C’è sempre qualcosa di autolesionistico in Calabria, soprattutto quando le cose volgono al peggio.
Oggi Legautonomie Calabria ha diffuso presso l’Università della Calabria il rapporto sullo stato delle autonomie calabresi.
Esamino qui la parte che più propriamente compete a questo blog, vale a dire la parte relativa alla sicurezza.
Il dato che più fa notizia è quello relativo al numero di attentati o azioni intimidatorie ricevuti dagli amministratori calabresi.
Lo scorso anno sono stati – tra diretti e indiretti – 106, vale a dire che siamo sui livelli di tre anni prima (nel 2007), quando furono 110 e comunque con un rilevante aumento rispetto ai circa 70 dei due anni precedenti (2008 e 2009). Guarda un po’, lo scorso anno sono aumentati proprio mentre era in corso la campagna elettorale per le elezioni regionali.
Vogliamo scommettere che anche quest’anno – con le tante tornate amministrative comunali e provinciali – gli attentati seguiranno un trend preoccupante? Tanto per citare un esempio, nella notte tra sabato e domenica è stata data alle fiamme l’auto del sindaco di Crotone, Peppino Vallone. Neppure a dirlo, Crotone andrà al voto. Che coincidenza!
Eh si perché la costante è che gli attentati e le intimidazioni (vere, tentate o presunte) aumentano sotto le elezioni. Chi le compie? La vulgata è ovviamente quella del “messaggio” che può giungere dalle cosche (ma non è detto che ciò avvenga per avversarne il corso amministrativo, anzi, magari per incoraggiarlo: “vai avanti così, bravo, altrimenti questo è solo un assaggio”), ma può giungere anche dagli avversari. In casa o fuori dalla propria coalizione politica. Non meravigliatevi se buona parte di questi attentati è inventata, vale a dire fatta in casa. Sapete quante buste con proiettili giunte ad amministratori locali sono state spedite…dai medesimi interessati? Ricevere un bossolo fa tanto martire, sciacqua la coscienza e dà un’immagine di eroe. Così è se vi pare. E anche se non vi pare.
Dal 2000 a oggi le azioni intimidatorie sono state in tutto 863: al primo posto c’è ovviamente la provincia di Reggio Calabria (244), poi Catanzaro (197), Vibo Valenza (172), Cosenza (138 alla faccia della provincia “babba”) e, stranamente, in coda c’è Crotone (112).
Nel 2010 gli episodi sono stati registrati in 65 Comuni diversi (il che vuol dire che nel mirino ci sono stati più amministratori o più volte lo stesso).
Dal 200s a oggi sono invece 217 i Comuni interessati almeno una volta dal fenomeno, ossia il 53% del totale dei comuni calabresi. Meglio dire uno su due.
Nel 2010 il 27% degli attentati ha coinvolto sindaci, il 22% consiglieri, il 19% assessori, il 10% gli immobili e il 9% i candidati. Il resto ha varie destinazioni.
Tra le tipologie di intimidazioni vincono le lettere, i messaggi o gli ordigni inesplosi (38,6% del totale), poi autovetture danneggiate (17%) e via andare con il resto.
Qualunque persona di buon senso a questo punto si chiede: e i Comuni – ammesso e pur concesso che la sicurezza e principalmente una funzione nazionale – quanto e come si danno da fare per aumentare la sicurezza all’interno del proprio territorio? Quanto e come spendono?
Ebbene i dati di Legautonomie Calabria prendono come punto di riferimento il 2008 (ultimo anno utile a disposizione per omogeneità di bilanci analizzabili).
A fronte di una spesa corrente di 1,49 miliardi solo il 5% è stato speso per la “polizia locale” (in Italia la media è del 6%). Vale a dire 38 euro procapite, contro i 49 dell’Italia.
Nello stesso anno gli investimenti sono stati di 628 milioni e di questi solo lo 0,1% è andato per la polizia locale (in Italia la media è 0,4%).
E’ pur vero che in Calabria le esigenze sono tante e tutte drammaticamente urgenti (per primi i servizi di welfare e sanitari) ma è pur vero che in territori ad altissima densità mafiosa il tema della sicurezza non può e non deve essere lasciato alle sole risorse statali.
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