Francesco Lo Voi: Cosa nostra ha una collegialità mobile (qual piuma al vento) e forse il capo assoluto non è Messina Denaro

Amati lettori di questo umile e umido blog, da ieri vi intrattengo (si fa per dire), sulla figura della primula rossa di Cosa nostra: Sua Latitanza Matteo Messina Denaro.

Lo faccio attraverso l’audizione che il capo della Procura di Palermo, Francesco Lo Voi, ha svolto il 4 novembre in Commissione parlamentare antimafia. Ieri ho scritto dell’aspetto oscuro che avvolge come un alone la sua più che ventennale fuga dalla Giustizia.

Oggi scrivo, invece, della sua attuale collocazione in Cosa nostra. Lo faccio perché – da tempo – analisti, investigatori e inquirenti ragionano sulla sua ritrosia ad assumere un ruolo di capo riconosciuto e riconoscibile di Cosa nostra. Ammesso e non concesso che la Commissione regionale non sia tornata a riunirsi (un attento e informato giornalista come Riccardo Lo Verso, il 25 settembre, ha scritto della possibilità che la Commissione regionale possa essere tornata a riunirsi) il capo della cupola di Cosa nostra (che a mio modestissimo e fallace avviso è cosa diversa dall’essere il capo di un sistema criminale di stampo mafioso, all’interno del quale albergano quelle componenti che, erroneamente, continuano ad essere reputate “esterne” anziché profondamente “intranee” e vitali per l’esistenza stessa di Cosa nostra, ‘ndrangheta e via di questo passo) sarebbe ancora Totò Riina (che non a caso, sbadato e ingenuo com è, nel carcere milanese di Opera si è lasciato andare con un perfetto sconosciuto compagno di girotondi nel giardino, a sbadate e ingenue riflessioni su Messina Denaro e compagnia cantante).

E ne scrivo anche perché – in queste settimane – molti miei coscritti (nel senso di iscritti purtroppo allo stesso Albo), in assenza di capi conclamati (saranno solo e unicamente gli sviluppi investigativi e giudiziari a dirci come stanno le cose), si sono inventati nuovi capi di Cosa nostra a ogni piè sospinto. Ogni foglia investigativa che si muoveva a Palermo e in Sicilia, ecco lì che era stato catturato il nuovo capo di Cosa nostra. Del resto, si sa, un capo al giorno leva la noia giornalistica di torno.

E veniamo allora al profilo che di Messina Denaro fa Lo Voi. Un profilo che (non da oggi) condivido e che – se solo si leggessero gli ultimi rapporti della Dia – emerge da tempo.

«Non è in discussione la struttura unitaria di Cosa nostra dirà Lo Voi recenti acquisizioni ci confermano che le regole anche con riferimento alla struttura continuano ad essere rispettate. Regole con riferimento alla struttura significa nella nostra lettura contatti tra uomini di diversi mandamenti o addirittura di diverse province per la soluzione di determinate questioni, il che vuol dire che la struttura è unitaria.   Da ciò a dire che esista un’unica autorità, come è avvenuto in passato attraverso non solo la commissione di cosa nostra, che di tanto in tanto si prova a ricostituire (recentemente le cronache ne hanno dato notizia), ma con riferimento al personaggio maggiormente carismatico che assume la veste di leader, forse ce ne corre. Probabilmente in questo momento non c’è il capo assoluto (attenzione, dico “forse” e lo sottolineo tre volte), però questo per certi versi rafforza la struttura storica di cosa nostra, che prevede non il capo assoluto, ma l’incontro delle espressioni dei vari territori. C’è una collegialità mobile (chiamiamola così) apparentemente senza un capo assoluto, posizione che non sembra (anche qui “sembra” sottolineato tre volte) in questo momento essere rivestita da Matteo Messina Denaro.

Qui ci si trova di fronte a un latitante decisamente diverso da quello a cui eravamo abituati prima. Mi sono occupato di ricerca di latitanti anche con qualche positivo risultato, da Bagarella a Brusca ad altri che non nomino, ma qui siamo in presenza di un latitante decisamente sui generis.

   È un latitante che controlla il suo territorio, ma che non per questo, dalle acquisizioni che abbiamo di questi ultimi anni, sta permanentemente sul suo territorio, siamo in presenza di un latitante che, come la recente operazione del 3 agosto ha dimostrato, continua a utilizzare i pizzini per lo scambio delle informazioni, ma allo stesso tempo non escludiamo che utilizzi sistemi di comunicazione molto più moderni, tecnologici e meno controllabili.   Siamo in presenza di un latitante evidentemente mobile sul territorio, non solo sul suo territorio d’origine, perché alcuni elementi di valutazione ce lo danno mobile sul territorio nazionale e al di fuori del territorio nazionale, quindi siamo in presenza di una serie di attività finalizzate alla sua cattura che sono estremamente complesse, che vedono impegnate attualmente il meglio delle forze di polizia presenti in Italia, le eccellenze in un gruppo interforze appositamente costituitosi tra raggruppamento operativo speciale dei carabinieri e servizio centrale operativo dalla polizia, con il parallelo, periodico affiancamento in determinate attività della Dia o della Guardia di finanza, a seconda delle varie emergenze investigative, che sta lavorando senza tralasciare nulla».

Alla luce di questa condivisibilissima analisi, passo e (per ora) chiudo. A domani con una nuova tappa.

2 – to be continued (per la precedente puntata si legga http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/12/01/sua-latitanza-matteo-messina-denaro-e-lombra-lunghissima-della-massoneria-parola-a-francesco-lo-voi/)

r.galullo@ilsole24ore.com