La parte analitica della relazione della Dna relativa al distretto della Corte di appello di Milano avrebbe potuto essere molto ma molto più incisiva e di prospetto ma sono sicuro (visti i precedenti clamorosi di alcuni anni fa) che questo non sia da attribuire al consigliere della stessa Dna Maurizio Romanelli. Anzi.
Ciò detto, la cosa migliore è riprodurre le conclusioni che hanno il pregio della sintesi.
«Alla luce di quanto emerso dal complesso dell’attività svolta dalla Dda di Milano, sia nel corrente anno che nei periodi precedenti, può concludersi che in Lombardia i sodalizi di matrice calabrese hanno ormai realizzato una presenza stabile e preponderante dal punto di visa criminale.
Del resto la ‘ndrangheta è certamente l’organizzazione criminale maggiormente orientata ad esportare le proprie articolazioni operative, nonché le conseguenti condotte criminali, dai territori di origine, attraverso un modello di vera e propria colonizzazione del territorio.
Le attività investigative svolte in tutta la regione hanno evidenziato come la ‘ndrangheta, senza abbandonare i lucrosi affari connessi al narcotraffico, alle estorsioni, all’usura e agli altri delitti “tipici”, sia orientata anche alla realizzazione di finalità economico-imprenditoriali e al condizionamento degli apparati amministrativi.
Ed infatti, favorita dalla crisi economica perdurante ormai da vari anni, e dalla conseguente restrizione del credito bancario, la ‘ndrangheta riesce a porsi come interlocutore privilegiato degli imprenditori in cerca di linee di credito non convenzionali. In tal modo essa entra in affari con le imprese, sovente realizzando in breve tempo l’assoluto controllo delle stesse ed esautorando i precedenti titolari.
L’efficacia di tale sistema di penetrazione è rappresentato dall’omertà che si genera nelle vittime, che molto raramente si prestano a collaborare con gli organi inquirenti. Tale atteggiamento non deriva soltanto dalla paura di danni alla propria persona o ai beni aziendali, ma è anche riconducibile proprio ai pregressi o persino concomitanti rapporti “confidenziali” con i componenti del sodalizio (richieste di prestito, richieste di recupero crediti, altri favori).
Quanto al condizionamento politico-istituzionale, l’infiltrazione della ‘ndrangheta si esplica nel tentativo di acquisire appalti, nell’avvicinamento di funzionari da corrompere e nel sostegno elettorale che viene fornito a personaggi vicini alle cosche o addirittura considerati promanazioni delle stesse, in vista di futuri e rilevanti vantaggi per l’organizzazione.
Ma la prevalenza della ‘ndrangheta sul territorio lombardo non ha mai realizzato forme di assoluta egemonia, di controllo territoriale secondo il modello tipico della regione di origine. Pertanto le altre organizzazioni mafiose italiane, nonché i sodalizi stranieri, hanno trovato i loro spazi in forza di una sorta di “patto criminale”.
In particolare la mafia siciliana continua a gestire una serie di lucrose attività illecite, soprattutto connesse con il traffico degli stupefacenti, mentre la presenza di consorterie criminali legate alla “camorra”, pur documentata dalle indagini della Dda, si realizza più che tramite vere e proprie strutture organizzate operanti sul territorio, attraverso il radicamento di soggetti che, avvalendosi dei loro trascorsi e delle loro relazioni familiari con elementi facenti capo a vari clan camorristici, sono in grado di porre in essere sofisticate e pericolose attività criminali».
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