“Caro Adriano, la proposta di partecipare alle prossime elezioni amministrative come candidato del Partito Democratico a sindaco di Reggio Calabria mi lusinga ed onora profondamente. Tuttavia, mi vedo impossibilitato ad accettare non solo per i motivi già espressi, che rimangono comunque validi, ma essenzialmente per le mie attuali condizioni di salute che mi vedono, tuttora, costretto in clinica e che hanno portato i medici che mi seguono a sollecitarmi a non assumere impegni fisicamente stressanti”.
Comincia così la lettera che ieri il senatore Luigi De Sena ha inviato ad Adriano Musi, commissario regionale del Pd calabrese, per annunciare il suo no definitivo alla corsa.
Ero stato facilissimo profeta – nel mio articolo su questo blog del 9 gennaio – a prevedere che mai e poi mai De Sena avrebbe accettato la candidatura e anche se l’avesse accettata – scrissi testualmente – sarebbe durato “da Natale a Santo Stefano”.
Alcuni siti calabresi già ieri sera – nel caso di specie credo etero diretti da fonti vicini all’onnipresente e onnipotente, almeno così crede lui, onorevole reggino Marco Minniti – hanno fatto circolare la notizia con mezze frasi e dando allucinanti spiegazioni sulle motivazioni per cui De Sena si sarebbe ritirato dalla corsa, puntando sul suo stato di salute al momento precario.
La Calabria purtroppo è questa: un minestrone di interessi incrociati senza responsabilità, né capo, né coda, in cui il gioco allo sfascio e all’autodistruzione è sadomasicamente perpetrato e goduto a ogni livello: intellettuale, politico e giornalistico.
Credere che Luigi De Sena si sia ritirato dalla corsa perché il suo stato di salute è – mi auguro di cuore solo al momento – precario, fa comodo agli imbelli che guardano il dito anziché guardare alla luna. Vale a dire a quella frase, eppur messa nero su bianco dall’ex superprefetto ad Adriano Musi: “….mi vedo impossibilitato ad accettare non solo per i motivi già espressi, che rimangono comunque validi…”.
La signorilità pubblicistica di De Sena, raffinato e colto Servitore dello Stato, nel colloquio diretto con Musi ma, soprattutto nei giorni scorsi, con Pierluigi Bersani, avrà lasciato dunque spazio a una realtà drammaticamente limpida. “Bersani e Musi – mi permetto di riprodurre io la sintesi del dialogo certo come sono di cogliere assolutamente nel segno – a Reggio Calabria non mi vogliono. Il Pd calabrese, per primo, non mi vuole. Io sarei una foglia di fico utile per coprire chi continua a coltivare nel partito e in città i propri interessi”. E poi l’affondo: “Io non sono il candidato del Pd ma sarei il candidato di quei pochi pezzi della società civile che hanno chiamato a gran voce il mio nome”.
Finito qui il colloquio? No di certo. Con le sue buone e adorabili maniere avrà detto: “Persino i giovani fanno dei pastrocchi inenarrabili, ma do cazz stanne, che cazz fanne?”, avrà concluso con quel naturale lessico napoletano che De Sena ama, con snobismo, intercalare.
Insomma De Sena, che pure per un momento era stato allettato e lo ha dimostrato nella lettera che mi ha spedito e che ho pubblicato su questo blog il 9 gennaio si è visto crollare quelle poche speranze in una Calabria irredimibile che tale è e tale rimane.
Proprio nel momento in cui lui ci stava facendo seriamente un pensierino, il Pd gli faceva i sorrisi davanti e gli infilava l’ombrello di dietro come le vignette di Altan. Perfino i giovani del Pd lo invocavano ma scommettevano già su cariche e poltrone facendo la corsa a chi è più bravo e più bello. E i salotti di Reggio? Quelli che accoglievano a sorrisi e braccia aperte il superprefetto nelle uscite ufficiali? Avevano già capito tutto. Se ne sono sempre fottuti tre quarti di De Sena, contribuendo ad alimentare quella zona grigia che oggi, nel momento in cui scrivo, sa già chi vincerà le elezioni e sa già come spartirsi traffici e affari di un capoluogo che è e resta la capitale degli affari sporchi, dei servizi e della massoneria deviata e della politica collusa con le cosche.
Ma davvero volete che De Sena – anche avesse per un moto suicida accettato la candidatura – sarebbe riuscito a formare una squadra con gli ingredienti a disposizione? Sarebbe stato costretto (ma impossibilitato) a pescare i suoi simili – persone integerrime, rette, corrette, incorruttibili, oneste, capaci – fuori dai ranghi della coalizione. A prescindere, direbbe Totò, per avere la certezza di una Giunta inattaccabile e lontana mille miglia dalle tentazioni. Una Giunta blindata e lo dico letteralmente: presidiata giorno e notte dai blindati dell’Esercito. Ma questa è un’utopia politica e ahimè, a Reggio anche utopia sociale, e il Pd calabrese e nazionale ben lo sa e lo aveva messo nel conto: “vedrete che si suiciderà con le sue mani – sono pronto a giocarmi gli attributi che questo è stato il ragionamento del Pd calabrese e non – non accetterà questa candidatura che gli abbiamo espresso a mezza bocca e tutta strizza. Così potremo dire: avete visto paisà, noi ci abbiamo provato ma lui ha la bua al pancino e non se la sente di combattere per una Reggio nuova, pulita. Peccato, sarà per la prossima volta. Arrivederci e complimenti per la trasmissione”.
Punto e a capo. Da ieri sera sono ricominciate le camarille. I candidati oscuri godono come delle tortore in amore, la società civile (quei 4 gatti che a Reggio alzano la testa con coraggio) si consolerà presto, la maggior parte se ne fregherà e i commentatori politici e i giornalisti continueranno a maneggiarsi l’attrezzo esprimendo profondi concetti a mezzo stampa.
In questo suicidio del Pd mi domando dove sia Pierluigi Bersani che già aveva subito l’autocandidatura rivelatasi poi fallimentare di Loiero Agazio a candidato Governatore. Dopo quella trombatura c’era chi all’interno del Pd diceva: “ora rivolteremo la Calabria come un calzino”. Illusi. Il Pd calabrese si alimenta di quella stessa forza che a parole dice di combattere. Quel calzino onorevole Bersani, onorevole Musi, è sempre più puzzolente. Vi chiedo – ma tanto non mi risponderete mai – ma l’idea di dimettervi e ritirarvi a vita privata no eh! Non la prendete in considerazione neppure ora che avete perso l’ultimo treno per rivoltare la putrida politica reggina con un esponente che – badate bene – non è nemmeno di sinistra, ma semplicemente è un Servitore dello Stato che poteva diventare un Servitore della Calabria?
Cari governanti del Pd vi lascio come promemoria domenicale la chiosa del senatore De Sena. Se foste Uomini lo mandereste a memoria e – un nanosecondo dopo averlo mandato a memoria – vi dovreste ritirare tutti a coltivar fagioli: “Sono convinto che il Partito, che deve continuare a puntare su un reale rinnovamento della classe dirigente senza deludere le giuste aspettative della collettività locale, definirà presto le condizioni per fare un ottimo lavoro di squadra puntando su un candidato che auspico possa ess
ere espressione unitaria dell’ intera coalizione. I più cari saluti. Sen. Luigi De Sena”.
Reale rinnovamento? Giuste aspettative? Lavoro di squadra? Espressione unitaria? “Ma che robba è – staranno già gorgheggiando a Roma nelle stanze del Pd – è robba che se magna?”
Vi lascio con questa frase di uno dei più grandi poeti italiani (Don Backy, “Nel più bel sogno, 1968) “…quando siamo alla fine di un amore piangerà soltanto un cuore perché l'altro se ne andrà...”. De Sena, sono certo, piangerà. Il Pd, no se n’è andato. O forse in Calabria non c’è mai stato.
r.galullo@ilsole24ore.com
p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica alle 0.15 circa. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.
p.p.s. Il mio libro “Economia criminale – Storia di capitali sporchi e società inquinate” è ora acquistabile con lo sconto del 15% al costo di 10,97 euro su: www.shopping24.ilsole24ore.com. Basta digitare nella fascia “cerca” il nome del libro e, una volta comparso, acquistarlo.