E’ sufficiente leggere l’ultima relazione della Procura nazionale antimafia per rendersi conto che questa piccola regione, burocraticamente divisa in due province (Isernia ospita gli stessi abitanti di Pisa mentre Campobasso ha poco più dei residenti di Modena) deve ormai essere considerata, a tutti gli effetti, permeabile alle mafie.
“Il rischio è che il Molise venga individuato come luogo di riciclaggio di profitti delittuosi nell’ambito dell’acquisizione della gestione o del controllo di pubblici esercizi da parte di clan camorristici – scrive sinteticamente il sostituto procuratore nazionale antimafia Maria Vittoria De Simone – o come tranquilla base operativa per curare interessi radicati altrove, ovvero ancora per preparare penetrazioni criminali in loco o come semplice riparo, favoriti dall’accentuata capacità di mimetizzazione della matrice criminale dei soggetti”.
In assenza di organizzazioni criminali locali strutturate sul modello tipicamente “mafioso” e protese al controllo pervasivo del territorio, il Molise si presta dunque all’insediamento di gruppi nazionali e stranieri attivi nello sfruttamento della prostituzione e nel narcotraffico, nello smaltimento illecito dei rifiuti, nel reimpiego dei proventi in immobili e attività commerciali nelle località costiere, nonché al controllo degli appalti pubblici.
Il dinamismo dell’area di Venafro nel Molise occidentale e lo sviluppo dell’area industriale e commerciale di Termoli, nel versante orientale, costituiscono ulteriori poli di attrazione della criminalità organizzata.
Il Molise è stato il terminale di cospicue risorse statali per la ricostruzione a seguito del terremoto che colpì la provincia di Campobasso il 31 ottobre 2002. Quel giorno lo ricorda tutta Italia, non fosse altro che per la tragica morte di 27 bambini seppelliti dalle macerie di una scuola a San Giuliano di Puglia.
Non sono mancati altri fondi a pioggia per la realizzazione di nuove opere pubbliche e infrastrutture, anche stradali e, sebbene in misura marginale, le risorse per il post-alluvione che agli inizi del 2003 funestò vaste zone delle zone del Basso Molise, nel Termolese.
Soprattutto una valanga di soldi è arrivata per costruire la nuova superstrada tra Termoli e San Vittore, che ha dato origine al procedimento relativo all’ indagine “Piedi di argilla”.
La stessa posizione geografica è alla base di numerosi procedimenti contro la criminalità organizzata dedita al traffico di stupefacenti, anche su rotte internazionali, che hanno attraversato i territori molisani.
Le zone elettive per il rifornimento delle organizzazioni locali, che si occupano della logistica e della cessione al dettaglio, sono nella provincia di Napoli, in quelle pugliesi e nel territorio romagnolo, non poi così distante e crocevia di traffici internazionali.
Il Molise è soprattutto territorio di passaggio lungo la direttrice Sud-Nord, attraversando in senso verticale la zona adriatica della costiera di Termoli. Assai più modesto il traffico lungo la direttrice orizzontale est-ovest, nel senso che dalla Capitanata (Puglia) si dirige nel Napoletano, attraversando anche la provincia di Isernia ed, in particolare, il Venafrano.
I CAMION TOSSICI
“Cominciano ad essere iscritti procedimenti relativi al ciclo dei rifiuti coinvolgenti personaggi legati a consorterie mafiose, ed è ormai fatto notorio che a tale nuovo business la mafia è la prima interessata. Il fenomeno assume connotati preoccupanti in quanto giungono dalle indagini e dai procedimenti in corso forti segnali di interessi della camorra nella regione per quanto riguarda questo tipo di affare. Il Molise infatti si sta rivelando non come zona di transito, ma punto finale di arrivo per lo smaltimento di rifiuti pericolosi, terra idonea ad occultare discariche abusive con la compiacenza di alcuni proprietari di cave e terreni e scempio dell’ambiente”: così scriveva nella relazione di fine 2009 della Procura nazionale antimafia il sostituto procuratore Olga Capasso. “È stato registrato negli ultimi mesi un via vai di camion per trasporto rifiuti nel tratto Caianello-Venafro-Isernia-Boiano – continuava nella sua analisi – sino ad arrivare nella zona di Campobasso. In un recente passato, nei pressi di Venafro, sono stati fermati camion che trasportavano rifiuti tossici spacciati per fertilizzanti e destinati alla concimazione dei terreni agricoli.” Lo stesso sistema utilizzato in provincia di Caserta, dove sono stati avvelenati migliaia di ettari di terreno. “Per quanto riguarda Isernia – concludeva il pm – sono state segnalate e sequestrate circa una ventina di discariche abusive negli ultimi due anni, nelle quali sono stati sversati dai rifiuti urbani a quelli chimici, non procedendo poi ad alcuna successiva bonifica dei siti”.
Emblematica dell’interesse della criminalità organizzata è la vicenda emersa a seguito di una indagine, svolta dalla Squadra mobile di Campobasso, sulla riferibilità di una cava a Colle Alto di Morcone (Benevento) – al confine con il territorio molisano e in particolare a ridosso del Comune di Sepino (Campobasso) – ad un soggetto ritenuto collegato alla criminalità organizzata del beneventano e sottoposto a misure di prevenzione (un sequestro preventivo di 10 milioni). Le indagini hanno evidenziato che avvalendosi di una fitta rete di fedelissimi, oltre ad essere il reale “dominus” della cava, gestiva direttamente diverse società attraverso le quali controllava e condizionava appalti pubblici. Il sito di stoccaggio era adibito per raccogliere 300mila eco-balle e secondo quanto scrive De Simone nella relazione 2010 della Procura nazionale antimafia “soggetti legati alla criminalità organizzata avevano acquistato, tramite asta giudiziaria, il terreno in questione originariamente utilizzato per l’estrazione di materiale inerte e ricadente nell’area individuata quale sito di stoccaggio”.
Proprio sul sequestro della Cava di Colle Alto di Morcone, disposto dalla Procura della Repubblica di Benevento. l’Osservatorio molisano legalità (Oml) il 12 luglio di quest’anno ha scritto una lettera al pm Armando D’Alterio, della Direzione distrettuale antimafia di Campobasso.
La missiva, indirizzata anche alla prefettura e a tutte le Istituzioni locali, recitava così: . “Nei due mesi del doppio presidio della cava da parte dei comitati popolari campani e molisani – scriveva Michele Petraroia – si sono verificati diversi episodi insoliti che hanno confermato l’asprezza e la pericolosità sociale dello scontro in atto. Non si profilava solo un rischio di inquinamento ambientale e delle falde acquifere del Tammaro ma era in gioco un’infiltrazione pericolosissima di ben altro livello che avrebbe comportato conseguenze disastrose per quel territorio e per la nostra regione. Tra gli episodi mi limito a segnalare le visite alla cava con “consigli” ai manifestanti. Solo i nervi saldi e la fermezza dei promotori della manifestazione, insieme alla competenza delle Forze dell’ordine e della Questura di Benevento, seppero evitare conseguenze peggiori”.
2 – the end (la precedente puntata è stata pubblicata il 17 agost
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