Da ieri – e per questo rimando al post in archivio – sto analizzando l’Operazione Apogeo con la quale la Gdf, alle dipendenze del generale Fabrizio Cuneo che ha seguito passo dopo passo l’operazione alla quale hanno preso parte gli uomini del colonnello Luca Tuzi e del Tenente colonnello Blandini e i Ros guidati dall’(ex) comandante Giovanni Fabi, delegati dalla Procura antimafia di Perugia, hanno messo ar gabbio una serie di soggetti legati al clan dei Casalesi che investivano nel centro-nord decine e decine di milioni.
A capo della banda c’era, secondo la Procura, il tipino-fino Giuseppe D’Urso da Messina ma residente a Tivoli (Roma), che il 4 febbraio 2008 fu condannato dalla Corte d’appello di Messina a 3 anni di reclusione con l’inibizione all’esercizio di un’impresa commerciale per 10 anni e l’incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino al 30 settembre 2018.
E allora – a testimonianza di quanto le mafie siano 10 passi avanti rispetto alle azioni preventive e repressive dello Stato – cosa ti inventa il furbacchione?
Crea in Svizzera la Sfa Swiss financial advisor sa con sede a Lugano e poi apre una succursale a Pesaro, affidandone la rappresentanza legale a quello che viene considerato un prestanome. Altro che polemica sui certificati antimafia del ministro Brunetta!
Il bello è che la sezione anticrimine Ros dei Carabinieri di Perugia e il Commissariato di Polizia di Lugano, hanno accertato che in via Provò 16 a Lugano non esiste nessuna Sfa e per dimostrarlo hanno persino fotografato il palazzo!
In questo gioco di scatole cinesi ad un certo punto l’”inibito” Giuseppe D’Urso cede attraverso la Sfa Swiss financial a Ginevra immobiliare group, costituita a Milano il 16 novembre 2009 e di cui è amministratore unico dal 13 agosto 2010 Gennaro De Pandi (colui il quale svelerà poi agli inquirenti gran parte del meccanismo riciclatorio), la piena proprietà del ramo d’azienda di Perugia, relativo alla costruzione di un complesso edilizio di 4 edifici in fase di realizzazione.
Alla fine di questa catena – ricostruiscono gli inquirenti – cominciano una serie di truffe nei confronti dei fornitori, appropriazione indebita di materiale di cantiere, emissione di fatture false, contabilità inesistente.
Il cantiere era stato aperto dalla Impresa costruzioni Palazzetti spa e prevedeva la realizzazione di 300 unità in un complesso denominato Il Centro, in un’area industriale dismessa.
Palazzetti, che versava in gravi difficoltà economiche al punto da avere debiti per 9 milioni ed essere sul punto del fallimento, aveva poi sottoscritto il 21 maggio 2009 con Sfa Swiss financial, un preliminare di vendita dell’intero complesso per 41 milioni: 2, 2 versati come caparra, 12 per l’accollo integrale degli oneri per l’esecuzione dei lavori e 25,1 come accollo del mutuo stipulato con la banca.
Sfa Swiss financial – secondo le dichiarazioni di Eligio Palazzetti – aveva creato la società di Pesaro proprio in un immobile messo a disposizione dalla Palazzeti spa.
“Circa il contratto in essere con l’impresa Palazzetti spa – si legge nell’ordinanza – è interessante sottolineare come l’unico esborso effettivo da parte di Sfa sia stato quello rappresentato dalla caparra, consistendo il residuo nell’assunzione di obbligazioni già facenti capo alla venditrice”.
Dopo la stipula del contratto preliminare, Sfa aveva avviato una serie di nuovi contratti di subappalto con società sempre riconducibili a D’Urso o a persone a lui vicine.
A febbraio 2011 D’Urso sente il fiato sul collo di Ros e Gdf e teme inoltre gli esiti di un processo d’appello a Messina e così passa le consegne a Angelo Russo di Villa Literno, anch’egli arrestato e anch’egli un tipino-fino. Del ruolo di Angelo Russo in seno alla camorra hanno infatti parlato i pentiti Francesco Diana e Gaetano Ziello il 10 febbraio 2011 in un interrogatorio a Firenze. E che dicono i due?
Diana, reggente del clan Bidognetti dopo l’arresto di Giuseppe Setola per la zona di Villa Literno, ha riferito di essere stato incaricato dallo stesso Setola di occuparsi, proprio con Russo, della gestione di sale scommesse e gioco. Russo gestiva concretamente gli affari versando a Diana 8mila euro al mese destinati a rientrare nella cassa del clan.
Per il momento mi fermo qui ma presto scoprirete cosa ci fanno i Casalesi nelle Marche.
2 – to be continued (la precedente puntata è stata pubblicata il 4 ottobre)
p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.08 circa. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.
p.p.s. Il mio libro “Economia criminale – Storia di capitali sporchi e società inquinate” è ora acquistabile con lo sconto del 15% al costo di 10,97 euro su: www.shopping24.ilsole24ore.com. Basta digitare nella fascia “cerca” il nome del libro e, una volta comparso, acquistarlo