Imbavagliate Saviano prima che racconti di Cosa nostra a scuola di secessione con uomini della Lega Nord

Oltre ai demeriti (ne abbiamo tutti), tra i meriti di Roberto Saviano c’è quello di raccontare – talvolta in maniera forzata, talatra con sbavature, altre volte ancora con inesattezze che non minano la credibilità e la portata dei valori – storie che i settentrionali non vogliono sentirsi raccontare.

Male. Malissimo perché – come del resto racconto da anni tra Sole-24 Ore, Radio 24, questo umile blog e i libri – gli investimenti delle mafie sono al Nord. Senza parlare, ovviamente, di ciò che accade fuori dai confini nazionali.

Nella seconda puntata di “Vieni via con meRoberto Saviano, con disinvoltura ha ricordato che, nel passato, c’è stato chi aveva in mente, paradossalmente ma non troppo, di costituzionalizzare le mafie.

Un riferimento provocatorio che poi Saviano ha sviluppato in minima parte ma che invece merita di essere approfondito fin nelle radici chiarendo da subito che mai finora sono stati (come ho scritto e gridato in ogni modo) trovati collegamenti criminali tra mafie e esponenti politici della Lega Nord. Nessun esponente della Lega Nord è finora mai stato indagato.

LE PAROLE DI MIGLIO

Chi segue questo blog da tempo sa che considero il leghismo uno tra i peggiori mali che attraversa questo Paese. Lo penso non per pregiudizio ma per i disvalori che, a mio avviso, trasmette a partire da ciò che viene fissato nell’articolo 1 dello statuto della Lega Nord per l’indipendenza della Padania: l’indipendenza di uno Stato che non esiste e che è frutto, per me e per la stragrande maggioranza degli italiani, di pure…elucubrazioni mentali.

A partire da quelle del senatore Gianfranco Miglio. Non cito il suo nome a caso perché il riferimento espresso di Saviano alla costituzionalizzazione delle mafie era proprio a questo professore universitario che a un certo punto della sua vita perse (sempre a mio avviso) la trebisonda per una canottiera al vento.

Nell’intervista pubblicata sul “Giornale” del 20 marzo 1999, il professor Miglio, tra le altre cose, dichiarò: “Con Andreotti ci trovammo a trattare di nascosto a Villa Madama, sulle pendici di Monte Mario, davanti a un camino spento”, subito dopo rammentando di non avere ottenuto la nomina a senatore a vita per l’opposizione di Cossiganonostante Andreotti insistesse tanto”. Nella stessa intervista Miglio dichiarò, fra l’altro: “Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ‘ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”.

E si ricordi che in altre interviste lo stesso professor Miglio, come riportano i magistrati della Procura di Palermo su cui a breve torneremo, teorizzò in più occasioni che la selezione di una nuova classe dirigente non potesse passare che attraverso una guerra civile, in esito alla quale sarebbero prevalsi finalmente i migliori. Provocazioni, certo.

Ora l’intervista di questo “illuminato” fu acquisita agli atti della Procura di Palermo che stava indagando sulla stagione stragista degli anni Novanta.

E perché lo fu? Perché stavano indagando su un’associazione a delinquere “avente ad oggetto il compimento di atti di violenza con fini di eversione dell’ordine costituzionale, allo scopo – tra l’altro – di determinare, mediante le predette attività, le condizioni per la secessione politica della Sicilia e di altre regioni meridionali dal resto d’Italia, anche al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra e di altre associazioni di tipo mafioso ad essa collegate sui territori delle regioni meridionali del paese. Fatti commessi in Palermo (luogo di costituzione e centro operativo della associazione per delinquere denominata Cosa Nostra) ed altre località, in epoca anteriore e prossima al 1991 e successivamente”.

Queste le testuali parole che riporto dal decreto con il quale il 21 marzo 2001 la stessa Procura archiviò tutto nei confronti di Licio Gelli e altre 13 persone, tra le quali Totò Riina, i fratelli Graviano, Benedetto Santapaola e Stefano Delle Chiaie.

E la Lega Nord, voi direte, che cacchio c’entra?

In quella inchiesta – ripeto archiviata – i magistrati si imbatterono in una serie di riferimenti alla Lega Nord, e anche per questo quella intervista fu acquisita agli atti, in quanto la forma di approdo della strategia mafiosa era la disarticolazione dello Stato, la sua frammentazione, la rottura e dunque la secessione della Sicilia, che meglio avrebbe agevolato gli appetiti mafiosi.

Una secessione che era anche nel Dna della Lega Nord e che, 21 anni dopo la sua fondazione, avvenuta il 22 novembre 1989, è ancora lì nero su bianco anche se la politica parolaia (dalla destra nazionalista alla sinistra forcaiola) fa finta di non vederlo.

Una strategia secessionista, quella fomentata dai siciliani, che era stata sposata in pieno – come riportano le carte palermitane – anche dalla ‘ndrangheta calabrese, oltre che dalla massoneria di Licio Gelli.

Su questo argomento rimando al post (reperibile in archivio) che scrissi il 27 luglio 2010 ma vi invito a cercare il documento archiviato a Palermo perché contiene cose straordinariamente istruttive, che non hanno trovato sbocco processuale, ma che descrivono molto bene gli anni in cui nacquero in quegli anni alcune forze politiche come la Lega Nord.

I CONTATTI CON LA LEGA NORD

Ecco dunque che negli anni Novanta c’è un formicolare di incontri più o meno ravvicinati tra i tanti movimenti indipendentisti, secessionistici o parasecessionistici, sorti intorno al nucleo originario siciliano (dalla Calabria al Molise, dalla Campania alla Puglia). Ad alcuni di quegli incontri partecipano anche esponenti della Lega Nord. Ovviamente non perché interessati ad affari di mafia e verosimilmente inconsapevoli della lunga ombra di Cosa Nostra e (forse) anche inconsapevoli degli interessi al progetto secessionistico meridionale della massoneria gelliana. Erano interessati a confrontarsi con chi aveva lo stesso fine: la secessione. Poi, è bene anche qui specificare, quegli stessi movimenti secessionisti meridionali, a un certo punto, si divisero e ci fu chi, tra loro, ripropose la Lega Nord come nemico dell’unità nazionale.

LE DICHIARAZIONI DI MESSINA

La Procura di Palermo riporta per prima cosa il testo dell’audizione parlamentare nella quale il collaboratore di giustizia Leonardo Messina, uno di quelli infervorati dal progetto politico-eversivo, il 4 dicembre 1992 racconta appunto le finalità e le strategie che fu messa a fuoco nelle campagne di Enna nel 1991.

Messina – ritenuto dai pm fonte attendibile – descrive molte cose.

Nell’interrogatorio reso alla Procura di Palermo il 4 febbraio 1993 precisa più dettagliatamente quanto aveva appreso da esponenti di vertice delle famiglie nissene circa il crescente interesse di Cosa Nostra nei confronti del movimento leghista.

AMMAZZIAMO BOSSI. ANZI NO

Una delle tante volte in cui io mi trovai a conversare con il Micciche’, il Potente ed il Monachino – afferma Messina in quell’interrogatorio i cui contenuti sono stati smentiti e bollati come inattendibili e falsi di ogni fondamento dalle personalità chiamate in causa – il discorso cadde sull’on. Bossi della Lega Nord, che poco tempo prima era andato a Catania. Io, che allora consideravo Bossi un “nemico della Sicilia”, dissi: “Perché un’altra volta che viene qua non l’ammazziamo?”. Al che il Miccichè Borino esclamò: “Ma che sei pazzo? Bossi è giusto”.

Il Miccichè (Liborio ndr) spiegò quindi che la Lega Nord, e all’interno di essa non tanto Bossi, che era un “pupo”, quanto il senatore Miglio, era l’espressione di una parte della Democrazia Cristiana e della Massoneria che faceva capo all’On. Andreotti e a Licio Gelli.

Il Miccichè spiegò ancora che dopo la Lega del Nord sarebbe nata una Lega del Sud, in maniera tale da non apparire espressione di Cosa Nostra, ma in effetti al servizio di Cosa Nostra; ed in questo modo “noi saremmo divenuti Stato”.

Queste cose il Miccichè disse di averle sapute proprio da Riina Salvatore e da altri componenti della “regione”.

Messina, nell’interrogatorio reso alla stessa Procura di Palermo il 3 giugno 1996, ha confermato e precisato quanto da lui appreso sul “progetto politico-eversivo” discusso dai vertici di Cosa Nostra nel corso della riunione di Enna, fornendo altresì un racconto assai minuzioso e ricco di dettagli che ha consentito di svolgere una puntuale attività di riscontro.

I PALERMITANI

Dopo aver riscontrato la veridicità dei racconti di Messina, i magistrati palermitani passano ad acquisire le dichiarazioni dei collaboranti palermitani sul processo politico-eversivo.

E qui incocciano in Tullio Canella, che ha operato per anni a fianco di Leoluca Bagarella, per di più nel periodo cruciale della stagione stragista del ’93, della quale Bagarella è stato assoluto protagonista.

Canella è stato tra i fautori dell’esperienza politica del neonato movimento “Sicilia Libera”, che costituì proprio una delle manifestazioni del più recente progetto secessionista di Cosa Nostra. In riferimento a quell’esperienza, Cannella ha precisato che la genesi di “Sicilia Libera”, fondata nel 1993, in realtà affondava le proprie radici in un ben più ampio piano strategico, il cui contenuto egli apprese personalmente da Bagarella e da altri uomini d’onore (Filippo Graviano, Iano Lombardo, Vincenzo Inzerillo, Cesare Lupo).

TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE

Nelle carte i magistrati palermitani riportano alcuni brani dell’interrogatorio di Canella reso il 28 maggio 1997:

Ciancimino (Vito ndr) mi disse che il progetto di “Sicilia Libera” – dichiarò all’epoca Canella costituiva una attuazione di una strategia politica che lui tramite l’appoggio e l’apporto ideativo di Provenzano negli anni precedenti tramite la “Lega Meridionale” o qualcosa di simile (non ricordo bene il nome del movimento politico indicato da Ciancimino).

Aggiunse che a questo progetto aveva collaborato fortemente la ‘ndrangheta calabrese. Specificò al riguardo: “devi sapere che la vera massoneria è in Calabria e che in Calabria hanno appoggi a livello di servizi segreti”.

Queste dichiarazioni di Ciancimino mi fecero comprendere meglio perché si era tenuta a Lamezia Terme la riunione di cui ho riferito in precedenti interrogatori, e alla quale partecipai personalmente tra esponenti di Sicilia Libera e di altri movimenti leghisti o separatisti meridionali, riunione alla quale erano presenti anche diversi esponenti della Lega Nord.

Ricordo che alla riunione in questione erano presenti, fra l’altro, esponenti di un movimento indipendentista della Campania, di Basilicata Libera, della Lega Italiana, di Calabria Libera e di altri analoghi movimenti”.

L’UOMO DELLA LEGA NORD

In questa riunione presero, fra gli altri, la parola un esponente della Lega Nord, di cui in questo momento non ricordo il nome – specificò nell’interrogatorio Canella – , un giovane sui 33-34 anni, alto, di corporatura media, di capelli castano chiari; questa persona faceva parte del direttivo della Lega Nord e mi pare di ricordare che aveva una carica pubblica; egli si trovava a Lamezia già da due giorni (non so se avesse pernottato in albergo o in una casa privata).

Costui disse che gli interessi della Lega Nord e quelli dei movimenti del meridione coincidevano. Si doveva dare all’esterno una sensazione dell’antagonismo fra la Lega Nord e i movimenti del sud, ma in realtà si doveva agire di concerto per realizzare la divisione politica dell’Italia tra Nord e Sud.

In esito a questa riunione si decise che tutti i movimenti del sud si dovevano unificare in un’unica lega: la Lega Mediterranea”.

CONCLUSIONI

Qualora ce ne fosse bisogno – si evince chiaramente anche solo da questi stralci di interrogatori resi da collaboratori di giustizia ritenuti attendibili – ribadisco che la Lega Nord nulla aveva a che fare con strategie mafiose ma in un determinato periodo storico sedeva allo stesso tavolo di chi perorava l’identica causa secessionista, con il rischio che il compagno di banco fosse un mafioso.

Anzi, per dirla tutta, sono ancora più “garantista” e neutro della Procura di Palermo che nel decreto di archiviazione, alle pagine 139 e 140 espressamente così scrive a proposito delle emergenze processuali, dicendo che si può ritenere, in sintesi sufficientemente provato che:

  • ·
    all’interno di Cosa Nostra, si ipotizzò che tale fine potesse essere realizzato
    mediante l’inasprimento delle istanze separatiste storicamente latenti in Sicilia e lo sfruttamento del successo politico della Lega Nord, al fine di favorire la secessione della Sicilia e delle altre regioni meridionali d’Italia dal resto della nazione, così ritenendo di poter meglio gestire in sede politica gli interessi illeciti del “sistema criminale”;
  • · che nel medesimo periodo cominciarono a formarsi nel meridione d’Italia nuovi soggetti politici di ispirazione separatista;
  • · che la costituzione dei nuovi movimenti politici meridionalisti era prevalentemente ispirata da personaggi legati alla massoneria ed alla criminalità organizzata;
  • · che tali nuovi soggetti politici stabilirono rapporti con la Lega Nord;
  • · che all’interno della Lega Nord, soprattutto alle sue origini, vi erano influenti personaggi legati alla massoneria.

Nessuno, però, mi toglierà dalla testa che tra chi è disposto a perseguire un obiettivo così insensato (a mio avviso e di milioni e milioni di italiani, per fortuna) come la secessione, può esserci anche chi è pronto a scendere a patti con il diavolo. Anche se parla con accento siculo, calabro, campano o pugliese.

r.galullo@ilsole24ore.com

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  • ernesto maviglia |

    Egregio dottor Galullo,
    Le scrivo perchè negli ultimi tempi in Italia e soprattutto in Calabria stanno avvenendo degli episodi , a mio avviso, molto strani ed a tratti inquietanti.
    Le volevo sottoporre innanzitutto degli episodi avvenuti in Calabria che tutte le “grandi” testate si sono ben guardate dal trattare.
    L’episodio che ha dato inizio ai miei dubbi ed ad una forma di malsana curiosità è stato l’accoltellamento di un ragazzo facente parte di un centro sociale a Catanzaro, da parte di giovani neonazisti. Questo episodio mi ha lasciato basito perchè in quella città ci sono nato e ne conosco la storia e le persone, questa palese volontà di uccidere non si era avvertita fino ad ora, anche se la città ha delineato negli anni la sua spiccata “obbedienza” al fascismo.
    Io sono tornato in Calabria dopo l’accaduto ed ho parlato con varie persone che si sono dette preoccupatissime per la forza territoriale che i fascisti stanno prendendo e per le varie coperture di cui possono usufruire: a tutti il livelli sia ben chiaro. La polizia dopo l’aggressione è andata a perquisire la sede del centro sociale (invece di cercare l’aggressore hanno perquisito gli aggrediti, vabbè) e ha denunciato tutti per detenzione di arma bianca, in quanto nella sede hanno trovato una falce arruginita che era lì per ovvi motivi idealistici. Una parte della politica cittadina si è subito affrettata a dire che si trattava semplicemente di una rissa tra ragazzi e via via hanno cercato di sgonfiare l’episodio.
    Lei saprà meglio di me, in quanto è uno dei pochissimi se non l’unico giornalista italiano che ancora si interessa a guardare il dietro le quinte del potere (e la calabria è uno dei palcoscenici scelti) come anche la città di Lamezia Terme sia infestata sia da una ‘ndrangheta ricca e militarmente potentissima, sia da una gioventù che si è schierata apertamente a destra: proprio questo aspetto non mi è del tutto chiaro.
    Sono venuto a sapere che a Lamezia Terme risiede una delle persone che è stata protagonista negli episodi più bui ed ancora da svelare della nostra giovane Repubblica: Stefano Delle Chiaie. Non so se lei fosse a conoscenza di questo fatto. C’è da dire che il sopra citato personaggio non ha alcune imputazione in corso ma guardando alla storia e al suo passato io non riesco a non pormi delle domande.
    Le scrivo perchè non so a chi porle queste domande, in quanto non esistono giornalisti d’inchiesta a catanzaro, non esiste un giornale indipendente in Calabria.
    Le chiedo se , secondo lei, una così forte presenza fascista sul territorio e soprattutto presenze Eccellenti nel panorama “nero”, possa significare che è in atto un connubbio eversivo tra organizzazioni.
    Il signor Delle Chiaie è chiaramente uno degli ispiratori ideali dei vari movimenti politici sul territorio. La sua presenza è sottaciuta. A Lamezia sono nate varie realtà, La croce e il cerchio e Casapound. Si organizzano eventi tutti di stampo revisionistico.
    Due settimane fa il direttore di del giornale “Calabria Ora” (piero sansonetti) ha organizzato proprio a Lamezia Terme una conferenza dal titolo “C’era il vento del Nord, ci sarà il vento del Sud” con “eccellentissimi” ospiti (Peppe Bova, Antonino Gatto(despar), Enza Bruno Bossio, La Torre, De Luca e dulcis in fundo Peppone Scopelliti) che in maniera trasversale discutevano della necessità di istituire una sorta di Lega del sud e mettevano in atto un pericolosissimo atto di revisionismo storico nei confronti dei moti di Reggio Calabria, non considerandoli un moto di stampo eversivo ma una sommossa popolare.
    Lei è informato su che tipo di attività possa svolgere Delle chiaie? Potrebbe delinearsi per lui un ruolo di “intermediatore” o “tessitore”?
    Le chiedo anche, se questa ormai conclamata liason tra ndrangheta, personaggi del panorama fascista e massoneria potrebbe avere delle mire ben precise? E se si quali?
    La mia regione versa già in condizioni disperate a livello politico economico e sociale, ma se a questo ci aggiungiamo il tentativo di un nuovo patto eversivo facciamo prima a farla saltare in aria la Calabria.
    Mi scusi per l’estrema lungagine ma ho cercato di delinearle un quadro generale per farle capire il contesto di riferimento, spero di esserci riuscito. Spero inoltre di ricevere una risposta da parte sua.
    Salutandola mi complimento e la ringrazio dal profondo del cuore per l’attività che porta avanti. E’ una risorsa inestimabile per la società. In accordo o in disaccordo non importa.
    Le auguro un buon lavoro e Forza Magica…
    ernesto maviglia

  • cris |

    Gentile Roberto Galullo, la mafia persegue il separatismo siciliano e meridionale dal ’90, ma i pentiti dichiarano anche che i mafiosi si danno un tempo ampio per i loro progetti, dieci anni e più. Allora il problema è: OGGI chi vuole realizzare un separatismo reale (e in accordo con la Lega)? Quale dei partiti/movimenti appena nati? Ma il progetto separatimo è ancora valido? Mi sembra che aggiornare la questione sia della massima importanza, o no?

  • Flavio Volpe |

    Buongiorno,
    vorrei ricordare che al PM aostano Monti venne applicato il metodo De Magistris, ovvero gli fu avocata un’inchiesta per cui finì indagato il finanziere leghista della prima ora Ferramonti, fondatore della Pontida Fin.
    Forse chi vuol zittire Saviano non è in mala fede, magari non conosce l’inchiesta Sistemi Criminali.

  • ettore lomaglio silvestri |

    Caro Roberto,
    non manco all’appuntamento anche oggi, visto che l’argomento di cui tratti mi fa venire in mente diverse cose.
    Negli anni in cui mi sono impegnato con la mia associazione, vivevo appunto a Curno, piccolo paesino vicino Bergamo noto perché era la residenza di Antonio Di Pietro, ma che alle spalle aveva un altro paesino dal nome Mozzo dove vive tuttora l’ex dentista Roberto Calderoli (l’ho incontravo spesso il sabato mattina fare la spesa all’Esselunga di Curno).
    In quegli anni, come ancora oggi, avere a che fare con la criminalità organizzata nella bergamasca, non voleva dire avere a che fare con Cosa Nostra, ma con la ‘ndrangheta. Questa infatti, per la sua organizzazione più frammentata rispetto a Cosa Nostra, poteva infiltrarsi meglio in tali territori. Ricordo la famiglia Romano che viveva (sic!) a Romano di Lombardia. La criminalità bergamasca non era di piccolo taglio, gestiva i grandi appalti, gestiva le discariche (vicino Ponte San Pietro, ad esempio), gestiva insomma quegli affari che, apparentemente, non davano fastidio al cittadino semplice ma minavano l’economia locale rendendola marcia.
    Nulla di più facile, quindi, che, vicino a tali “gestioni” ci fosse la testa voltata o gli occhi chiusi per non vedere di qualche amministratore leghista.
    Questo ovviamente non vuol dire che la Lega fosse direttamente implicata, ma certo che non ha mai alzato la voce per evitare tutto ciò.
    Riguardo invece la questione della Lega Meridionale, concordo pienamente con quanto ha scritto. L’indipendentismo siciliano è noto a tutti, e il movimento Sicilia Libera trova le sue radici in Salvatore Giuliano e non solo…
    Io posso solo dire, da uomo che crede nei valori nazionali, che la Lega Nord dovrebbe essere dichiarata incostituzionale, in quanto i suoi principi fondatori sono contrari all’art. 1 della Costituzione (L’Italia è una ed indivisibile). Ma si sa che in Italia la Costituzione viene troppo speso dimenticata, o considerata solo a propria convenienza.
    Grazie Roberto per la puntuale informazione che fa ogni giorno.
    Ettore Lomaglio Silvestri

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