Chissà perché ci sono mafie e morti di serie A e mafie e morti di serie B.
Anzi: di serie P, come Puglia o di serie F, come Foggia, regione e città dove la Sacra corona unita è tornata alla grande e la fa da padrona.
A dirlo sono i numeri (impressionanti) e le situazioni (drammatiche).
L’ultima in ordine di tempo in Capitanata: l’uccisione di due imprenditori di Vieste (Foggia) impegnati nel ramo turistico.
Sul fatto che sia un delitto di mafia pochi nutrono dubbi. Sul fatto che la Puglia – dalla Capitanata al Salento – sia un’emergenza nazionale sul fronte della criminalità organizzata, anche.
Poche ore prima che i due fossero uccisi, come in una macabra sceneggiatura, la Gazzetta del Mezzogiorno, il 18 novembre a pagina 9 dava notizia che è tornato libero il “papa di Foggia”, cioè Giosuè Rizzi, dopo aver scontato 22 anni di prigione. Gliene restano due di sorveglianza speciale. Fu lui, riporta la Gazzetta, a creare la mafia in Capitanata. Non è proprio così ma quasi.
Il capo della Procura della Repubblica di Bari, Antonio Laudati, competente anche per la Capitanata, come ricordava ieri, 29 novembre, il collega Domenico Castellaneta della Repubblica, già a luglio sbottò: “La mafia garganica è un’emergenza nazionale, e’ un fenomeno di criminalità che non è secondo a nessun altro in Italia". In effetti lo dicono i dati: su 141 omicidi in 10 anni sono 77 quelli irrisolti. Probabilmente si tratta di un fenomeno sottovalutato e ricondotto a faide locali, di pastori e a forme di arretratezza criminale. Invece questa vera e propria guerra di mafia che e’ stata scatenata sul Gargano è riconducibile a una grandissima ricchezza, quella che viene dal controllo degli stupefacenti, dalle estorsioni, dal controllo dei flussi finanziari".
UNO DICE UNA COSA, L’ALTRO L’OPPOSTO
Ma è proprio come dice Laudati? E’ proprio come ho riportato io in premessa, fidandomi di Laudati (che peraltro stimo)?
A leggere quanto scrive la Direzione nazionale antimafia (Dna), a proposito della Sacra Corona Unita pugliese – nella relazione 2009 si resta disorientati.
Dire che la lettura del fenomeno sia diametralmente opposta non è un eufemismo.
Anzi, per essere più precisi: la Procura della Repubblica di Bari smentisce la Dna. O viceversa, fate voi.
“… Resta da osservare, conclusivamente, come la realtà criminale pugliese di stampo mafioso, a differenza da quelle relative a Campania, Calabria e Sicilia, abbia fatto registrare, a più riprese un più che drastico ridimensionamento – si legge infatti nella relazione di fine dicembre 2009 della Dna, vale a dire l’ultima a disposizione – frutto indubbiamente del concorso di due elementi specifici, rappresentati dalla nascita sostanzialmente “recente” della Sacra Corona Unita e dal pronto ed incisivo dispiegamento di adeguata attività di contrasto.
Si vuole, in particolare, sottolineare come si sia andati molto vicini alla eradicazione vera e propria delle strutture criminali della S.C.U., non conseguita pienamente sol perché le stesse affondavano le radici in una realtà criminale preesistente, ancorché non strutturata entro gli archetipi di una specifica “mafia” radicata nel territorio ed avente il controllo asfissiante dello stesso. La pur contenuta ripresa d’azione della Sacra Corona Unita, delineata nel contesto della presente relazione, sta a dimostrare, ad avviso dello scrivente, come l’avvento di un fenomeno di stampo mafioso rappresenti sempre, anche quando abbia connotazioni di novità e di mancanza di tradizioni, un che di quanto mai pernicioso per l’ambiente cui aderisce, tale da costituire ben presto una minaccia mortale per l’ordinato svolgersi e dispiegarsi della vita e della società civile. Nondimeno, il fatto che nel caso della S.C.U. si sia arrivati ad un passo dall’annientamento del fenomeno comprova che tale risultato è possibile e va ricercato dalle istituzioni compiendo ogni sforzo in tale direzione. Non si vuole, con ciò, coltivare l’illusione che, con l’auspicabile sconfitta definitiva e completa della Sacra Corona Unita, la regione pugliese risulterà poi indenne da fatti di aggregazione criminale e da forme delinquenziali ad essa preesistenti o successive. Si vuole, però, rimarcare un concetto, tutt’altro che illusorio, che non deve mai esser perso di vista, ossìa che fenomeni di stampo mafioso possono e devono essere contrastati fino all’annichilimento: in una parola, che contro la mafia si può e si deve vincere. Conseguire un risultato di tal fatta in terra pugliese – un tempo significativamente nota coma “Terra di Lavoro” – nei confronti della Sacra Corona Unita costituirebbe, in ultima analisi, un viatico importantissimo ed un segnale eloquente per la lotta alle altre mafie che infettano la vita della collettività”.
SOGNO O SON DESTO?
Avete letto bene. La Dna parla, con un linguaggio burocratico di “un passo dall’annientamento del fenomeno”. “Contenuta ripresa del fenomeno”.“Recente nascita della Sacra Corona Unita”.
“Eradicazione”, “pernicioso?”: ma come parla la Dna? Le parole sono importanti come diceva Nanni Moretti in una mitica scena del filmi Palombella rossa!
Ma dico io: Procura e organi investigativi e di coordinamento si parlano? L’una ha sede a Lugano e torna in Puglia per brevi pause caffè e gli altri hanno sede a Crotone e dunque, facendo il paragone, la mafia pugliese sembra una favola per educande?
CONTRADDIZIONI A GOGO’
Bastasse la versione diametralmente opposta tra Laudati e la Dna ci sarebbe già da pensare, ma la sorpresa aumenta quando si va a leggere ciò che scrive la stessa Dna a proposito della mala foggiana. “Una situazione di criticità criminale potrebbe, peraltro, riproporsi nella provincia di Foggia – si può leggere a pagina 125 – quale conseguenza della scarcerazione, per decorrenza dei termini di custodia cautelare, di sodali di rilievo del clan Libergolis-Romito, arrestati, com’è noto, insieme con oltre cento esponenti della “mafia garganica” al termine dell’indagine Perseveranza. Le scarcerazioni potrebbero, in prospettiva, determinare una ripresa del conflitto tra i sodalizi, anche per l’evidenza delle manovre dei Romito ai danni dei Libergolis, nonché delle attività estorsive in una vasta area”.
A Foggia, prosegue
l’analisi “lo scenario criminale mafioso risulta tuttora assai inquietante. Infatti, i dati concernenti gli omicidi avvenuti sul territorio confermano le profonde spaccature degli equilibri tra i sodalizi, anche indotte dall’attuale mancanza di capi, dotati di una caratura criminale atta a gestire una “pacificazione”. Tale circostanza sembra essersi aggravata a seguito degli omicidi di Spiritoso Franco e Bernardo Antonio, personaggi che si riteneva possedessero un ruolo apicale in seno all’organizzazione, riuscendo a porsi come punto di riferimento per tutti gli affiliati, sia detenuti che in libertà”.
E poi giù con il dettaglio di azione delittuose e criminali negli ultimi due anni. Che è impressionante.
“L’uso della violenza da parte dei gruppi operanti nella provincia foggiana – si può leggere nella relazione – è dimostrato non solo dai vari episodi delittuosi prima riferiti, ma anche dai numerosi sequestri di armi, effettuati nel periodo in esame. Presente è anche il fenomeno dell’usura, che, unitamente alle estorsioni rappresenta una fonte di sostentamento economico della criminalità”.
PAROLA ALLA DIA
Nella relazione sul primi semestre 2010 resa nota poche settimane fa dalla Dia, la Direzione investigativa antimafia, si può leggere una sintesi che si avvicina più alla lettura di Laudati che non a quella della Dna.
Scrive infatti la Dia che “la criminalità pugliese, nel ridurre quantitativamente le azioni eclatanti per ridurre il profilo di esposizione, abbia tuttavia optato per azioni risolutive, qualitativamente mirate e strategicamente efficaci”.
In mezzo a queste letture, l’una nera, l’altra bianca e l’ultima grigia della realtà criminale pugliese e foggiana in particolare (ma se parlassimo di Bari e provincia le cose non sarebbero poi cosi diverse) resta una certezza: quella dei cadaveri anneriti e rinvenuti carbonizzati dei fratelli imprenditori Giovanni e Martino Piscopo, scomparsi il 18 novembre. Che la terra gli sia lieve.
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