Il 24 marzo il presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sulla morte di Aldo Moro, Giuseppe Fioroni (Pd), nel trovarsi di fronte il capo della Procura di Tivoli, Luigi De Ficchy (che aveva istruito il processo Moro quinquies), è chiaro nel presentare l’audizione: l’area di interesse è il ruolo (eventuale) avuto da personaggi di matrice ’ndranghetista durante i giorni del sequestro di Moro e il flusso di informazioni proveniente da questi ambienti verso Benito Cazora, ex deputato della Democrazia cristiana. Gli approfondimenti su questo mondo li abbiamo visti nel post di ieri (rimando al link a fondo pagina).
L’AVVOCATO CALABRESE DI CUTOLO
Oggi proseguiamo con il profilo relativo all’eventuale ruolo svolto nella vicenda Moro dalla Nuova camorra organizzata (Nco) di Raffaele Cutolo. De Ficchy ricorda bene i vari contatti dei politici della Dc con gli esponenti della criminalità organizzata e, tra questi, rammenta le dichiarazioni dell’avvocato di Reggio Calabria Francesco Gangemi, difensore di Raffaele Cutolo, che in quel periodo era latitante tra Lazio e Campania
De Ficchy ricorda che l’avvocato, anche lui vicino alla Dc, chiese a Cutolo se potesse attivarsi per trovare la prigione di Moro. Era il 1978, epoca in cui la Banda della Magliana era in un momento di grande energia, di grande forza e di grande controllo del territorio. Il capozona di Cutolo su Roma era Nicolino Selis, che ricevette questa richiesta da parte di Cutolo. La contropartita avrebbe dovuto consistere in piccoli benefici penitenziari che si potevano concedere tramite i magistrati dell’esecuzione senza sconvolgere nulla nel Codice.
LA BANDA DELLA MAGLIANA NON POTEVA NON SAPERE
L’audizione di De Ficchy, da questo momento diventa interessante. «C’è stato un periodo di tempo in cui ovviamente l’avvocato ha dovuto riportare queste richieste a chi poteva eventualmente decidere in senso favorevole – dirà il procuratore capo di Tivoli –. La Banda della Magliana non poteva non sapere. Io sono convinto di questo. Nicolino Selis, infatti, ritorna da Cutolo e gli dice che è pronto a rivelare dove stava questa prigione. Parliamo sempre prima del 9 maggio. Loro sapevano, erano in grado di dirlo e di riferirlo e di fare un’attività positiva. Sta di fatto che poi, quando si rincontrano Cutolo e l’avvocato Gangemi, se non ricordo male, c’è una caduta di interesse su questo filone. Praticamente, non va avanti e viene detto… Gangemi riferirebbe a Cutolo che praticamente le persone che gli avevano dato questo mandato esplorativo non erano più interessate ad andare avanti».
CADUTA DI INTERESSE
Il presidente Fioroni chiede se Cutolo o l’avvocato Gangemi avessero fatto riferimento a chi, come, quando avessero avuto questa caduta di interesse e De Ficchy risponde che non venne fuori nulla e che, sentito Gangemi, non si riuscì ad andare avanti su questo filone.
C’è però, subito dopo, un racconto che desta l’attenzione della Commissione. «Se non ricordo male ho interrogato anche Nicola Lettieri – dirà infatti De Ficchy – che all’epoca era il sottosegretario agli interni ed era presidente del Comitato di crisi. L’ho interrogato proprio in riferimento a questa questione, ma non mi ricordo con precisione. So che Cutolo disse di essersi incontrato con Lettieri, che gli aveva promesso i soliti benefici…». Su sollecitazione del commissario Miguel Gotor (Pd), De Ficchy racconta che l’incontro tra Lettieri e Cutolo avviene mentre quest’ultimo è latitante e che a raccontarlo è lo steso Cutolo, che in realtà dice con «un inviato di Cossiga (all’epoca ministro dell’Interno, ndr)». «Ovviamente Lettieri ha negato» conclude De Ficchy che aggiunge anche che, pur in assenza di foto o riscontri, quella era «una traccia sicuramente giusta» per trovare la prigione di Moro perché «la Magliana conosceva dov’era Moro».
Il presidente della Commissione Fioroni riassume: Cutolo dichiara espressamente di essersi incontrato con l’inviati di Cossiga e che «loro avevano trovato qualcosa da dire, diciamo così, che poteva essere benissimo dov’era il covo, perché in aggiunta Selis sosteneva che fosse vicino a qualcosa di… solo che, quando comunicano che hanno la capacità di dirlo, chi doveva avere interesse a saperlo non l’ha voluto più sapere». E quando De Ficchy guardandolo risponde: «Perfetto», Fioroni sa che può osare qualcosa in più e proclamare: «Questo è il motivo per cui Cutolo ogni tanto si ricorda di dire che, se parla lui, muore il mondo».
Ma a quel punto si “libera” anche De Ficchy: «Perfetto, presidente. È proprio così. Avevano individuato dov’era Moro. Potevano intervenire, ma poi non c’è stato un prosieguo. Siamo probabilmente ai primi giorni di maggio. C’è, ovviamente, una fretta particolare, una necessità di fare queste cose con grande velocità. Non si capisce perché poi non sia andato avanti questo discorso, come non si è capito come mai non sia andato avanti il discorso che ha riguardato la mafia, cioè Cosa nostra. Io ho partecipato meno a queste indagini. Le ho seguite anch’io, ma le hanno seguite in particolare i colleghi Palma e Ionta, che erano i titolari dell’inchiesta su Gladio. Io avevo quest’indagine su Moro. Avrei potuto benissimo avere anche quest’indagine su Gladio, perché, come sapete, Gladio nasce con il ritrovamento delle carte a via Monte Nevoso. Siamo nel 1990. Si ritrova questo memoriale di Moro e si fa riferimento a Gladio, che poi diviene notoria con l’onorevole Andreotti, presidente, che…lo annuncia in Aula».
IMMANCABILE COSA NOSTRA
Fioroni, sull’abbrivio, allora insiste: «Lei ha il ricordo che anche la mafia era pronta a dire dove stava, ma che cadde l’interesse» e De Ficchy non si lascia pregare: «Lì c’era Buscetta. Le dichiarazioni di Buscetta erano che Buscetta era stato incaricato da Stefano Bontade di trovare la prigione e che doveva essere trasferito da Cuneo a Torino. Ovviamente, tutto questo doveva essere fatto con il beneplacito della Commissione. Poi ci sono le dichiarazioni di Mannoia, sempre dell’epoca, secondo cui Calò inizialmente si era opposto ad attivarsi per trovare la prigione di Moro. Poi, in realtà, era stato costretto dalla decisione della Commissione. Buscetta doveva essere trasferito da Cuneo a Torino, dove c’erano dei brigatisti con cui lui avrebbe dovuto parlare, ma poi questo trasferimento non si realizzò. Mi ricordo che partecipai all’interrogatorio non so se di Buscetta o di Mannoia, però… ».
E quando Fioroni, commenta che «invece che una caduta di interesse, fu un venir meno di ciò che poteva fare», a De Ficchy non resta che chiosare in questo modo: «Non c’è stato il trasferimento, diciamo così. Sono questi i tre filoni più sostanziosi che hanno riguardato quest’attivazione della criminalità organizzata con, purtroppo, l’omissione all’ultimo momento di un concreto darsi da fare per trovare la prigione di Moro».
2 – the end (per la precedente puntata si veda
ma si vedano anche
e anche