Speravo (ma non immaginavo) che l’articolo che ho dedicato mercoledì allo stato di solitudine e isolamento istituzionale ancor prima che sociale nel quale il Palazzo di Giustizia di Palermo si trova ad operare, fosse letto da migliaia di persone (rimando per la lettura al link a fondo pagina).
Ringrazio dunque le migliaia di lettori che oltre a leggere e commentare, hanno condiviso e continuano a condividere il pezzo sui social network.
Come amo ripetere da 11 anni a questa parte – da quando cioè ho lasciato per libera scelta, sofferta ma condivisa dall’allora direttore Ferruccio de Bortoli, il mio ruolo di caporedattore per abbracciare quello di inviato sui temi dell’economia criminale e della criminalità organizzata – ogni anello (compreso quello che quotidianamente giunge da questo umile e umido blog) contribuisce a rafforzare quella catena di legalità di cui l’Italia ha sempre più disperato bisogno.
Mercoledì ho dato conto – all’interno del ragionamento sull’isolamento dei magistrati, tema molto più delicato che non le minacce ricevute o percepite che, ahinoi, fanno parte del loro vissuto quotidiano – della paradossale situazione vissuta dal pm della Dda di Palermo Maurizio Agnello (magistrato capace, rigoroso e schivo) che, correva il 3 maggio 2014, ricevette la lettera di un condomino, infilata nella sua cassetta postale, che si lamentava (a nome dei condomini tutti) delle misure di prevenzione prese a tutela della vita del magistrato, invitato a «comprare una casa altrove, magari nello stesso palazzo di qualche suo collega così da evitare un doppio disagio per tanta gente per bene…. Perché noi condomini dobbiamo avere limitazioni di posteggio proprio di fronte al portone e subire ogni giorno l’assalto dei vigili?».
Due giorni fa invitai il pm Agnello – che decise di appendere la lettera nella bacheca condominiale sollecitando l’anonimo a uscire allo scoperto – a farmi sapere che risultati avesse sortito quel suo invito all’anonimo (e vigliacco) estensore. Ebbene, mai avrei creduto di dover conto di una situazione che – parafrasando il ragionamento che facevo sul cambio climatico nella società siciliana – volge sempre più al cattivo tempo.
Non solo, infatti, nessuno è uscito allo scoperto ma si è giunti al paradosso per il quale la zona di rimozione da poco istituita per motivi di sicurezza sotto la casa del pm (una misura fondamentale a tutela di chi è davvero a rischio di vita) viene «violata» dai sereni clienti di un bar a poca distanza.
Ora – al di la della già ripugnante assenza di tatto e sensibilità da parte di chi contravviene quel divieto posto a salvaguardia di un loro e nostro Servitore dello Stato – vi domanderete: «Sarà magari qualche sbadato che non fa caso al cartello?»
Come no! Parafrasando la barzelletta dell’autista ubriaco che andando contromano in autostrada e accendendo la radio sente che c’è un pazzo che semina il terrore contromano e tra sé e sé riflette che non è uno ma sono almeno 200, gli sbadati a Palermo crescono come i funghi, visto che la violazione è «sistematica» e c’è persino chi parcheggia comodamente in doppia fila per tracannarsi la birretta.
Allora voi vi chiederete: «Ma non c’è nessuno che invoca il rispetto dell’educazione, ancor prima che far rispettare una disposizione amministrativa?».
Come no? La risposta data telefonicamente al pm Agnello dalla Polizia Municipale è che, vista la carenza di personale, è impossibile controllare tutte le zone di rimozione della città. Saranno lieti di saperlo gli indegni quaquaraqua di Cosa nostra: le Istituzioni alzano le mani e si arrendono per mancanza di personale!
Ora, vista l’impossibilità anche solo di far rispettare un banale cartello stradale, mi domando e vi domando come possano essere garantiti (per il pm Agnello e per quanti si trovano in tutta Italia nella sua stessa condizione) gli standard minimi di sicurezza.
Lancio allora una proposta provocatoria che sarebbe uno straordinario segnale di civiltà se fosse accolta dai palermitani: non è meglio eliminare la “burla” del divieto di parcheggio e affidare il controllo della zona di rimozione, con un gesto di richiamo ai doveri morali, etici e di partecipata democrazia, ai proprietari del bar o ai volontari delle “scorte civiche” ai magistrati?
Sarei curioso di sapere se i proprietari del bar e gli avventori dello stesso bar, dai primi sollecitati e istruiti, accetterebbero la sfida di partecipazione diretta – e molto più impegnativa della mescita o della bevuta di una birretta – con il loro piccolo ma significativo “anello”, alla catena di legalità. E quanto sarebbe bello se l’anonimo estensore della lettera – a nome dei condomini tutti, come a nome dei condomini tutti aveva manifestato il disappunto per la presenza del magistrato antimafia – facesse mea culpa e partecipasse alla catena di legalità.
In attesa di saperlo e in attesa di conoscere e denunciare (scrivetemi, sono qui per raccontare) tutte le storie di disattenzione democratica all’incolumità dei Servitori dello Stato (non solo magistrati e certamente non solo in Sicilia), il pm della Dda di Palermo Maurizio Agnello ha scritto al capo della Procura di Palermo, Francesco lo Voi, denunciando la sistematica violazione di quel divieto e il rischio che quotidianamente, per tutti noi, corre.
(si legga anche il precedente http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/04/15/in-sicilia-il-clima-e-cambiato-un-intero-palazzo-di-giustizia-rifiutato-dai-palermitani-i-precedenti-e-la-denuncia-di-scarpinato/)