Quanto vale il voto della ‘ndrangheta? Ve lo siete mai chiesto?
Una risposta ce l’ho proprio nel giorno in cui tra Italia, Australia e Germania arrestano altre 40 persone a seguito delle nuove indagini della Dda di Reggio Calabria.
No, tranquilli. Ho la risposta non perché faccia parte di una cosca o perché abbia il desiderio di scendere in politica e dunque – inevitabilmente in Calabria e forse ormai anche in Lombardia – sia entrato in contatto con le cosche.
No, no. La risposta ce l’ho perché in questi giorni sto leggendo un preziosissimo documento – datato febbraio 2008 e rimasto finora nella disponibilità della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria – che è ricco di informazioni che, prima o poi, potrebbero tradursi anche in consequenziali provvedimenti di natura giudiziaria (ne ho scritto anche domenica 6 marzo su questo blog e il pezzo è dunque reperibile in archivio).
Intanto, quel che si può esprimere è – dalla lettura di queste pagine per le quali nessuno è stato nel 2008 indagato – un giudizio morale sulla politica calabrese.
L’unica parola che può esprimere il mio giudizio morale è: vomito.
Un profondo, amaro e disgustoso conato di vomito che sale leggendo queste pagine in cui attuali e vivi protagonisti calabresi della scena politica regionale e nazionale, che sproloquiano un giorno sì e l’altro pure contro la ‘ndrangheta, nella realtà si lasciano non solo sedurre dalle cosche ma ne sono parte integrante. Dalla loro violenza si alimentano e dei voti che le ‘ndrine possono assicurare, si beano. Hanno ricoperto incarichi governativi, parlamentari, regionali, provinciali e comunali. Sono ancora lì sulla scena.
Senza vergogna. Senza paura. Perché sanno che è loro garantita un’impunità totale anche quando – ed è il caso di un politico che filtra in queste pagine – si è stati condannati per concorso esterno per associazione mafiosa con sentenza passata in giudicato.
In queste pagine il pentito Antonino Fiume, per anni stabilmente inserito nella cosca De Stefano, presente e dominante ad Archi e poi abbandonatosi (chissà perché) nelle mani della Giustizia come pentito, fa spesso capolino.
In un interrogatorio che subisce a maggio 2007 a domanda del pm testualmente risponde: “….i voti della ndrangheta sono fondamentali. Come nel Governo di destra c’è la Lega che fa l’ago della bilancia e nel Governo di sinistra c’è Rifondazione comunista, che potrebbe fare l’ago della bilancia. La stessa cosa è per queste cose qui il voto della ‘ndrangheta”.
Il pm senza scomporsi gli chiede: “Secondo voli la ‘ndrangheta ha il 5%?”. “Certo” risponde Fiume. E il pm, al quale forse quella percentuale sembra bassa, incalza: “In Calabria?”. E a questo punto il pentito, perfeziona il ragionamento con un eloquentissimo: “No, un momento!” E poi via con la confessione: “Diventa di più se c’è l’accordo di tutte le famiglie. Molto di più”.
Ecco soddisfatta – per difetto – la vostra curiosità sul “peso” del voto di ‘ndrangheta.
E vi siete mai chiesti che cosa ne pensi la ‘ndrangheta della politica? Anche questa domanda ha una risposta. E il canale è sempre lo stesso: il documento della Procura di Reggio Calabria datato 2008 (attualissimo anche e soprattutto per i personaggi politici che ancora calcano, drammaticamente, la scena locale e nazionale).
Nell’ottobre 2004 la sala ascolto della squadra mobile della questura di Reggio Calabria intercetta il dialogo tra un piccolo imprenditore – che tra le altre cose ha anche mire politiche – e un uomo di fiducia della cosca Audino.
La cosca Audino – tanto per essere chiari – era guidata nell’ottobre ’98 da Mario Salvatore Audino. Confederato con la potente famiglia De Stefano, processato e condannato nel processo “Olimpia” come capo locale di San Giovannello, cadde in un agguato mafioso la mattina del 19 dicembre 2003.
I due parlano amabilmente e ad un ceto punto il guardaspalle della cosca Audino dice che la politica “è peggio della ‘ndrangheta”. Ma se ne fregano di questo giudizio, perché subito dopo si divertono a farsi in conti in tasca: in cambio dei loro voti garantiti a due politici (entrambi ancora in sella e che sella!), uno dei due, vale a dire il piccolo imprenditore, ha già il posto assicurato nello staff amministrativo. Chiunque dei due fosse stato eletto. E il bello è che furono eletti entrambi! Uno per il centrosinistra (ma in realtà il partito con il quale fu eletto ora non credo possa più riconoscersi, almeno ovunque, in quello schieramento) e uno con il centrodestra.
Indovina indovinello: in quale segreteria si troverà ora il nostro piccolo imprenditore con mire – egli stesso – politiche? Ah saperlo…
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