Alcuni di voi avranno modo di leggere l’inchiesta sull’usura che oggi, martedì 13 aprile, ho scritto sul Sole-24 Ore.
Tra le storie collegate ho raccontato anche gli ultimi sviluppi della vicenda di Antonino De Masi (sulla quale interverrò più in basso, se avrete la cortesia e la pazienza di leggere questo intero articolo) e ho reso nota una informativa della Guardia di Finanza sulle giustificazioni che spesso le banche adducono quando c’è il sospetto o l’accusa di applicare tassi usurari. Sul Sole ho raccontato in poche righe queste storie che meritano invece di essere approfondite, anche perché i casi riguarderanno chissà quanti imprenditori e comuni cittadini.
LA NOTA DELLA GDF DI MATERA
E’ il 27 aprile 2009 quando il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Matera protocolla la lettera che ha appena spedito alla Procura della Repubblica della splendida città dei Sassi.
La lettera fa il punto sulle indagini che sono state delegate a seguito della denuncia di una concessionaria di auto che nel 1997 aveva stipulato un mutuo con una banca locale. L’impresa aveva chiesto 1,5 milioni e, come riporta testualmente la nota dal 1 gennaio 1999 al 17 luglio 2003 fu applicato un tasso che fece percepire indebitamente alla banca la somma di 23.389,64 euro.
Avrete ormai capito: l’indagine delegata riguardava l’applicazione o meno di un tasso usurario. Detto, per inciso, che l’inchiesta fu archiviata (ma a quanto pare c’è uno strascico che coinvolgerebbe un magistrato della stessa Procura a seguito di un’ulteriore denuncia) quello che è interessante indagare è questo straordinario rimpallo di responsabilità che le Fiamme Gialle mettono nero su bianco.
LA DIFESA DELLA BANCA
L’accaduto, secondo quanto riferito dall’istituto bancario, annota la Gdf, sarebbe da ricondurre a mero errore formale del sistema informatico. “Nella nostra informativa del marzo 2008 – scrivono gli ispettori delle Fiamme Gialle – era già stato posto all’attenzione un fatto: il software gestionale che somministra i prodotti finanziari commercializzati dall’istituto di credito, è stato in qualche modo bypassato affinchè non segnalasse l’errata attuazione delle condizioni contrattuali”. E qui la Gd dimostra di non guardare in faccia a nessuno. “Tale assunto discende dal fatto che gli istituti di credito si dotano – si legge nell’informativa – al fine di mettersi al riparo da eventuali errate applicazioni dei tassi di interesse oltre il tasso soglia, di strumenti informatici che garantiscono il massimo grado di affidabilità”.
E giù con la descrizione della catena dello scaricabarile: “….questo nucleo di polizia tributaria ha altresì evidenziato che le banche, nell’ambito della propria organizzazione interna, individuano responsabilità ultima in capo ai massimi vertici aziendali, cui spetta il compito di diffondere e a affermare una cultura aziendale fondata sui principi di correttezza e integrità…In realtà, il controllo informatico delle banche, come emerge dai casi che vedono coinvolti gli istituti di credito è altamente manipolato perché non considera le irregolarità contabili…”.
LA COLPA? E’ DEL PC
La Guardia di Finanza nell’informativa di sei pagine si lancia oltre la descrizione del singolo caso materano e descrive l’atteggiamento in voga tra le banche. “In vari procedimenti penali aperti in Italia per usura bancaria – si legge nell’informativa – i diversi rappresentanti delle banche hanno adottato la tattica di addebitarsi reciprocamente le responsabilità, facendole rimbalzare da soggetti a soggetti gerarchicamente differenti. I presidenti hanno addebitato la responsabilità ai direttori generali, questi ai responsabili dell’area marketing, questi ultimi ai direttori di filiale, facendo da ultimo credere che il vero responsabile dell’applicazione dei tassi usurari sia stato il computer…Insomma l’idea che le banche, nel controllo del limite di usura operino con scrupolo, ai primi seri esami della magistratura si è rilevata infondata ed alcuni periti, incaricati di esaminare la volutamente astrusa contabilità degli estratti conto bancari, si sono subito resi conto c
he tutte le banche adottano una serie di artefizi contabili (anatocismo, c.s.m., valute, ultralegali etc) per cui nascondono gli interessi effettivamente percepiti nel capitale prestato e così il cliente 8anche esperto) non si accorge di pagare interessi ben superiori a quelli che appaiono nei saldi, interessi che, essendo usurari, dovrebbero essere interamente restituiti…”.
IL CASO DI ANTONINO DE MASI
Avrete seguito in questo blog e sul Sole-24 Ore in questi anni il caso di Antonino De Masi, l’imprenditore meccanico di Rizziconi (Rc) che a Palmi ha vinto nel 2007 il primo round contro tre banche e ora si trova in appello a Reggio Calabria. In primo grado è stato infatti dimostrato che le tre banche avevano applicato tassi usurari ma non si sono trovati i colpevoli.
Ebbene sul processo, come ho già scritto, si stanno addensando nuvole nerissime. Il sostituto procuratore generale Francesco Neri ha chiesto l’astensione dal processo per una serie di motivi ma, come avrebbe rivelato lo stesso Neri agli ispettori ministeriali spediti dal ministro della Giustizia Angelino Alfano a seguito della bomba messa il 2 gennaio davanti alla Procura, ci sarebbero state pressioni per impedire la prosecuzione dell’attività di procuratore nel processo che vede coinvolte le tre banche. Il procuratore generale, Salvatore Di Landro, non ha ancora preso alcuna decisione sulla richiesta del suo sostituto e a quanto sembra la questione è stata affrontata anche dal Consiglio superiore della magistratura che, forse già nei prossimi giorni, potrebbe pronunciarsi.
De Masi, nonostante alcune sirene cercassero di tirargli la giacchetta da una parte e dall’altra, se ne è fregato tre quarti di scorciatoie e sotterfugi, tenendo un atteggiamento sempre limpido e coerente.
I POTERI FORTI
Dopo aver scritto a mezzo mondo politico, finanziario ed imprenditoriale di questo Paese, dopo aver scritto al Presidente della Repubblica e ai vertici della magistratura e delle Istituzioni tutte, nei giorni scorsi ha fatto un altro passo: ha scritto ai Direttori dei principali media italiani e il suo avvocato, Giacomo Saccomanno, ha chiesto al Csm, tra le altre cose, di ottenere (riporto testualmente parte della lettera): “…ogni altro documento utile riferentesi alla questione per cui è giudizio, con espresso riferimento al procedimento pendente dinanzi alla Corte di appello di Reggio Calabria, numero 624/2008 R.G., in relazione al cosiddetto processo alle banche….come appare evidente l’istanza per cui è causa trova la sua ragion d’essere nella necessità per l’odierno richiedente di avere piena conoscenza di “dati ed atti” che riguardano la vicenda del “processo alle banche” e le supposte interferenze probabilmente subite dal/i magistrato/i per come riportato dalla stampa e che risultano quindi imprescindibili per dimostrare la possibile legittimità dei comportamenti assunti da terzi in danno del/i medesimo/i…in particolare la parte richiedente non può non segnalare la preoccupazione che il processo pendente non segua quella normalità che deve essere garantita a tutti i cittadini, avendo, appunto, riguardo a soggetti da giudicare che nella loro complessità si inseriscono nel potere più forte esistente in Italia. Ed invero le banche sono l’espressione per come riferito quotidianamente da economisti e giornalisti il potere più importante in Italia potendo esse anche condizionare l’azione del Governo…”
Scrive ancora Saccomanno al Csm che altra questione inquietante è il comportamento del Ctu, il consulente tecnico nominato dalla Corte di appello di Reggio Calabria per accertare l’esistenza di elementi di responsabilità diretta dei vertici bancari (Banca di Roma, Bnl e Banca Antonveneta), il quale “non solo ha redatto una consulenza senza la partecipazione dei Ctp, cioè i consulenti di parte, ma non ha nemmeno depositato la documentazione acquisita per l’esame della Corte e delle difese, limitandosi a depositare il 3 febbraio 2010 soltanto la relazione e una parte degli atti ritenuti dallo stesso importanti…la restante parte è stata prodotta solamente l’8 aprile a seguito di espressa richiesta del gruppo De Masi. Consulenza che appare comunque del tutto inadeguata e incompleta e non conforme agli accertamenti richiesti dalla Corte e in aperto contrasto tra l’altro dalle risultanze degli statuti bancari. E invero tali statuti affermano l’esistenza dei poteri esclusivi del consiglio di amministrazione e del presidente su tutte le attività in materia di applicazione dei tassi …”.
IL COLLEGAMENTO CON TRANI
A sorpresa (ma non troppo) arriva nella lettera dell’avvocato Saccomanno il collegamento all’inchiesta svolta dalla Procura di Trani sulle cosiddette carte revolving, che ha poi aperto il fronte a critiche e polemiche politiche per il coinvolgimento del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al punto che le carte sono state ora acquisite dal Tribunale dei ministri.
Nella lettera spedita al Csm si legge infatti: “…e invero dalla indagine posta in essere dalla Procura di Trani è emerso che gli istituti interess
ati praticavano l’usura con manipolazione dei software per la determinazione dei tassi….”. Insomma, proprio come aveva messo nero su bianco un anno prima la Gdf
di Matera per la vicenda che abbiamo descritto sopra. A questo punto non resta che seguire gli sviluppi. Io, finchè Dio me lo concederà, continuerò a farlo,
r.galullo@ilsole24ore.com