Cari e amati lettori di questo umile e umido blog, l’11 maggio 2017 Nando Dalla Chiesa, direttore dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università Statale di Milano, ha presentato in Commissione parlamentare antimafia un rapporto riservato alla criminalità straniera nel nord.
Martedi abbiamo letto un’interessante analisi sulle conseguenze del diritto di voto a chi, presente in Italia, vive di criminalità organizzata e può dunque mettere a pessimo frutto un pacchetto di voti e di relazioni sociali ed economiche (né più né meno di quanto già fanno da sempre le mafie italiane).
Ieri si ci siamo spostati su un piano più “didattico” che ha spiegato dove e come si collocano i 5 grandi gruppi di organizzazioni: quelle dell’est europeo, la criminalità cinese, quella centrafricana, quella nordafricana e quella sudamericana.
Oggi analizziamo, infine, un aspetto fondamentale nei giochi di poteri economici, finanziari e sociali non solo italiani ma dell’intero globo terracqueo: la mafia russa che, come abbiamo accennato ieri, è soprattutto presente della riviera romagnola, che viene interessata da investimenti e presenze.
Già nel 2001, ha ricordato Dalla Chiesa, si spiegava che la mafia russa tendeva a riciclare su Parigi. Si scelgono dunque grandi aree come la Romagna o grandi capitali europee come Parigi nelle quali andare a riciclare senza pretendere di controllare il territorio. Non abbiamo (ancora) casi di organizzazioni russe che abbiano cercato di impadronirsi del territorio, che siano andate a estorcere o fare usura. Portano i propri capitali, portano i propri delinquenti, controllano in proprio i beni in cui investono, ma non c’è per ora una tendenza a fuoriuscire.
«Il “per ora” è sempre opportuno – ha spiegato il professore della Statale di Milano – perché lo dicevamo anche per la criminalità cinese, che invece è esondata tranquillamente dal suo perimetro. Non possiamo mai dire quali sono gli effetti degli investimenti. Ricordo sempre che Falcone convinse le autorità elvetiche dicendo “voi pensate di avere solo i loro soldi, ma prima arrivano i soldi e poi arrivano loro con i loro metodi”. Qui noi non sappiamo se succederà la stessa cosa. Con la ’ndrangheta è sicuramente successo, e chi non l’ha capito in tempo penso che abbia il dovere, non il diritto, di piangerlo, ma in questo caso non lo sappiamo».
I capitali che vengono investiti, spiega il rapporto, sono capitali che nascono da quel groviglio criminale che si è realizzato in Russia e in alcuni Paesi dell’ex impero sovietico tra industria di Stato, petrolio, traffico di armi, traffico di stupefacenti, presenza di capitali sporchi che arrivano dall’esterno, ma è indubbio che i capitalisti che sono diventati ricchi attraverso il crimine lo sono diventati in una relazione di alta frequentazione con la sfera pubblica. «Non sarebbe stato possibile altrimenti», chiarisce Dalla Chiesa.
Gli studi che sono stati fatti sugli anni ’90 sul disfacimento dell’impero sovietico, sulla vendita dell’industria pubblica, l’aiuto che è stato dato ad alcuni magnati per impossessarsi di un pezzo di industria pubblica sempre d’accordo con esponenti politici e i collegamenti anche tra queste industrie, la politica e i servizi segreti, tutto questo ha prodotto in un impero così armato un disfacimento dove molti erano i modi di dialogare tra gruppi criminali e di incontrarsi e di generare questi capitali.
Ma cosa fanno in Italia? «C’è un’inchiesta fatta circa venti anni fa da Federico Varese, che è un mio collega di Oxford – ha affermato il docente universitario di Milano – che si mette a studiare anche le intercettazioni telefoniche e ambientali non a fini giudiziari, che ha riscontrato che il gruppo russo che aveva cercato di stabilirsi a Roma non ha cercato di svolgere attività sul territorio, ma ha cercato contatti con il livello politico, con il livello burocratico, che aveva le stesse facce e gli stessi nomi che colloquiavano con le organizzazioni criminali italiane. È stato impressionante per me ritrovarlo. A chi telefonano? Di chi cercano la protezione? Delle stesse persone che vengono cercate dalle organizzazioni criminali italiane, quindi sanno quali sono i rapporti che devono stabilire, non viaggiano a vuoto, portano capitali, li investono e presumibilmente li fanno fruttare, soprattutto quando ci sono operatori italiani in difficoltà, come nel settore turistico in Romagna. Se infatti ho difficoltà a tenere in piedi l’albergo con buoni margini di profitto, lo vendo a chi arriva con molti capitali».
Bene (si fa per dire). Ora mi fermo qui e domani cambio pagina.
3- the end (per le precedenti puntate si leggano
http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2017/06/07/mafie-italiane-o-straniere-ce-un-solo-comun-denominatore-il-ruolo-centrale-e-mortale-di-milano-e-della-lombardia/)