Cari amici di blog da alcuni giorni sto trattando dell’ordinanza firmata il 15 aprile dal Gip della Procura della Repubblica di Venezia Luca Marini. Con quel provvedimento la magistratura ritiene di aver debellato una rete legata al clan dei Casalesi che operava in Veneto, in Emilia-Romagna, finanche in Sardegna e in Trentino-Alto Adige e che ruotava attorno alla finanziaria Aspide di Padova, società di vigilanza che ha poi aggiunto alla sua ragione sociale anche il recupero dei crediti. L’infiltrazione avveniva a colpi di prestiti a usura a imprenditori in difficoltà e senza più credito dalle banche. Scattava poi l’estorsione di quote societarie e di intere aziende a pagamento del debito usurario.
La cricca, secondo la Procura, le pensava tutte e non si faceva mancar nulla per attirare come mosche gli imprenditori in difficoltà. Aspide partiva dalle campagne pubblicitarie in cui si proponeva la riscossione crediti e il finanziamento. Ci troviamo, insomma, di fronte ad una sorta di “marketing mafioso”, una forma evoluta della pubblicità, pur se va specificato che bisognerà attendere comunque l’iter giudiziario e gli eventuali passi processuali prima di esprimere qualunque forma di giudizio definitivo.“Hanno offerto, rivolgendosi con forme di pubblicità varia – si legge nell’ordinanza – a un numero di persone potenzialmente illimitato di clienti, servizi di finanziamento come provano i contratti pubblicitari stipulati con la PubliePolis spa, la pagina pubblicitaria della Aspide srl presente in Internet e le copia delle inserzioni sul quotidiano Il Padova”.
Tra le aziende cadute nella rete dagli uomini dei Casalesi in Trentino c’è “Il Grattacielo srl”, società di compravendita di beni immobili a Rovereto, che il 26 marzo 2010 passa sotto il controllo di Antonio Parisi e Ciro Parisi, due dei 29 indagati arrestati a metà aprile.
“Il Grattacielo srl” detiene il 12% di Wellplanet, un’altra azienda di Rovereto che gestisce palestre e centri wellness. Gli uomini del clan dei Casalesi, tra aprile e maggio 2010, tentano – «con metodi inequivocabilmente mafiosi» scrive il giudice – di costringere i titolari di Wallplanet a riscattare la quota minoritaria del Grattacielo ad una cifra spropositata: 200mila euro. Questa volta – e sarà l’unico caso registrato – la titolare reagisce e denuncia la tentata estorsione. “Il reato non si è poi perfezionato – si legge per la precisione nell’ordinanza – poiché le vittime, ricevuta la richiesta estorsiva, in luogo di accettare hanno denunciato i fatti alla Guardia di finanza di Rovereto nel giugno del 2010 e di ciò gli indagati hanno avuto notizia attraverso una richiesta di documenti avanzata da quel comando al notaio Arnone che è il professionista di fiducia del sodalizio”.
Non si può certo dire che la “banda” sgominata dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia non sapesse come e dove colpire. Le vittime erano sempre aggredite nel momento di maggior bisogno o difficoltà. Come si legge nella documentazione raccolta il 10 dicembre nell’archivio di Aspide, “Il Grattacielo srl” è gravata di debiti ma con crediti attivi e partecipazioni sociali.
OBERATI DI DEBITI
E su quest’ultimo aspetto “non ci piove”. I Carabinieri di Vicenza con la nota 178/5-16 del 9 febbraio 2011 hanno trasmesso infatti alla Procura di Venezia la documentazione ottenuta dalla Guardia di Finanza di Trento relativa all’esposto presentato da Sabrina Brunialti (non indagata), rappresentante legale della Im.Sa che detiene l’83,6% del capitale di Wellplanet (il restante è diviso tra Blue city che detiene il 4,4% e Grattacielo srl che detiene appunto il 12%).
La rappresentante legale riferisce che entrambe le società da lei controllate sono fortemente indebitate, che Wellplanet Srl esercita la gestione di palestre, centri fitness e wellness e in particolare, gestisce la palestra denominata “Area 39” a Rovereto e che a seguito dell’acquisizione del “Grattacielo srl”, altra società fortemente indebitata, emissari dei nuovi soci (indicati nell’amministratore unico Antonio Parisi oltre che Cristian Tavino, Ciro Parisi e Angelo Nattino, tutti indagati) si sono recati il 31 marzo 2010 presso la sede della palestra pretendendo di visitare l’intero centro benessere.
Nei giorni successivi Brunialti entrava più volte in contatto con il gruppo, al quale si aggiungeva una persona che si qualificava come consulente contabile. Tutti le riferivano di operare per conto di un “dottore, una persona che partita dal niente, ora ha un esercito”. Poco dopo, di notte, sul suo cellulare, da una delle utenze utilizzate dagli emissari dei nuovi soci, le giunge un mms con l’immagine di un bambino di circa tre anni e il messaggio “Ciao Sara sono Ciro”.
MOZZARELLE CHE BONTA’
Ma c’è di più. In un’altra occasione le si era presentato in ufficio Cristian Tavino e le aveva recapitato ciò che a suo dire era “l’unica cosa buona che hanno laggiù”, ossia mozzarelle prodotte dal caseificio Reccia di Casal di Principe.
La consegna a Brunialti delle mozzarelle del caseificio Reccia non è affatto casuale ma risponde ad un preciso disegno intimidatorio attraverso il riferimento al cosiddetto “clan dei Casalesi”. Il caseificio Reccia srl di Casal di Principe appartiene a soggetti, così si esprime la Procura di Venezia “aderenti” al clan dei Casalesi, a fine marzo detenuti e la stessa azienda, negli scorsi anni, era stata sottoposta a sequestro preventivo nell’ambito di una indagine della Dia di Napoli nei confronti tra gli altri, del titolare Stefano Reccia, si legge sempre nell’ordinanza, “esponente di spicco del clan camorristico dei Casalesi”.
Le reali intenzioni del sodalizio criminoso venivano esplicitate il 16 aprile 2010 in occasione di un incontro tenutosi a Trento presso lo studio della commercialista di Brunialti al quale, oltre alla stessa Brunialti, presenziavano Walter Caldonazzi, marito non indagato di Brunialti, il legale rappresentante della Blue City srl, Ivano Corradin, nella veste di commercialista della “controparte”, Antonio Parisi e Cristian Tavino. Nel corso dell’incontro venivano illustrato il bilancio e l’entità delle perdite della Wellplanet, pari a 294.462 euro ma Cristian Tavino chiedeva che venissero consegnati loro 200 mila euro per uscire dalla società, altrimenti “avrebbero messo qualcuno a lavorare in palestra”.
PROPRIO SOPRA LA FINANZA
Brunialti riferirà che i toni utilizzati dai tre erano perentori e che Corradin, invitandola con toni duri a formulare una proposta di acquisto delle loro quote, aveva aggiunto che “i suoi erano clienti affaristi che agiscono a modo loro e che i conti sono una cosa e gli affari un’altra” aggiungendo che sarebbe stato meglio per tutti che ciò avvenisse, in quanto “non sono persone che rimangono a fare le comparse” e che quindi non sarebbe stato opportuno averli in società in quanto se fossero rimasti avrebbero preso tutto “perché ci avrebbero dovuto lavorare dentro a modo loro”.
Sempre secondo il racconto di Brunialti, Cristian Tavino dichiarò che la società “Il Grattacielo srl” era stata loro ceduta in regalo a scatola chiusa. L’alternativa che Tavino avrebbe paventato era quella di liberarsi del socio di maggioranza e di assumere la carica di amministratore. Di fronte alla reticenza da parte di Brunialti a cedergli la quota di maggioranza, Tavino avrebbe aggiunto che per lui la palestra avrebbe potuto bruciare l’indomani mattina, che c’erano molti sistemi per sistemare le cose riferendosi alla necessità di ricevere le indispensabili garanzie bancarie e che le spiegazioni sarebbero state fornite prossimamente, dal momento che sarebbe stato sufficiente riflettere su quanto detto.
Il 20 aprile 2010 Cristian Tavino contatta telefonicamente Brunialti, le dice di essere un ex poliziotto e di avere ancora i suoi informatori, riferendosi verosimilmente al fatto che proprio nei locali sopra la palestra, c’è la sede del Comando della compagnia della Guardia di finanza di Rovereto.
Dopo alcuni giorni Tavino e Antonio Parisi si recano nell’ufficio del geometra Caldonazzi, tornando sulla proposta di cessione delle quote e dicendogli: “Ci dia almeno 50 mila euro…non sono per loro, ma per i loro amici in carcere”. Al rifiuto di Caldonazzi, prima di andarsene, gli dicono: “Il Dottore l’aspetta a Padova”.
IL GIUDIZIO
Il racconto di Brunialti, scrive il Gip nell’ordinanza, “risulta all’evidenza di elevatissima attendibilità ma è anche provvisto di numerosi riscontri provenienti sia dal carteggio rinvenuto nell’archivio dell’Aspide sia dagli accertamenti svolti dagli investigatori sull’attività di acquisizione di società portata avanti con metodi illegali dal sodalizio criminale. E’ del tutto evidente che le pressioni esercitate dagli esponenti del sodalizio campano avevano il fine di spingere la controparte a offrire loro una importante somma di denaro per non trovarseli poi presenti nella gestione e conduzione delle attività ancora redditizie della Wellplanet ed è altrettanto evidente che gli insistiti riferimenti al clan dei Casalesi, alle eventualità di incendio delle palestre ed ai metodi spicci e illegali (“clienti affaristi che agiscono a modo loro e che i conti sono una cosa e gli affari un’altra”) altro non sono che una forma di intimidazione mafiosa per indurre Brunialti a consegnare loro una ingente somma di denaro che non gli spettava. Invero a fronte di perdite di esercizio per 300mila euro la quota del 12% della Wellplanet, messa in liquidazione il 2 dicembre 2010, valeva poco più di niente e non legittimava in alcun modo la richiesta di una buonuscita di 200mila euro”.
L’ultima questione da evidenziare riguarda la ragione per cui il sodalizio criminale ha abbandonato la pretesa estorsiva nei confronti di Brunialti dopo l’ultima visita, il 22 aprile 2010, al marito Walter Caldonazzi in cui comunicavano che vi sarebbe stata una convocazione a Padova dal “dottore” ossia Mario Crisci, il presunto capo dell’associazione.
Brunialti non ha riferito di ulteriori contatti ma l’ordinanza chiarisce che non c’è stato alcun passo indietro nella pretesa estorsiva. Da un lato c’è stata la ferma opposizione delle vittime e dall’altro, soprattutto, l’interessamento della Guardia di finanza – con la richiesta di informazioni al notaio Luca Arnone di Lendinara, che non è indagato – che hanno evidentemente convinto Crisci e i suoi complici che il progetto estorsivo non era più conseguibile. Ha avuto effetto, dunque, la nota che la Guardia di finanza di Rovereto ha inviato al notaio chiedendogli copia del contratto di cessione di quote della società il Grattacielo dai signori Mosna ad Antonio Parisi. “E’ comunque pacifico che nel corso della riunione del 16 aprile 2010 con i titolari della Wellplanet e Blue City – scrive il Gip – gli indagati Ivano Corradin, Christian Tavino, agendo per conto di Mario Crisci e di Antonio Parisi e Ciro Parisi hanno posto in essere atti idonei diretti inequivocabilmente alla commissione di una estorsione del valore di 200mila euro, ridotta il 22 aprile a 50mila euro a conferma della assoluta pretestuosità di ogni cifra a fronte di sole perdite di esercizio”.
Bene. Per ora ci fermiamo qui ma non perdetevi la prossima puntata. Ci sarà ancora da riflettere.
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