsi nel ciclo del cemento. “Sarebbe interessante sapere oggi – spiega Cantone – che cosa è rimasto di quelle imprese”. Domanda legittima soprattutto ora che non solo Michele ma anche i fratelli Pasquale e Carmine sono in carcere: gli ultimi due arrestati il 1° dicembre. “La famiglia Zagaria – ricorda infatti Cantone – ha un livello di impermeabilità assoluta”.
Ridurre la forza dei Casalesi alla sola famiglia Zagaria sarebbe però riduttivo.
Fuori dai confini casertani Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Lazio sono regioni in cui i clan di Casal di Principe, Casapesenna e comuni vicini hanno messo radici profondissime. Modena ad esempio è terra di elezione della famiglia Schiavone nel controllo criminale del gioco d’azzardo e di attività speculative nel settore edilizio. L’intelligenza criminale dei Casalesi è tale per cui nel nome degli affari si fanno patti con il diavolo. Il 31 ottobre il gip di Napoli Pasqualina Paola Laviano ha disposto l’arresto di nove persone su richiesta dei pm Cesare Sirignano, Francesco Curcio e Ivana Fulco della Direzione distrettuale antimafia. Tra gli arrestati Gaetano Riina, fratello del boss Salvatore, e Nicola Schiavone. Quest’ultima indagine è la prosecuzione dell’operazione “Sud Pontino” che a maggio 2010 portò a 60 arresti. Entrambe ricostruiscono un intero decennio di storia dei rapporti ed interessi economici ed imprenditoriali, di accordi e scontri e confermano l’esistenza di un asse camorra-‘ndrangheta-Cosa Nostra per il controllo dei mercati dell’ortofrutta e dei trasporti in gran parte del centro-sud. Ma anche traffico di droga e armi da guerra.
r.galullo@ilsole24ore.com
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