Il Sud che resiste alle mafie parte anche dalle piccole cose. Come un sindaco che non ci sta a riconsegnare l’ex Punta Perotti, che ha visto nascere un ecomostro e che con lui è stata riportata alla bellezza naturale e originaria. Come un’ordinanza comunale che vieta agli uomini vicini ai clan di sostare nei luoghi simbolo della città, se creano pregiudizio per la sicurezza urbana.
Il Sud che combatte ha tante capitali: una di queste è Bari. Il Sud che non si piega, tra i tanti, ha un nome e un cognome di peso: Michele Emiliano, che di questa città è sindaco dal 2004.
Questo cinquantunenne magistrato (in aspettativa) della Direzione distrettuale antimafia di Bari, con un’ordinanza paradossale e provocatoria, frutto di un’estenuante trattativa politica e istituzionale, ha sovvertito il mondo della comunicazione e dell’informazione antimafia e ha aperto un nuovo fronte di dialogo nella lotta alla criminalità organizzata.
Emiliano, presidente anarchico, atipico, provocatore e dissacratore del Partito Democratico della Puglia, di cui è stato segretario regionale dal 2007 al 2009, quell’ordinanza l’ha fortemente voluta perché ha capito che provare a colpire i simboli e i rituali significa dire ai mafiosi che le Istituzioni conoscono il loro modo di comunicare e non hanno paura di rispondere.
Marshall McLuhan divulgò che "il mezzo è il messaggio. Il vero messaggio che ogni medium trasmette è costituito dalla natura del medium stesso. E la natura strutturale di Emiliano, in questo caso, vale un messaggio di coscienza e conoscenza alla collettività amministrata, uguale e contrario a quello che gli uomini dei clan lanciano quando si appollaiano sulle scale di una Chiesa sacra ai baresi.
Riappropriarsi dei luoghi storici dei Bari – come la zona del Castello, piazza Chiurlia, la Cattedrale e soprattutto la Basilica di San Nicola intorno ai quali, soprattutto la sera, passeggiare è un rischio – vuol dire colpire, anche solo virtualmente, i luoghi del potere mafioso visibile e sfrontato e vuol dire denunciare l’impunità invisibile ma spesso garantita.
Vuol dire prestare un’attenzione in più a una comunità di un milione di abitanti che assiste da anni a una sanguinosa guerra di mafia e che quest’estate, il giorno di Ferragosto, ha guardato sgomenta a una sparatoria sul lungomare De Tullio, proprio nelle vicinanze della Basilica. Uno sguardo di troppo verso una donna, forse qualche litigio il giorno prima tra i due pistoleros e via: prima una scazzottata e poi gli spari che hanno raggiunto tre passanti che credevano che a Bari, il sabato sera, si potesse respirare solo l’aria di mare e non anche quella della polvere da sparo.
I CONTENUTI
L’ordinanza specifica che non sarà più permesso “sostare in modo prolungato in atteggiamento di sfida, presidio o vedetta da parte di soggetti con precedenti penali, assoggettati a misure di prevenzione e comunque indiziati di stabile collegamento criminale con soggetti appartenenti alle suddette categorie di persone”.
Un’ordinanza inutile, demagogica e populista? Può darsi ma in primis per chi non sa (o fa finta di non sapere) che i mafiosi vivono innanzitutto di simboli del potere. Un mafioso può mettere nel conto il carcere, la morte ma non può e non deve mettere nel conto la sottrazione dei simboli del comando: luoghi, rituali, tradizioni e patrimoni. Compresi quelli virtuali, come gli assembramenti sulle scale di una Cattedrale e di una Basilica, dove lo sfregio del profano al sacro raggiunge l’apice.
“Il controllo mafioso del territorio – ha dichiarato Emiliano – si fa anche quando alcune persone stanno ferme in un dato luogo in atteggiamento di presidio”. Cioè di controllo.
Si badi bene che io non conosco personalmente il sindaco Emiliano: non gli ho mai stretto la mano in vita mia, lo farei più che volentieri e non ho difficoltà a schierarmi con lui nelle battaglie di civiltà morali contro le mafie. Così come non avrei difficoltà a criticarlo negativamente quando e se ci sarà occasione.
OTTIMI SERVITORI DELLO STATO
Quest’ordinanza, che resterà in vita fino alla fine dell’anno per via di quella mediazione che è l’essenza stessa della politica ma che potrà essere rinnovata, non è stata capita fino in fondo neppure da chi, per mestiere e impegno civile, è preposto a capirla o quantomeno a non farla apparire come un gioco. Perché con i simboli del potere sono innanzitutto i mafiosi a non scherzare.
Parlo ad esempio del prefetto di Bari, Carlo Schilardi, che personalmente stimo, che aggiunge il suo nome ad altri Servitori dello Stato che in altre città – Milano, Parma e Roma sono le prime che mi vengono in mente – nel recente passato hanno dato una lettura, a mio avviso, all’acqua di rose dei fenomeni mafiosi. “Molto spesso – ha commentato Schilardi – a questo genere di provvedimenti viene dato un valore superiore al reale. La lotta alla criminalità non si fa con le carte, perché se così fosse avremmo già vinto”. Vero ma qui la carta è solo la forma, la sostanza è che ai bulli di mafia o contigui alla mafia viene detto: “tu mi sfidi e bivacchi. Io accetto la sfida e ti caccio”. Una sfida ai clan bell’e buona che colpirà dalla multa all’arresto chiunque rappresenti – per non violare giustamente le libertà costituzionali, come ha sottolineato anche l’opposizione in consiglio – una minaccia per la sicurezza.
OTTIMI RISULTATI NELLA REPRESSIONE
Avrei capito una delegittimazione di questo provvedimento se Bari e con essa le Istituzioni locali e quelle statali, fossero rimaste in questi anni inermi di fronte allo strapotere dei clan mafiosi. Ma così non è. La Polizia, le Forze dell’Ordine, la Guardia di Finanza e la magistratura hanno assestato colpi micidiali ai clan che imperversano in città: Strisciuglio, Di Cosola, Parisi, Stramaglia. Al pm Desireè Digeronimo, ottimo magistrato antimafia, continuamente minacciata, è stata rafforzata la scorta. Gli inquirenti stanno facendo un buon lavoro e il patrimonio delle cosche è stato duramente colpito con continui sequestri e confische.
Lo stesso Comune di Bari fa – in linea con quelli che sono i poteri di un’amministrazione comunale- dà importanti segni di vita, come l’istituzione dell'Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalità organizzata, che si occupa di offrire un'alternativa a tutte le persone più esposte alla devianza, specialmente ai bambini e ai minori. Un ufficio che è stato ritenuto un modello positivo dalle Nazioni Unite e che viene studiato da molte città italiane e straniere.
La stessa attenzione alla legalità è costante. Proprio pochi giorni fa, l’8 novembre, la sala consiliare del Comune ha ospitato il convegno “Il governo locale nel rapporto tra crimine organizzato e sicurezza urbana: mercati, consumi e stili di vita”.
In quell’occasione Emiliano ha sottolineato quelle che sono le linee di un sentire comune tra i sindaci di qualsiasi coloro politico. “Alle città – ha detto – occorre dare mezzi giuridici e risorse economiche per rispondere a chi chiede sicurezza al sindaco, prima ancora che al questore o al prefetto. Se in una città avviene un omicidio tutti si rivolgono al sindaco chiedendo maggiore sicurezza, ignorando il fatto che la legge gli impedisce di avere un ruolo determinante in queste vicende e che, se ascolto viene dato alle sue richieste nel Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, è solo grazie alla sensibilità di questo o quel questore o prefetto”.
Sulle risorse economiche Emiliano
ha infine affermato che “visto che il Governo ha ormai impedito alle amministrazioni di avvalersi del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso per l’erogazione del risarcimento dei danni riconosciuto ai comuni costituitisi parte civile nei processi di mafia, almeno allarghi le maglie del Patto di Stabilità, che danneggia soprattutto i comuni virtuosi come Bari, per un importo pari al danno subito dai clan mafiosi e riconosciuto dal giudice penale, permettendoci di continuare a investire in politiche di inclusione e prevenzione sociale, unica vera arma attualmente in mano agli enti locali per contrastare seriamente la diffusione della cultura mafiosa nei nostri territori”.
LA COMUNICAZIONE E L’INFORMAZIONE
Accennavo sopra che Emiliano ha anche sovvertito il modo di comunicare l’antimafia del dialogo e dei fatti. E per questo la stampa locale si è incazzata come un cavallo imbizzarrito. La capisco ma non approvo.
La comunicazione e l’informazione possono riuscire nel miracolo delle “convergenze parallele” come si usava dire un tempo in politichese ma se l’una (la comunicazione da parte degli amministratori) indispettisce l’altra (l’informazione dei media) forse è anche perché i giornalisti hanno perso il gusto delle notizia, hanno a lungo coltivato quello della partigianeria e hanno continuato a frequentare i salotti del potere.
Il sindaco, infatti, è stato accusato di aver diffuso la notizia sull’ordinanza in preparazione, sul suo profilo Facebook, che conta 17.075 amici e che cura personalmente la mattina di buon’ora e la sera tardi.
Ha diffuso lì l’anteprima della notizia? E allora? Qual è il problema di grazia? Chiedo ai colleghi giornalisti di Bari: è in corso una guerra polemica tra la nostra categoria e il sindaco? Su quali basi? Sulla mancanza di rispetto del sindaco nei confronti della categoria e sugli attacchi che mena un giorno sì e l’altro pure alla stampa, accusata spesso di informare male, con pregiudizio o in maniera quasi sempre distorta. Almeno questo mi pare di capire leggendo i media locali, a partire dalla storica Gazzetta del Mezzogiorno (si veda l’articolo in prima pagina di Michele Marolla di sabato 23 ottobre 2010) . Bene: rispondiamo con le armi dell’informazione libera e della schiena dritta. Gli si facciano le pulci a Emiliano (come è giusto che faccia una stampa libera), lo si critichi, lo si sproni, lo si metta nudo di fronte alle proprie responsabilità e si svelino gli errori amministrativi e politici.
Capisco che con chi non vuol dialogare (è anche questa l’accusa che viene mossa dalla stampa locale ad Emiliano) è impossibile un rapporto sereno e costruttivo ma non si invochi lo ius primae noctis sulle notizie, che ciascuno è libero di veicolare come vuole. Anche perché la comunicazione è un conto, l’informazione è un altro. E del resto la stampa locale lo ha dimostrato (a partire proprio dalla Gazzetta del Mezzogiorno) aprendo un dibattito e dando corso a una polifonia di voci su quel provvedimento in itinere. Questa è informazione.
Emiliano benedice i social network perché accendono e stimolano un contatto diretto tra chi li frequenta? What’s the problem? Chissenefrega.
A me personalmente non interessa una beata fava che Emiliano si rivolga la mattina e la sera ai baresi e a chi vuol mettersi in contatto con lui. Anzi possa dirla tutta? Sono felice! Magari lo facessero tutti gli amministratori e tutti mi politici! Ci sarebbe meno tempo per il bunga-bunga! Questo non mi impedisce e non mi ha impedito di farvi conoscere, partendo dall’ordinanza tanto discussa, una tessera importante del puzzle che al Sud resiste e lotta contro le mafie.
O no?
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