C’è una notizia piccola piccola che vale la pena di raccontare ai miei lettori del blog.
Piccola non per importanza ma per come è stata trattata dai media: discreta rilevanza sulle tv locali, di routine su quelle nazionali, buona sulla stampa locale, quasi nulla su quella nazionale. Comunque la sintesi è che questa notizia è passata in cavalleria, soprattutto a causa dell’incapacità di noi giornalisti di leggere gli avvenimenti: ormai le notizia sono tutte uguali e poi vuoi mettere piazzare le tette della Bellucci in prima pagina: tira di più (il giornale)!
Eppure…Eppure vi assicuro che racconta meglio di mille inchieste il dramma della droga: spaccio e consumo.
La notizia arriva dalla Guardia di finanza di Roma che il 4 novembre ha sgominato un banda di corrieri della droga che arrivava dalla Turchia passando per la Lituania.
Fin qui nulla di strano. Un’operazione come tante. No.
Per garantirsi il buon fine dell’operazione il clan campano che gestiva il traffico teneva in ostaggio alle porte di Napoli una bambina lituana di 4 anni. La madre – una dei corrieri – era al tempo stesso consumatrice (“fatta” la descrivono le fonti giornalistiche” ) e spacciatrice.
Bene. Probabilmente non sarà il primo ostaggio preso per garantire il commercio di droga che come sapete è monopolio della ‘ndangheta che si avvale localmente di accordi e collaborazioni con altre mafie ma – a memoria – io non ricordo altri ostaggi in Italia e soprattutto di così tenera età. Altra cosa – e qui le cronache sono piene – sono gli ostaggi presi perché loro o i loro compagni criminali non hanno pagato partite ddi droga. Ma poco importa, quel che conta è il processo che stiamo vivendo in Italia, snodo vitale del commercio mondiale di droga.
Ora se qualcuno nutrisse ancora dei dubbi sulla “colombizzazione” o “messicanizzazione” (per restare agli ultimi sviluppi sulle rotte del narcotraffico) del nostro Paese, il piatto è servito.
Nelle mie inchieste sul Sole o su Radio24 mi è capitato infatti di raccontare storie di cittadini italiani – perlopiù calabresi – che vengono regolarmente tenuti in ostaggio a Bogotà o Città del Messico per assicurare il buon fine della compravendita della partita di droga. Se l’operazione riesce, l’ostaggio viene liberato, altrimenti paga un prezzo altissimo: la propria vita. Se credevate che ”Scarface” con l’indimenticabile Al Pacino romanzasse allorchè raccontava proprio il caso di un ostaggio che faceva da garante del traffico tra il Sud America e gli Stati Uniti, beh ricredetevi: la realtà supera la fantasia cinematografica. Ormai anche in Italia.
Nessuno, oggi, è in grado di dire quanti calabresi, italiani o comunque ostaggi siano stati uccisi in questi anni in Colombia e in Sud America per accordi mai conclusi o conclusi in maniera diversa da quella pattuita. Anche perché ormai in Colombia – e nel resto del Sud America – vivono stabilmente migliaia di calabresi di seconda generazione che parlano dialetto e spagnolo, che rapprersentano una “riserva naturale” dalla quale attingere: insomma, un mercato degli ostaggi low cost e fatto in casa.
Questa notizia racconta che ormai le cosche e i clan non hanno più alcuno scrupolo per arricchirsi e cancellare la concorrenza. La domanda sale, l’offerta non manca ma il mercato abbassa i prezzi e per lucrare e fare soldi non si guarda in faccia a nessuno.
Provate a chiedervi: ma se non fosse intervenuta la Guardia di finanza e il narcotraffico fosse andato in malora, che fine avrebbe fatto quella bambina di quatro anni portata in un ricovero (ritenuto) sicuro alle porte di Napoli (e chissa su quante connivenze avranno contato i rapitori)? La risposta è da brividi, ma solo per chi ha una coscienza. La domanda è rivolta soprattutto a quanti mi stanno leggendo e sono cocainomani: saltuari o abituali. Fatevi questa domanda e datevi la risposta, soprattutto quando pensate che voi con gli orrori della criminalità organizzata non c’entrate nulla. In fondo, una sniffata cosa sarà mai! Forse anche la morte di una bambina di 4 anni. Avete figli per caso?
Roberto.galullo@ilsole24ore.com