Le corpose analisi della Dia, la Direzione investigativa antimafia, al ministero dell’Interno e da questi al Parlamento, sono sempre un capolavoro di equilibrismo politico.
Compito che non è proprio di questo organismo ma, sapete com è, in Italia tutti teniamo famiglia.
Se parlerete con chi ha l’impegno di mettere sui binari le relazioni, vi sentirete raccontare tante belle balle: tempi tecnici di raccolta dei dati (oggi, che basta spostare un mouse per aprire archivi mastodontici!), tempi tecnici di scrittura (oggi, che basta un modesto stenografo convertito per avere rapporti chilometrici ogni giorno!) ma, soprattutto, i tempi tecnici del “signor Ministro”.
Sapeste quante volte me lo sono sentito dire dai miei amici in Dia! Era l’unica parte vera, reale, delle scuse per i ritardi nella pubblicazione. E già perché al “signor ministro” di turno va consegnato un elaborato asettico che dica ma non dica, che esalti ma non troppo, che colori ma non scolori, che attizzi ma non abbatta, che smussi ma che non spezzi, che dica insomma che tutto va bene madama la marchesa ma in fin dei conti non così tanto.
Esercizio difficilissimo e umiliante per persone che mettono cuore e anima in ciò che fanno e che magari, mentre scrivono, sanno che le auto dei propri colleghi non hanno benzina, le fotocopie non hanno il toner, un pc su due è rotto, la carta igienica nel cesso è un ricordo e i pm con i quali lavorano gomito a gomito stanno anche peggio.
Anche per questo motivo le relazioni semestrali – mappazze di 600 pagine a botta, che arrapano solo i giornalisti malati come chi vi scrive mentre molti “giornalai” miei colleghi si accontentano quasi sempre delle veline da sbattere in pagina per la tranquillità di tutti- giungono con 8 mesi di ritardo.
La singola relazione non è dunque un’istantanea del fenomeno mafioso (non può esserlo per il ritardo con il quale viene data alla luce) né tantomeno un approfondimento scientifico (non può esserlo perché le collezioni di notizie e numeri inseriti ha bisogno di tempo per essere spiegato analizzate).
Le relazioni semestrali – che in ogni caso adempiono a un compito importante perché immortalano tante realtà in piena corsa ed evoluzione – assomigliano semmai a un book fotografico.
LA RELAZIONE DI FINE 2010
In pieno agosto, per la precisione il 13, quando notoriamente gli italiani e le italiane si arrapano con i rapporti della Dia più di quanto si possa fare di fronte a una perizomata in spiaggia o a un palestrato sul bagnasciuga, il Governo ha diffuso l’ultima relazione che – si badi bene – si riferisce al periodo luglio/dicembre 2010.
Una relazione che al Governo (a questo come a tutti i precedenti) è servita per mostrare i muscoli: abbiamo preso tot latitanti, sequestrato x beni, confiscato y immobili e bla bla bla. Le mafie non sono morte ma moribonde. Auguri e tutti in coda al casello più sereni!
Nella nobile arte del dire e non dire – nella quale i democristiani erano un tempo eccelsi – c’è una prima parte che mi ha colpito molto (le altre le vedremo nei prossimi giorni): quella relativa a Cosa nostra.
Eh sì perché gli analisti della Dia scrivono una cosa devastante: il tessuto tumorale mafioso è in fase di oggettiva disgregazione ma – attenzione al “ma” – contemporaneamente cresce il rischio di diffusione e di “silenzioso impianto” (testuale) nel sociale.
Le due cose sembrerebbero in apparente contraddizione e riconducono al sottile equilibrio, anche linguistico, del quale mi sono dilungato in premessa.
Quel che scrive la Dia è micidiale per chi vuole leggere il seguito.
Le metastasi più pericolose sono quelle “imprenditoriali, politiche e finanziarie”, che non sono cloni dei picciotti ma soggetti “evoluti nel tempo, progrediti, riservati, dinamici e vitali”, che sanno coniugare al metodo criminale, ereditato dalla storia di Cosa nostra, “una più sottile e meno appariscente cultura manageriale”.
Siore e siore, traduco: per rassicuravi lo Stato ci dice che il tessuto mafioso fatto di coppole e lupare non esiste più e ci dice che oramai la borghesia mafiosa siede nelle imprese, nei salotti, nei cda, nei collegi sindacali, nelle banche e nelle finanziarie. E sai che scoperta “signor Ministro”!
Ora, se l’Italia fosse un Paese normale, questo dovrebbe farci tremare come una traversa dopo un tiro di Francesco Totti o di Giggirriva. Sapere che il tumore è diventato metastasi nella politica, nell’economia e nella finanza dovrebbe togliere il sogno a tutti. Vuol dire minare le basi della società. E invece chissenefrega! Tanto gli italiani mica la leggono le relazioni della Dia…
La mafia camaleontica e manageriale costituisce il compendio più avanzato dei comportamenti previsti e puniti dall’articolo 416 bis del codice penale, giungendo addirittura a influenzare, per riflesso, la composizione dei vertici associativi del palermitano.
Questi soggetti – lo dice la Dia, non lo dico io – resistono a tutto, sono meglio dell’acciaio temperato e la futura tendenza (gli analisti si esprimono come i sociologi del costume e della moda) sapete qual è? Eccola: “Il radicale tentativo di allontanamento formale dalla originale radice mafiosa, sì da rendere sempre più elusiva e meno tracciabile la loro filiazione criminale”.
Ed è solo a questo punto che alla Dia scappa un “poffarbacco signor ministro” (perché è vero che la relazione è del ministero dell’Interno al Parlamento, ma è pur sempre vero che il primo interlocutore delle Forze dell’Ordine è proprio il Viminale): solo abbandonando gli stereotipi è possibile capire la gravità di questa minaccia e prevenire il rischio che il Paese sia minato alla base.
Comunque italiani, non c’è di che preoccuparsi. I picciotti sono ar gabbio, le chiappe sono al sole e la coda per il ritorno a casa può ancora aspettare. Chissenefrega se nel frattempo Cosa nostra continua a rigenerarsi, stringere alleanze, investire miliardi, istruire una classe mafiosa borghese, controllare nuove fette di territorio anche lontane dalla Sicilia e magari si sta mangiando un’impresa in difficoltà, ne sta ricapitalizzando un’altra decotta e ha già puntato sui cavalli giusti in politica!
A breve cari amici con un’altra lettura molto, molto interessante, che emerge dalle carte della Dia. Questa volta sulla segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio.
1 – to be continued
p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica poco dopo le 00.05. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.i
t. Attendo anche segnalazioni e storie.
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