Nei miei recenti viaggi in Calabria per il Sole-24 Ore di cui sono inviato, per seguire prima la bomba nella Procura di Reggio e poi la rivolta dei neri extracomunitari, ho avuto modo di parlare con molte persone che sanno come va il mondo.
Il mondo politico, intendo, se può definirsi politica quella sorta di becero qualunquismo clientelare-affaristico che si fa in Calabria. Il sottobosco marcio, insomma, quello per il quale destra, sinistra e centro sono parole assolutamente vuote di ogni contenuto. Insomma la gentaccia di cui si nutre buona parte dei politicanti, dei consiglieri regionali calabresi e dei parlamentari che questa terra, da sempre, ha espresso. Le eccezioni ci sono ma le tengo per me.
Una cosa continua a colpirmi quando visito i paesi di mafia di questa terra, così come della Campania, della Puglia e della Sicilia: la totale assenza di fermento in vista delle elezioni politiche. L’atmosfera si surriscalda – per i cittadini – solo quando manca una settimana al voto.
IL TRILLO DEL TELEFONO: VOTANTONIO VOTANTONIO
Il motivo è presto detto. Quando i più osceni portaborse della politica hanno terminato di battere le terre di competenza e chiudere i compromessi tra politica-‘ndrangheta e massoneria deviata, partono le telefonate. “Delle votazioni non mi preoccupo proprio – mi ha detto Emanuele, albergatore a Rosarno – qui non si vede mai nessuno. Qualche giorno prima arriva una telefonata e ci dicono per chi votare”.
Del resto Giacomo Mancini jr. denunciò a me (e ne scrissi sul Sole-24 Ore del 28 maggio 2009) e ovviamente alla magistratura la disgustosa compravendita di voti che gli era stata sottoposta. E che aveva sapientemente rifiutato.
Il marciume in casa e le telefonate che da questo marciume partiranno sono i rischi ai quali vanno incontro i candidati governatori: il bravo e onesto, binomio che è una merce rarissima tra i politici calabresi, Roberto Occhiuto (Udc) per il centro-sinistra ammesso e non concesso che Idv, Udc e Pd trovino l’accordo, e l’effervescente Giuseppe Scopelliti (An, ora Pdl) per il centrodestra.
Ma questo rischio lo correrà anche Pippo Callipo, imprenditore del tonno ed ex presidente di Confindustria Calabria, che dovrebbe correre una corsa autonoma con l’Italia dei Valori (Idv) al cui interno ci sono uomini che non toccherei neppure con una canna da pesca. Sempre che oggi, sabato 16 gennaio, nel comizio di Lamezia Terme alla presenza di Antonio Di Pietro, Callipo non si trovi con il cerino in mano, visto che l’Idv potrebbe entro la settimana appoggiare formalmente o informalmente Occhiuto. Di tutto ciò ho scritto sul Sole-24 Ore di oggi, 16 gennaio.
L’AUDIZIONE IN COMMISSIONE ANTIMAFIA DI LOIERO AGAZIO
Già, i fatti della politica. E chi più di nonno Agazio (che qualcuno afferma aver già contrattato la contropartita politica per la sua eventuale uscita di scena) può saperne di più? Chi più di lui, che beatifica la capacità di spesa della Regione dei fondi Ue (prontamente rintuzzato sul punto nientepopodimenoche che dal sodale Mario “Piro” Pirillo, già mega-iper-stra-super-extrapotente assessore all’Agricoltura, cofondatore con Loiero Agazio del minipartitino Pdm e attualmente eurodeputato)? Chi più di colui il quale sbandiera la stazione unica appaltante come una conquista e che molti osservatori ritengono una mera foglia di fico può raccontare i fatti della politica regionale che per 5 anni ha portato la Calabria allo stato in cui si trova?
E Loiero Agazio i fatti, i suoi fatti, li racconta alla Commissione parlamentare antimafia nella seduta del 17 novembre 2009. I giornali calabresi ne hanno parlato a uso e consumo lontano anni luce dalla mia idea di giornalismo: trasparenza, schiena dritta e rispetto del lettore. Senza ovviamente riportare il fatto che a un certo punto il commissario Angela Napoli sbotta e gli dice: “Lei ha fatto un comizio”.
E allora vi invito ad andare sul seguente link: www.parlamento.it/documenti/repository/commissioni/bicamerali/antimafiaXVI/STENOGRAFICI/Reso.%20steno.n.%2029%20del%2017.11.09.pdf e leggere tutto il resoconto dell’audizione dalla quale estrapolo solo ed esclusivamente alcuni passaggi.
LOIERO AGAZIO E LA REGIONE INFILTRATA
In quella audizione Loiero Agazio, ancora possibilista sulla sua ricandidatura (oggi i sondaggi Ipr-marketing per il Sole-24 Ore danno un crollo del suo consenso elettorale dal 59% del 2005 all’attuale 50%) ha più o meno risposto al fuoco di fila di domande dei commissari.
Al commissario del Pdl Raffaele Lauro (ex prefetto di ferro e dunque non un parvenue della legalità) che chi gli chiedeva conto delle infiltrazioni mafiose in Regione e gli contestava la visione arretrata che aveva della lotta alla ‘ndrangheta, al commissario del Pdl Angela Napoli che gli rinfacciava la scarsa incisività delle politiche regionali nella lotta al crimine e al commissario dell’Udc Mario Tassone che insisteva sulla trasparenza dell’Ente Regione, il nostro prima abbozza che non capisce la domanda e poi imperturbabile risponde: “immagino che la domanda del senatore Lauro fosse retorica. Colgo l’occasione per rispondere anche all'onorevole Tassone. Sarebbe inimmaginabile che una Regione – che fino ad oggi è un ente di spesa, come diceva l'onorevole Tassone – resti immune da contaminazioni in un contesto, come quello descritto, in cui la criminalità ha un ruolo così pervasivo. Poiché ritengo che l’impegno della Regione non dovrebbe essere questo, in questa legislatura ho cominciato a trasferire agli enti locali innanzitutto il personale, perché voglio che essa diventi davvero un ente di programmazione e di controllo molto snello. Voglio ricordare (non tanto ai parlamentari calabresi che queste cose le sanno) che ho ereditato 5.126 dipendenti regionali che adesso sono poco più di 2.100; cito le cifre per essere chiaro. Da quello che vi dirò ora vedrete che, nonostante tutte le difficoltà che ci sono, in questi cinque anni si è cercato di esercitare un’attività di controllo. Badate bene, sono convinto che la Regione non sia indenne da contaminazioni né che lo sia spesso la burocrazia, anche se faccio una distinzione tra le persone che lavorano nella giunta, cioè all'interno dei dipartimenti”.
Io, che sono un bambino di modesta intelligenza, capisco da tutto questo che le infiltrazioni riguardano eventualmente gli altri, non la Giunta e non i Dipartimenti che dai suoi uomini dipendono. Facile no! Del resto trovare uno che in consiglio regionale non è indagato è missione quasi impossibile e allora daje addosso agli atri!
C’è però da ricordare che per la vicenda che vede la possibile esistenza di una cupola affaristico-massonica in Calabria sulla quale stava indagando Luigi De Magistris prima di essere trombato dalla stessa cupola affaristico-massonica, il capo della Giunta, Loiero Agazio, è stato indagato nella vicenda Why Not, così come suo fratello Tommaso, potente dirigente, così come il guardiano del Pd per anni in Giunta come suo vice, Nicola Adamo e la di lui congiunta moglie Enza Bruno Bossio che assurge all’onore della santità politica essendo con non si sa quali titoli (aspetto che qualcuno me lo dica) nella direzione nazionale del Pd, così come l’ex assessore all’Agricoltura Mario “Piro” Pirillo e via con il tango. E vogliamo parlare delle vicende che hanno coinvolto il capo di gabinetto alla Regione Gaetano Ottavio Bruni. Il 10 ottobre 2009 l’onorevole Angela Napoli così si espresse con le agenzie di stampa: “Loiero ha nominato Bruni? Ma se è indagato!”
Anche per questo balletto di vergini Luigi De Magistris ha detto a Antonio Di Pietro: “Sostenere Loiero Agazio? Ma tu si pazzo”.
Io non sono De Magistris e dico: tutti innocenti fino al terzo gradi di giudizio però…Però vorrei ricordare che la moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni minimo sospetto e che Occhiuto, il Pd e l’Idv pongono per queste elezioni una discriminante: nessun indagato può essere candidato. Credo, per come lo conosco e lo conosco, che anche Scopelliti vorrebbe fare la stessa cosa (vediamo se potrà farlo, io non credo).
LOIERO AGAZIO E LA SAN(T)ITA’
Al senatore del Pd Beppe Lumia che gli chiedeva conto del ruolo da padrone svolto dalle cosche nella sanità calabrese, e alla possibilità che ci siano prestanome tra i politici calabresi che abbiano interessi nelle cliniche private o all’interno della sanità privata, il nostro difende tutte le scelte fatte (compresa quella di aver fatto fuori l’integerrima e incorruttibile Doris Lo Moro, ora parlamentare del Pd, suppongo) e poi serafico recita: “Non c'è dubbio che ci siano infiltrazioni nella sanità. Quanto alle cliniche private e ai prestanome, non abbiamo un potere d'indagine che permette di stabilire se c'è un prestanome, anche perché si tratta di un problema che dovrebbe avere prevalentemente il fisco: non è un mio compito. Non so se ce ne sono, nel territorio si dice ce ne siano ma io non ne ho idea. Da questo punto di vista
possiamo fare molto poco. Comunque, in queste ore ho cercato d'informarmi con grande diligenza. Abbiamo per molti motivi una sanità che ha tante difficoltà, ma non abbiamo strumenti d'intelligence”.
Ma c’è di più: senza colpo ferire il nostro racconta che tutti i manager che ha chiamato al capezzale della sanità calabrese, indigeni o da fuori regione, uno dopo l’altro sono scappati terrorizzati.
Io, che sono un bambino di modesta intelligenza, capisco da tutto questo che sulla Sanità e stato fatto 0 (zero, ribadisco).
LOIERO AGAZIO E GLI APPALTI
Un altro dei cavalli di battaglia del buongoverno di Loiero Agazio è la stazione unica appaltante, governata dall’ex magistrato antimafia Salvo Boemi, portato in processione mediatica agli occhi dei calabresi come la Statua di San Francesco di Paola. Al commissario Lauro oltre che al commissario Tassone che gli chiedeva per quale motivo la Sorical (l’azienda che gestisce la rete acquedottistica) fosse fuori dalla disciplina della stazione unica appaltante e al commissario Ida D’Ippolito che gli chiedeva invece il perché dell’esclusione dei subappalti dalla disciplina della stazione unica appaltante, essendo questa la vera porta di ingresso delle infiltrazioni delle cosche e non certo l’appalto vinto a monte, il nostro ha esclamato: “Non so se la stazione unica appaltante può interessarsi della task force per i subappalti, oggi è oberata di lavoro perché questi compiti sono delicati e, conseguentemente, lentissimi. Nella Sorical siamo presenti al 53% per cui teoricamente dovrebbe esserci, ma come la Regione ha un suo Presidente così la Sorical ha un amministratore delegato, il quale ha presentato una lunga memoria per dire che la società deve rimanere fuori dalla stazione unica appaltante. Questo però è un problema non risolto sul quale sto lavorando e in una delle prossime riunioni della giunta solleverò questo tema. Poi le farò sapere”.
Io, che sono un bambino di modesta intelligenza, capisco da tutto questo che la Stazione unica appaltante è una bella invenzione ma che a valle, cioè i subappalti, dove le cosche dominano tutto (dal movimento terra alle assunzioni, dal noleggio a caldo e a freddo ai pasti) è stato fatto 0 (zero, ribadisco). E l’esclusione della Sorical?
LE PERLA DI LOIERO AGAZIO: LA MASSONERIA
Il senatore dell’Idv Luigi Li Gotti, con sprezzo del pericolo in un consesso, quello parlamentare, in cui massoni coperti e scoperti pullulano come funghi dopo la pioggia, chiede conto del ruolo delle logge – in Calabria ce ne sono oltre 200 a quanto pare – nella politica e nella società. Anche i bambini in Calabria sanno che le logge decidono migliaia di dirigenti, assessori, candidati, funzionari, primari, professori universitari, giornalisti in carriera, avvocati, commercialisti. Insomma la classe dirigente (si fa per dire) della Regione, ritagliata a uso e consumo di compassi e grembiulini. Ebbene il candido Loiero Agazio prima così risponde: “Storicamente ci sono tantissime logge massoniche, specie nella Calabria del nord ma anche a Vibo Valentia, per una tradizione che risale a molti secoli fa”. Mizzica che lezione di storia! Quando il presidente Beppe Pisanu lo richiama all’ordine specificando che il senatore Li Gotti chiedeva di sapere se la presenza delle logge è concatenata all’attività della criminalità organizzata, Loiero Agazio che pure si picca di conoscere la Calabria come le sue tasche, si sveglia e dichiara: “Mi chiede un giudizio? Può essere che una parte lo sia ma sinceramente non sono in grado di dirlo. È un mondo lontano anni luce da me che per storia sono un cattolico e quindi non conosco profondamente il fenomeno”.
Può essere? Ancora per la cronaca: in Calabria gli iscritti alle logge sono tutti cattolici e come dimostrano le inchieste (da ultimo) del Pm Pierpaolo “pacman” Bruni, i grembiulini in Calabria li portano ormai anche gli insegnanti di scuola media per far carriera. Grembiulini, secondo l’accusa, sporchi. Tutto qui il contributo di Loiero Agazio ad una commissione antimafia che con sprezzo del pericolo (visto che al suo interno, probabilmente, massoni insospettabili ci saranno e a quanto mi risulta ci sono) chiede del rapporto massoneria deviata-politica-ndrangheta?
IL GRIDO DI DOLORE E SPERANZA DI LIBERA
Molti di voi penseranno che io stia esagerando
e che, come sempre, i giornalisti cercano il clamore. Bene. Detto che non ho bisogno né di consensi né di fama (amo i dissensi, mi beo dell’antipatia che suscito e adoro la discrezione) ecco a voi la sintesi della chiacchierata che ho fatto ieri mattina con Don Pino De Masi, grande e coraggioso prete responsabile di Libera per la Calabria e uomo che eredita in gesti e comportamenti l’anima di Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, cacciato dalla Calabria non solo perché era arrivato il momento della sua morte per mano violenta della ‘ndrangheta, ma anche perché massoneria, Opus Dei e malapolitica non vedevano l’ora che andasse a fare i suoi predicozzi altrove (è finito a Campobasso). “I Calabresi – mi spiega – hanno bisogno di due P maiuscole: Politica e Pulizia. Tanto a destra quanto a sinistra. L’ho detto chiaro e tondo l’altro giorno a Pierluigi Bersani in un colloquio privato. E’ inutile farsi rappresentare da una persona pulita se l’esercito è corrotto”. E l’esercito del Pd è corrotto, gli chiedo senza scompormi di fronte a un’affermazione fin troppo ovvio per chi conosce questa terra. “Sì – è la risposta secca – e lo è anche nel centrodestra e come tu sai qui partiti e coalizioni si confondono”. E il rischio che il voto sia inquinato, che le cosche comprino, vendino, trattino, telefonino c’è, chiedo. “Non è un rischio – risponde – è una certezza, soprattutto in certe zone, anche se piano piano la gente comincia a ragionare con la propria testa. Qui c’è bisogno di una rivoluzione culturale”. Ma Pino, incalzo, allora fate nomi e cognomi, esponetevi, gridate da chi stare lontani in campagna elettorale. “Roberto – spiega serafico – ma qui non sai mai chi ti trovi di fronte. A parole sono tutti paladini della legalità ma nei fatti…”.
Già i fatti, il contrario della Politica in Calabria. A Rosarno, città che non si dichiara né razzista né mafiosa (e io allora sono Padre Pio), davanti alla sede del Municipio commissariato da quasi un anno e mezzo, i cosiddetti cittadini spontanei avevano appeso ai cancelli e messo in bella vista ad uso delle telecamere un lenzuolo con su scritto: “Andrea Fortugno è innocente. Liberatelo” Andrea Fortugno fu arrestato nel dicembre 2008 per aver sparato a quattro immigrati nelle cartiera dove vivevano ammassati come bestie, ferendone in modo grave due. I fatti dicono che nessuno, tra i politici presenti, ha sentito il bisogno di far rimuovere quello striscione. Anzi, ne ho visto qualcuno, con i miei occhi, applaudire nel momento in cui è stato steso.
LE COSCHE IN CASA DEI CANDIDATI
Ecco questi sono i fatti nudi e crudi di fronte che alimenteranno l’esercito corrotto dei partiti: le cosche in casa dei candidati Governatori.
Sui fatti, i suoi fatti, Loiero ha potuto rispondere nell’unico modo in cui poteva, alla luce del nulla o quasi del suo Governatorato che gli veniva contestato non da me (umile e ignorante giornalista) ma dai commissari antimafia. Esercito di corrotti in Regione e, aggiungerei io, nelle altre istituzioni dove i clan si camuffano con la giacca e cravatta della borghesia mafiosa, esercito di corrotti nelle imprese che vivono con gli appalti che frodano Stato e Ue, esercito di corrotti che inquinano la sanità fottendosene di tutto e di tutti, esercito di corrotti travestiti con un cappuccio e un grembiulino nelle logge massoniche deviate di cui la Calabria è zeppa.
Sono cose che, per carità, gli sfidanti sanno e conoscono più di me.
Prego però per loro e siccome – lo dico subito – credo che verranno tutti sotterrati e sopraffatti dagli eserciti corrotti che li circondano, non vorrei che un giorno si trovassero, di fronte a un commissario che li incalza sbottando come ha fatto a un certo punto Lumia di fronte a Loiero Agazio. “Presidente Loiero, lei deve parlarci del rapporto tra ‘ndrangheta e politica. Non possiamo girare intorno a questo nodo…Vorrei conoscere il suo parere sui rapporti mafia-politica e mafia-impresa…”. E Loiero dixit: “ …nel 2005 l’elemento centrale della nostra attenzione fu la lotta alla mafia: non volevamo i voti della mafia. Ciò non esclude però che qualcuno li abbia presi, non esclude nulla, anzi, sicuramente qualcuno li ha presi…”
Occhio ai galoppini e alle liste Occhiuto (se sarai tu a correre), Scopelliti, Callipo e se anche avrete un solo dubbio, guardatevi alo specchio e ricordatevi che prima di obbedire al partito dovete rispondere a Dio, alla vostra coscienza e a quel po’ che rimane del futuro onesto della Calabria. Fare il Governatore non ve l’ha ordinato il medico e se il prezzo da pagare è farlo con i voti delle cosche e della nuova e potente borghesia mafiosa calabra, meglio morire di noia che di inchieste della magistratura e di stillicidio di notizie dei media.
Dio perdona, gli eserciti corrotti no.
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