“In provincia di Bolzano, le uniche entità criminali di rilievo continuano ad essere i gruppi di albanesi che tentano di inserirsi sempre più stabilmente nel traffico e nello spaccio di stupefacenti e nel controllo della prostituzione”. Non c’è sorta di smentita: con queste parole il sostituto procuratore nazionale antimafia Roberto Pennisi, introduce, nella sua relazione di fine 2010 al capo della Procura Pietro Grasso, la situazione nel Sud Tirolo.
Sarà pur vero, come ama ironicamente dire Pennisi, che i mafiosi non sanno parlare il tedesco e sarà pur vero che sarà difficile vederli camminare lungo gli alpeggi o scalare montagne, ma i segnali, i primi, di una penetrazione nella provincia di Bolzano non vanno certo sottovalutati. Reprimere le infiltrazioni nel momento in cui si scoprono e accompagnarle con una altissima vigilanza sociale è l’unico modo per non rischiare di trovarsi le mafie in casa.
Del resto se la ‘ndrangheta è di casa in Germania, vuol dire che l’ostacolo linguistico non è certo una barriera che può incutere timore a chi di crimine vive.
Merito di aver acceso i riflettori sulla presenza di soggetti legati ai clan dei Casalesi nel Sud Tirolo è della Procura distrettuale antimafia di Venezia. Da alcuni giorni, infatti, sto analizzando l’ordinanza con la quale il 15 aprile sono state indagate e arrestate una trentina di persone con l’accisa di associazione a delinquere di stampo camorristico (si vedano in archivio gli articoli del 29 e 30 aprile e 2 maggio). Persone che – in qualche modo diretto o indiretto – la Procura di Venezia ritiene legate ai clan dei Casalesi. Analisi che, pochi giorni fa, è stata allietata dalla notizia della cattura di Mario Caterino, latitante dal 2005, numero due dei Casalesi e secondo solo a Michele Zagaria e che, guarda caso, è stato arrestato nel suo regno: Casal di Principe. Ovvio! E per suprema beffa era a pochi metri da una caserma di Polizia.
Il tramite – di questa supposta associazione a delinquere che, dapprima prestando denaro con tassi usurari a imprenditori in difficoltà e poi pian piano rilevandone quote societarie fino in alcuni casi a rilevarne la totale proprietà e che si affaccia anche a Bolzano – è un ventinovenne napoletano che risiede a Casoria, in provincia di Caserta, dove i Casalesi controllano anche l’aria che si respira.
Sul ruolo attivo nella compagine criminale di questo campano, Angelo Nattino, che poi comparirà in molte altre vicende criminale nel nord-est secondo la ricostruzione dell’Operazione Serpe della Procura di Venezia, i magistrati nutrono pochi dubbi. E così ricordano che il giovane napoletano è amministratore unico dal 14 dicembre 2009 della Car-Mos Srl.
IL VIAGGIO DA BOLZANO A MONDRAGONE
Questa società, nel momento in cui indagano i magistrati, ha sede legale a Mondragone, Caserta, uno dei regni incontrastati dei Casalesi, ma proviene dalla provincia di Bolzano. L’oggetto sociale è il commercio di prodotti per macchine da saldatura. Il capitale sociale di 12mila euro, detenuto da Nattino.
Ma come avviene questo acquisto da parte di Angelo Nattino e come avviene il successivo trasferimento? Ce lo spiegano i magistrati.
La prima “pezza d’appoggio” consiste in un fax sottoscritto da Mario Crisci (il presunto capo della banda, anch’egli campano) spedito alle ore 16.40 del 3 dicembre 2009 al notaio Luca Arnone (su carta intestata della Jta e Gonda srl, quest’ultima con sede a Selvazzano Dentro) con richiesta di convocare l’assemblea straordinaria della Car-Mos srl, per deliberare il trasferimento di sede a Mondragone e la nomina di Alberto Carraturo come nuovo amministratore unico (è indagato). Il tutto da fare “in assenza dell’amministratore in carica”, (Nattino Angelo, unico socio) e tramite comunicazioni firmate da un “amministratore pro-tempore”.
La polizia giudiziaria evidenzia come la procedura violi clausole dello statuto della srl, secondo cui – in assenza dell’amministratore – le assemblee sono valide solo se vi è rappresentato l’intero capitale sociale. Nel caso della Car-Mos srl nessuna assemblea sarebbe stata valida in assenza di Angelo Nattino, al contempo unico proprietario ed amministratore unico. Ma la richiesta è stata evidentemente soddisfatta, scrivono i magistrati, perché c’è la è fattura emessa il 14 dicembre 2009 dal notaio L
uca Arnone alla Car-Mos srl di Contrada Mazzafarro 1 di Marcianise, secondo il verbale di assemblea ordinaria redatto in stessa data.
Dalla copia di un precedente atto notarile stipulato a Imola il 12 novembre 2009 si apprende che Ezio Moscon (nato a Lanciano e non indagato) e Leonardo Moscon (anch’egli nato a Lanciano e anch’egli non indagato) avevano ceduto l’intero capitale di 12.000 euro della Car-Mos srl, con sede a Egna, in provincia di Bolzano, all’indagato Angelo Nattino.
Ed ecco dunque che con questa ricostruzione il cerchio del trasferimento si chiude. Bolzano tirerà forse un respiro di sollievo pensando che la soluzione radicale al problema della penetrazione delle mafie possa essere la discesa in campo dei folcloristici Schutzen, bersaglieri adibiti alla difesa del territorio tirolese tra il XVI e il XX secolo?
A presto con una nuova puntata. Questa volta vi porterò in Nigeria!
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