Il 21 gennaio, alle 15.20, la Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti in trasferta in Liguria, ha audito il prefetto di Genova, Fiamma Spena.
La sua testimonianza è un inno ai limiti che lo Stato incontra nella lotta alle mafie.
Partiamo dal movimento terra, della quale anche i sassi sanno che è ormai da oltre 40 anni un terreno privilegiato di infiltrazione. Ebbene non tutta l’attività del movimento terra viene monitorata dalla prefettura, che se ne occupa nell’ambito del Gruppo interforze quando effettua attività ispettive sulle grandi opere. Diversamente la prefettura effettua il controllo di prevenzione antimafia di carattere cartaceo, ossia acquisisce i rapporti informativi di tutte le Forze dell’ordine e gli elementi dalle informazioni antimafia trasfuse nella banca dati unica nazionale dei provvedimenti ostativi antimafia. «Questa attività di prevenzione antimafia ha gli accessi sui cantieri solo sulle grandi opere nell’ambito del Gruppo interforze – rafforza il concetto Spena – altrimenti è una verifica sui requisiti di moralità, assenza di condizioni antimafia che viene svolta dal punto di vista di analisi di banche dati, non sul posto».
E allora andiamo, virtualmente, anche noi sul posto, vale a dire sui cantieri. Quello che il prefetto dichiara alla Commissione bicamerale presieduta dal Pd Alessandro Bratti, lascia senza parole perché la sensazione è quella di uno Stato che dà la caccia ai fantasmi. «Le famiglie che operano e che sono state oggetto di accertamenti – dichiara infatti Spena – mi risulta che continuino a lavorare, perché alcune delle ditte che sono state oggetto di accertamenti poi chiudono, esauriscono la loro funzione, falliscono, questi soggetti si inseriscono in altre attività. Se queste attività contratta con la pubblica amministrazione e viene chiesta una nuova informativa antimafia, è chiaro che noi ritiriamo il provvedimento antimafia».
Insomma, quando lo Stato riesce in maniera certa e rigorosa a verificare la presenza della criminalità organizzata, lo Stato stesso assiste ad un abbandono dell’azienda e alla formazione di altre aziende, in cui i soggetti spesso si inseriscono. «Comincia quindi un nuovo ciclo di accertamento quando questo nuovo soggetto viene nuovamente a contrattare con la pubblica amministrazione e si rende necessario attivare una verifica antimafia – conclude Spena – oppure se si fanno controlli su subappalti o subaffidamenti nell’ambito di attività di indagini o di verifica ispettiva. Questo è quanto avviene di frequente nell’ambito di questo settore».
Come a dire: fatta la legge, trovato l’inganno e lo Stato…a rincorrere.
TOCCA AL PROCURATORE
Il 21 gennaio tocca anche a Michele Di Lecce, procuratore generale della Repubblica di Genova, essere ascoltato.
Il suo esordio è netto e mette in evidenza subito quale sia la differenza che passa tra la verità processualmente accertata (in via definitiva) e la realtà dei fatti: «Per quella che è l’esperienza della Procura di Genova e in questo momento segnatamente della Direzione distrettuale antimafia che fa capo a me – afferma Di Lecce – posso dire che nell’ambito della gestione in senso lato dei rifiuti noi non abbiamo alcuna evidenza di presenza di criminalità organizzata in questo settore. Ovviamente la situazione è purtroppo diversa e abbiamo avuto anche una decisione tre mesi fa dal Tribunale di Imperia per quanto riguarda la criminalità organizzata di stampo mafioso, in particolare la ‘ndrangheta, nell’area del Ponente, dove c’è stata una prima sentenza che ha condannato 27-28 soggetti per 416 bis, quindi è già un dato che, almeno a livello di giudizio di primo grado (poi vedremo lo sviluppo giudiziario), ne ha affermato la presenza. Quella presenza non aveva però riferimenti diretti con la gestione in senso lato dei rifiuti».
Per ora mi fermo ma domani torno con una nuova puntata.
r.galullo@ilsole24ore.com
2 – to be continued (per la precedente puntata si veda