Chiesa anti-‘ndrangheta/3 Monsignor Oliva: «Stiamo cercando di fare del meglio allontanare la ‘ndrangheta»

Amati lettori di questo umile e umido blog da tre giorni, con voi, leggo e analizzo la splendida omelia che Monsignor Francesco Oliva, Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, ha celebrato il 2 settembre al Santuario aspromontano della Madonna della montagna. In altre parole nella famosa Polsi, dove sacro e profano si sono a lungo lasciati immortalare in abbracci mortali per la collettività non solo calabrese.

Rimando ai link a fondo pagina per i precedenti servizi e oggi ci concentriamo sul modo in cui la Chiesa ha trattato il grande talento del Santuario di Polsi e come se ne è avvalsa.

Monsignor Oliva, con un coraggio apprezzabilissimo, ha colto l’occasione di un esame di coscienza. Come Chiesa, ha affermato davanti alla solita numerosa e variegata platea, «stiamo cercando di fare del nostro meglio per tenere lontana la ‘ndrangheta. Abbiamo scelto la via del dialogo con le istituzioni civili per perseguire questo obiettivo e non ci tiriamo indietro per quanto ci compete sul piano formativo. Ed in questo sento anche il bisogno di ringraziare i vescovi che mi hanno preceduto. L’impegno senza risparmio di monsignor Ciliberti, l’azione pastorale di padre Giancarlo Bregantini, l’opera intensa di padre Giuseppe Fiorini Morosini nel denunciare la presenza invadente della mafia sono stati per me un segnale forte a continuare in questa direzione. Il loro impegno di promozione sociale e religiosa, ma anche di denuncia del fenomeno mafioso, è stato di grande spessore. Grazie alla loro azione pastorale questo santuario vive e continua a svolgere un ruolo molto significativo nel contesto della pietà popolare del meridione d’Italia. Questo acquista ancora più valore se si tiene presente il difficile contesto in cui hanno operato. Il nostro è stato un territorio macchiato di sangue. Non si può dimenticare la situazione della Locride al tempo dei sequestri, delle faide. Da allora ad oggi tanto è cambiato, grazie anche all’azione delle forze dell’ordine che hanno pagato un grande tributo di sangue. Così come l’ha pagato la Chiesa».

Il pensiero di Monsignor Oliva è andato a don Giuseppe Giovinazzo vice-superiore del santuario di Polsi trucidato in un agguato di stampo mafioso l’1 giugno 1989. Don Giuseppe Giovinazzo è stato assassinato sulla strada di Polsi: era andato al santuario per svolgervi il ministero sacro.

 

«Con il rettore del santuario –  ha detto il vescovo Olivaabbiamo pensato di allestire uno spazio della memoria con una lapide marmorea a suo ricordo. La titolazione a don Giovinazzo di questo anfiteatro e del largo antistante può essere un bel segno di riconoscenza. Con la memoria condivisa e la preghiera dobbiamo purificare questo luogo dal sangue versato e riparare i tanti misfatti compiuti da criminali senza scrupoli. E’ un nostro dovere morale. Il tributo di sangue pagato dalla nostra chiesa alla violenza assassina è stato molto alto».

Quello di don Giovinazzo si aggiunge all’assassinio di don Gennaro Amato, parroco a Crochi di Caulonia (8 marzo 1945), di don Antonio Esposito, parroco di Ciminà (6 luglio 1966). «Essi hanno dovuto affrontare arretratezze culturali, calunnie e maldicenze, violenze e persecuzioni. A tutti loro dico: grazie!» ha concluso Monsignor Oliva.

«Ben vengano le iniziative che trasformano il frutto del crimine in opere di solidarietà , il mio pensiero va all’utilizzo dei beni confiscati per dare casa a chi non ce l’ha –   ha continuato Monsignor Oliva –  . Ben vengano le iniziative sociali e formative organizzate nel nostro Santuario nel corso degli anni. In passato non sono mancate interventi sociali in collaborazione con la diocesi e le parrocchie. In tempo di guerra il Santuario ha accolto profughi e rifugiati. Molto positivo è stato il Concorso per le scuole intitolato alla “Madonna della Montagna di Polsi” che quest’anno ha avuto la sua prima edizione. Un concorso pensato per avvicinare i giovani al Santuario e per fornire loro percorsi di formazione alla legalità, alla solidarietà e alla cura del creato».

Trovo straordinario il richiamo del vescovo al fatto che la Chiesa sta «cercando di fare del meglio per tenere lontana la ‘ndrangheta» grazie alla collaborazione con le forze dell’ordine, alla necessità di un intenso percorso formativo interno alla Chiesa stessa e alla memoria dei propri martiri

«Chi viene in questo Santuario chiede e riceve il perdono – ha chiosato il vescovo Oliva – . Personalmente ancora una volta sento il bisogno di chiedere perdono al Signore per tutti coloro, che, con le loro azioni criminali, hanno profanato l’immagine ed i simboli religiosi del nostro Santuario. Chiedo perdono per i cristiani che si dicono devoti dell’immagine della Madonna di Polsi portandola con sé o conservandola nella propria casa, mentre il loro cuore è lontano da Dio. O mescolano la vergogna del crimine alla sacralità dell’immagine della Madre del Buon Pastore».

Ora mi fermo. Domani continuo.

r.galullo@ilsole24ore.com

3 – to be continued

(per le precedenti puntate si leggano

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2017/09/04/chiesa-anti-ndrangheta1-a-polsi-la-diocesi-di-locri-gerace-schierata-con-lo-stato-contro-le-interferenze-esterne/

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2017/09/05/chiesa-anti-ndrangheta2-lisolamento-di-polsi-parabola-dellisolamento-della-calabria-e-del-sud/)