Quadri di Guttuso e Dalì, brioche e cappuccini: a Roma la ‘ndrangheta diversifica gli investimenti miliardari

Tra una brioche e una quadro di Renato Guttuso una certa differenza c’è. Così come tra un opera di Salvador Dalì e un cappuccino.

Eppure gli uomini della Direzione investigativa antimafia hanno usato lo stesso tatto. Il 25 giugno 2009 misero sotto chiave 345 tele del presunto boss italo-canadese Beniamino Zappia, la cui società "Made in Italy" era in Galleria Alberto Sordi.

Ieri, invece, a due passi da quella Galleria, i sigilli sono stati apposti all’Antico Caffè Chigi, tra i locali preferiti dai parlamentari. Il prestigioso bar-ristorante rientrava nella ragnatela proprietaria della holding Adonis, dietro la quale, secondo la Procura distrettuale antimafia che ha condotto per oltre due anni l’inchiesta, ci sarebbero un altro intermediario italo-canadese e l’ex autista della cosca Gallico di Palmi (Reggio Calabria).

La capitale è stata ieri scenario di un altro episodio criminale. Flavio Simmi, figlio di un gioielliere coinvolto nella Banda della Magliana, è stato crivellato di colpi e ucciso a pochi passi da casa.

Il colonnello Paolo La Forgia, capo del centro Dia di Roma, commenta l’operazione. «Sono degli sfacciati – ha dichiarato – che hanno messo radici a due passi da Palazzo Chigi. Gli abbiamo dato una caccia senza quartiere. Il referente della cosca Gallico, ufficialmente, era un saldatore. Un pò poco per governare un patrimonio che, forse quando sentivano il fiato sul collo, è stato fatto confluire in un trust che gli toglieva il sonno. Qualcuno avrebbe potuto gabbarli da un momento all’altro».

Il valore dei beni sequestrati si aggira sui 20 milioni. Questa volta il calcolo è stato possibile: nel caso delle tele sequestrate a Zappia, che la Procura ritiene il referente delle potenti famiglie di Cosa nostra Bonanno di New York e Cuntrera-Caruana di Toronto, gli esperti non hanno ancora completato il lavoro. Per una stima attendibile – che sarà comunque di centinaia di milioni – ci vorrà ancora del tempo.

Le mafie stanno colpendo a morte Roma a pochi passi dalle stanze della politica. Il colpo di ieri viene dopo quelli, altrettanto eclatanti, del 2009, allorchè alla cosca Alvaro di Cosoleto (Reggio Calabria) fu sequestrato il Cafè de Paris in Via Veneto, il ristorante Colonna Antonina e il Gran Caffè Cellini.

Non solo ’ndrangheta. Nell’ultimo mese le operazioni della Procura distrettuale antimafia di Napoli hanno fatto saltare gli investimenti dei clan Mallardo e Belforte la cui passione è sempre la stessa: riciclaggio del denaro sporco nel ciclo del cemento e nelle attività commerciali.

Nel centro storico, nella via che collega Piazza Cairoli a Campo de’Fiori, lo Stato si è riappropriato di un bene dei mafiosi e lo ha rimesso in un circolo vitale. Accade in via dei Giubbonari, dove una gioielleria, è stata prima sequestrata e poi confiscata.

La lista dei beni immobili (399) e delle imprese (96) confiscate alle mafie traccia una mappa sorprendente: quella della legalità strappata all’illegalità. Il valore complessivo è di miliardi. Tra le imprese confiscate ci sono soprattutto società immobiliari con sedi storiche nel centro. In viale Giuseppe Mazzini, a esempio, nel quartiere Prati. Oppure in via Francesco Crispi, cinque minuti a piedi da Piazza di Spagna.

Non solo società immobiliari: anche night club, librerie, esercizi commerciali di ogni tipo, ditte di trasporto e negozi di antiquariato, come quello di via di Monserrato, a un tiro di sasso da Palazzo Farnese. Nel cuore della capitale, dunque, dove è più facile camuffare le attività di copertura o di riciclaggio di capitali sporchi.

Se dalle imprese si passa a case, terreni e fabbricati, la musica non cambia. Ci sono locali in via dei Monfortani (una strada residenziale nelle vicinanze di Monte Mario), in via Tuscolana, arteria della città, così come nella consolare via Flaminia, dove è stato addirittura sottratto alla criminalità organizzata un impianto sportivo trasferito al Comune nell’aprile 2007 e destinato a centro per attività sociali. In via IV Novembre, strada dalla quale raggiungere Fontana di Trevi è una breve passeggiata, lo Stato ha consegnato al Campidoglio già nove anni fa un intero fabbricato che è stato destinato a sede di associazioni.

Non è il solo immobile di pregio strappato alle mafie. Nell'elenco c'è persino una struttura industriale in via Tiburtina e alcune ville, come quella di viale di Porta Ardeatina che non è più della mafia dal 2002 o quelle di Grottaferrata che capitoline non sono, ma rientrano nella grande area extraurbana di Roma.

NON SOLO CASE

Non mancano capannoni e terreni agricoli o edificabili, come quelli consegnati al comune fin dal 2002 in borgata Finocchio anche se la maggior parte delle aree confiscate si trova soprattutto nei piccoli comuni alle porte di Roma, come ad esempio Ladispoli, sventrata dalle lottizzazioni selvagge e meta di soggiorni estivi di molti romani che lì hanno una seconda casa al mare. Altro esempio è Valmontone, comune lambito dall'autostrada, dove sono sempre di più i laziali che risiedono per la facilità di raggiungere Roma per motivi di lavoro e nel quale a giugno di quest’anno è stata inaugurata un’attrazione irresistibile: il più grande parco divertimenti d’Europa. Non solo Roma e provincia comunque.

Chi aveva investito lì in immobili doveva intuirlo subito che l'affare non sarebbe andato a buon fine. Tra i 28 beni confiscati alle mafie, destinati e consegnati in provincia di Latina, ce ne sono infatti due in “Salita Iella”, a pochi metri dal lungomare di Gaeta.
Sono un terreno agricolo e un deposito, sottratti definitivamente alla criminalità organizzata e consegnati dallo Stato al Comune il 17 febbraio 2007.
Gaeta e, in generale, le località balneari, rappresentano un richiamo irresistibile per i mafiosi che nella provincia di Latina sono ormai di casa. A Gaeta lo Stato ha definitivamente consegnato al Comune – tra il 2001 e il 2007 – una decina di beni. Tra questi, terreni agricoli, terreni fabbricabili e fabbricati rurali destinati a finalità sociali. Lo Stato – per motivi di ordine pubblico – ha per ora mantenuto la proprietà di un paio di confortevoli appartamenti nella centrale Via Garibaldi, a 400 metri dalla spiaggia di Serapo.
Non solo Gaeta tra le mete vacanziere e affaristiche dei mafiosi. A Formia una villa è stata trasferita al Comune a fine 2000 e destinata a un centro per attività sociali. Il Comune di San Felice Circeo nel 2003 si è visto consegnare dallo Stato, tra gli altri beni, una villa che apparteneva a un criminale legato alla Banda della Magliana. Proprio quest'immobile è il simbolo delle difficoltà che lo Stato incontra nel momento in cui intraprende la strada del sequestro, della successiva confisca e della destinazione finale del bene.
L'immobile, infatti, nel tempo intercorso tra un'operazione e l'altra, era entrato in possesso di un cittadino che non voleva abbandonarlo. Ci sono volute sentenze del Tar e l'assi
stenza della forza pubblica per entrare in possesso di una villa destinata ora ad attività sociali.

Non solo beni immobili, però, hanno svestito la maglia dell'illegalità e indossato quella della legalità. A Latina è stata sequestrata anche una srl uscita dalla gestione dello Stato.
A Priverno, di fronte alla vallata dell'Amaseno, a metà strada tra Frosinone e il mare ma ancora in provincia di Latina, alla fine di giugno erano ancora gestite dallo Stato tre imprese che operavano nel settore dell'edilizia. Sempre a Priverno lo Stato ha in gestione anche un locale in buone condizioni e quattro terreni agricoli di cui due inagibili.
Alla fine giugno 2009, in provincia di Latina, attendevano solo di essere consegnati ben 11 beni immobili. Due di questi sono a Spigno Saturnia: due terreni agricoli in condizioni mediocri che saranno trasferiti definitivamente alla Regione Lazio. Gli altri nove sono a Formia: terreni agricoli e appartamenti che saranno conservati a titolo definitivo dallo Stato per motivi di ordine pubblico. Solo un terreno agricolo sarà consegnato al Comune che lo destinerà a sede di associazioni.
Vale la pena di ricordare che la regione Lazio a luglio si è impegnata a stanziare sette milioni in tre anni per restituire alla collettività beni e attività ricavati da azioni illecite.
r.galullo@ilsole24ore.com

p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica poco dopo le 00.05. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.

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  • gaetano saffioti |

    Caro Roberto, la giustizia sembra lenta ma ha bisogno ed ha i suoi tempi…..ma arriva!
    Glielo avevo detto anni fa a chi di competenza del Bar Chigi, come di altre cose……come mi pare ne parlai pure a te.
    Accontentiamoci di quello che fanno. Peggio sarebbe se niente facessero!
    un caro saluto

  • Edoardo Levantini |

    Complimenti per il pezzo!La situazione è grave a Roma anche per la sottovalutazione del fenomeno.Purtroppo le mafie avanzano e si rafforzano creando rapporti più stretti con la politica l’esperienza dello scioglimento del consiglio comunale di Nettuno non ha insegnato niente!Nel Lazio ci vorrebe una forte rispoosta degli inquirenti sul modello Lombardia e Piemonte!

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