Che il Parlamento sia una porta girevole (anche) per affaristi poco raccomandabili non è una novità. Nelle (e dalle) nobili aule parlamentari sono entrati e usciti faccendieri, mafiosi, speculatori, evasori, contrabbandieri, trafficanti, massoni deviati, palazzinari e ogni tipo di personaggi loschi e sporchi: alcuni condannati, altri inquisiti, altri assolti per mancanza di prove, talaltri solo chiacchierati. Tutti costoro, comunque, fregiati (in sfregio a valori e principi) del titolo di onorevole. Anzi: Onorevole!
Bene. La scorsa legislatura fu contrassegnata – tra i tanti episodi incresciosi – da una Commissione bicamerale antimafia che ha fatto ridere l’intero mondo per la presenza di un nugolo impressionante di condannati con sentenza passata in giudicato e politici dal passato quantomeno opaco.
Per carità – per non passare per qualunquisti – va sottolineato che molti deputati e senatori erano degni di entrare a farvi parte: a partire, lasciatemelo dire, da Beppe Lumia (senza che questo suoni come una preferenza politica, cosa di cui non mi interessa assolutamente nulla) . Mi domando solo come poteva sedere e condividere – lui come altri e penso ad Angela Napoli e Rosa Callipari tanto per dividermi ancora tra le due coalizioni – notizie e analisi con talaltri personaggi, ma tant è.
Bene. Questa legislatura sembra dover partorire qualcosa di diverso anche se molto dipenderà dal presidente della Commissione antimafia che verrà eletto.
Il posto è assicurato a Forza Italia che però si sta scannando al suo interno intorno a tre nomi: Pisanu, Pecorella e La Loggia. Io non nominerei nessuno dei tre ma il mio giudizio vale (giustamente) quanto il due di coppe quando regna bastoni.
La Commissione nasce (apparentemente) diversa perché i primi nomi certi sono (anche) quelli di politici di peso che hanno fatto della lotta alla criminalità una ragione di vita. Ne cito tre a caso, sparsi tra centrosinistra e centrodestra: Raffaele Lauro, Achille Serra, Luigi De Sena (non a caso ex prefetti) .
Diversa anche perché accanto a nomi siciliani, calabresi, campani e pugliesi, emergono nomi e soprattutto cognomi del Nord e chissà che non servirà per dare una sveglia a quella parte del Paese che ancora crede che le mafie siano (solo) al Sud.
Diversa anche perché il Pd lascia fuori nomi di peso. Uno fra tutti: Maria Grazia Laganà, vedova di Francesco Fortugno, vicepresidente del consiglio regionale calabrese, ucciso dalla ‘ndrangheta il 16 ottobre 2005.
Sulla sua (pesantissima) esclusione ha avuto un peso decisivo la vicenda del fratello Fabio, chiamato più volte in causa come amico e confidente del sindaco di Gioia Tauro, l’ex Udc Giorgio Dal Torrione, arrestato il 13 ottobre per concorso esterno in associazione mafiosa. Ebbene: il fratellino usava per le sue interessate conversazioni telefoniche il cellulare dell’onorevole Laganà che si chiama fuori da questa brutta storia. Lei si chiama fuori e il Pd la sbatte fuori dalla Commissione antimafia.
Evidentemente al Pd tanto è bastato ma siccome non c’è nulla di più opinabile della politica, l’Udc (partito per il quale le indagini antimafia fioccano come la neve sulle Dolomiti) ha fatto una scelta uguale e contraria: Mario Tassone, punto di riferimento diretto di Dal Torrione come emerge dalle intercettazioni ambientali che hanno portato al suo arresto, viene confermato nella Commissione parlamentare.
E’ la politica bellezza, ma resta da vedere se questo peserà su una Commissione dove siederanno personaggi ad alto valore dialetticamente esplosivo come Antonio Di Pietro.
Se Tassone si guadagna la poltrona e Laganà in Fortugno la perde, chi non sembra rischiare è Nicola Cosentino, sottosegretario nientepopodimenoche all’Economia e Finanze del Governo, casalese, di Forza Italia. Il suo nome emerge in delicate inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Napoli come punto di riferimento politico del clan casalese Bidognetti. A chiamarlo in causa sono almeno cinque pentiti. Vero o falso che sia (alla magistratura il compito di appurarlo) un Paese degno di questo nome si dovrebbe quantomeno interrogare sul fatto, una maggioranza degna di questo nome anche e, infine, un’opposizione degna di questo nome dovrebbe porre la questione morale con la stessa forza con la quale ha soffiato sulle manifestazioni anti riforma scolastica.
Ora: il Paese dorme, la maggioranza russa e l’opposizione bofonchia nel dormiveglia. E nel dormitorio del Pd, invece di contare le pecore, il deputato Franco Laratta (un calabrese che entrerà in Commissione antimafia) per fortuna vigila e conta i colleghi che gli permetteranno di raggiungere il numero di 30 firme per presentare – a nome dell’opposizione – una mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario Cosentino..
Un’interrogazione alla quale il Governo sarà obbligato a rispondere. Pensate che bello se il Governo rispondesse il giorno in cui il Parlamento (entro pochi giorni) aprirà le porte per ascoltare l’ospite Roberto Saviano. Pensate: un confronto democratico con Saviano che ha denunciato il clan dei casalesi e, poco prima o subito dopo, maggioranza e opposizione si confrontano democraticamente su chi – l’onorevole Cosentino – proprio dei Casalesi sarebbe (secondo cinque pentiti e forse più) un rappresentante in giacca, cravatta e tesserino parlamentare.
Dai Parlamento, su maggioranza, alè opposizione: fateci sognare (in senso figurato ohibo!).