Cari e amati lettori di questo umile e umido blog, dalla scorsa settimana sto trattando ancora della vicenda relativa alla morte dell’urologo Attilio Manca che secondo le risultanze delle indagini della Procura di Viterbo (città nella quale risiedeva e operava) è morto l’11 febbraio 2004 per una overdose. Sarebbe morto da drogato colui il quale, secondo la famiglia Manca, avrebbe verosimilmente operato il boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano in quel di Marsiglia (Francia).
Non vi tedio neppure oggi con le decine di anomalie che la famiglia Manca ha sollevato in questi 11 anni con forza e disperazione sul quel suicidio. Ciò che conta è che l’8 aprile i legali della famiglia Manca hanno chiesto ufficialmente alla Procura di Roma di riaprire le indagini (denuncia per omicidio di mafia) e che lo stesso 8 aprile l’ex magistrato Antonio Ingroia, oggi legale della famiglia con il suo collega Fabio Repici, è andato in Commissione parlamentare antimafia per lanciare un durissimo atto di accusa non solo contro la Procura di Viterbo (dove ha in corso un indagine per calunnia) ma contro un mondo che su quella morte ha fatto muro. Un mondo di relazioni sul quale (peccato) Ingroia finora non ha affondato del tutto, riservandosi verosimilmente di farlo nel prosieguo.
Alla fine dell’audizione (rimando alla puntata di giovedì scorso ed alcuni altri servizi che ho recentemente dedicato alla vicenda nei link a fondo pagina) alcuni commissari antimafia hanno chiesto a Ingroia quale potrebbe essere stato il movente e il contesto che avrebbe portato all’omicidio di Attilio Manca.
Ecco la risposta di Ingroia: «Con riferimento al movente, senza voler evocare complotti internazionali, la messinscena e il depistaggio fanno intendere che non siamo di fronte a quello che noi chiamiamo un omicidio di mafia. La mafia c’entra, ma è ovvio che, come suol dirsi in questi casi, mafia non solo mafia.
Noi riteniamo che l’ipotesi più plausibile sia che Attilio Manca è rimasto vittima del muro di protezione eretto attorno a Bernardo Provenzano, perché Bernardo Provenzano era il garante sul versante mafioso della famosa trattativa Stato-mafia. Attilio Manca può essere stato indotto a sua insaputa, per esempio – è un’ipotesi, una possibilità – dal cugino Ugo Manca, che è stato indagato ed è stato sottoposto a processi, le cui impronte digitali sono state trovate a casa di Attilio Manca e che non ha saputo fornire una spiegazione plausibile di tali impronte digitali.
La sua versione è che lui in quel periodo era andato all’ospedale di Viterbo a farsi curare. Non si capisce perché dovesse partire da Barcellona sino all’ospedale di Viterbo per andarsi a fare curare, non si sa di che, e che sono rimaste le sue impronti digitali a casa del dottor Manca. Peraltro, ci sarebbe stato molte e molte settimane prima dell’evento, ma, guarda caso, sono rimaste solo poco più di quelle impronte digitali.
Ugo Manca, che era al centro di relazioni pericolose – chiamiamole così, per non prendersi un’altra incriminazione per calunnia – potrebbe aver indotto Attilio Manca, con il quale aveva mantenuto dei buoni rapporti, a curare un personaggio forse strano, ma che magari Attilio Manca non pensava fosse addirittura Bernardo Provenzano. Ricordiamoci tutti che, quando venne arrestato, Provenzano era sostanzialmente irriconoscibile rispetto alle foto che normalmente circolavano e che tutti noi immaginavamo.
Ipotizziamo che, a un certo punto, Attilio Manca abbia cominciato a capire qualcosa e che Ugo Manca, e così chi era collegato e vicino a lui, abbia avuto paura che Attilio Manca, parlando, avrebbe esposto lui. Ugo Manca sarebbe stato eventualmente, quale garante di Attilio Manca, agli occhi della mafia, il primo a essere ritenuto responsabile, qualora fosse saltato qualcosa nel circuito di protezione attorno a Provenzano, con tutto ciò che ne sarebbe conseguito.
Forse così il movente è facilmente spiegabile, tenuto conto che, ripeto, se è vero quello che si sta celebrando nel processo a Palermo, ossia la trattativa Stato-mafia, in cui Provenzano aveva un ruolo cruciale, lo scopo poteva essere quello di mantenere Bernardo Provenzano latitante il più a lungo possibile e di non far scoprire di quale rete di protezione godesse.
Peraltro, Bernardo Provenzano, secondo alcune risultanze, è stato a lungo nel barcellonese e dintorni. Il riferimento alla Madonna che fa Lo Verso – come è noto, c’è la famosa Madonna di Tindari, che non è molto lontana da Barcellona Pozzo di Gotto – sembra essere una possibile allusione a una presenza di Provenzano in quella zona, dove (sto facendo delle ipotesi che mi sono state chieste) sarebbe potuto avvenire il primo incontro e il primo contatto fra questo paziente e Ugo Manca e Attilio Manca. Attilio Manca potrebbe essere stato poi chiamato a Marsiglia per fare una visita di controllo immediatamente prima e una visita di controllo immediatamente dopo l’operazione a Marsiglia.
Tutto questo potrebbe costituire un movente più che plausibile per tutta la messinscena. Diversamente, non si capisce il perché. Se Attilio Manca fosse stato ucciso con due colpi di pistola lungo le strade di Viterbo, in quel caso, inevitabilmente la procura distrettuale antimafia di Roma se ne sarebbe dovuta occupare. In questo modo, invece, se n’è potuta occupare per anni una piccola procura di provincia dove potevano passare sotto silenzio vicende di questo tipo. Mi pare di avere risposto a tutto».
Su richiesta del commissario Giuseppe Lumia (Pd) Ingroia si intrattiene sulla figura di Ugo Manca. Così: «Ugo Manca è stato indagato in questo procedimento, ma è stato archiviato senza sostanzialmente alcuna indagine, senza che sia mai stato interrogato e senza che gli siano mai state contestate e chieste le ragioni di quelle impronte digitali.
Ugo Manca è stato più volte oggetto di indagini e di processi per i suoi legami con la mafia barcellonese e con il personaggio di Rosario Pio Cattafi, più volte indagato. Ricordo che l’ho indagato anch’io nella famosa indagine – famosa per me – sui sistemi criminali, perché è stato l’anello di collegamento fra il versante mafioso militare e il versante della massoneria e dei Servizi.
Cattafi ha avviato un inizio di collaborazione, che però mi pare piuttosto deludente rispetto alle sue premesse. Io ho seguito i primissimi mesi – ero ancora in magistratura – di avvio della sua collaborazione con la procura di Messina e non mi pare che abbia raccontato ciò che ha da riferire.
Ugo Manca è esattamente in questo ruolo di anello di collegamento. Ecco perché corrisponde – non voglio dire che sia responsabile dell’omicidio – a quell’ambiente, a quel milieu dentro il quale, secondo me, si possono collocare, rispondendo alla domanda sul movente, i legami fra la criminalità organizzata attorno a Provenzano e gli ambienti della massoneria e dei Servizi, in cui è maturata anche la famigerata trattativa Stato-mafia».
E il legame con Provenzano, qual è, chiede sempre Lumia?
Ingroia risponde serafico: «Tutto nasce da quella informativa sostanzialmente a contenuto falso della squadra mobile, che fa restringere l’accertamento sui giorni in cui Provenzano era curato dentro la clinica. Invece, la verifica andava fatta, e così abbiamo sollecitato anche la procura di Roma a fare, per il periodo immediatamente antecedente e successivo, che è compatibile con i fogli di presenza di Manca in ospedale».
Per ora mi fermo qui. Domani, doverosamente, darò conto del punto di vista della Procura di Viterbo.
2 – to be continued (per le precedenti puntate e sullo stesso argomento si leggano anche