Il 5 dicembre 2009, quando ha ricevuto una maglia personalizzata, Rino Gattuso non avrà certo immaginato che la società calcistica Schiavonea C. 97 sarebbe stata accusata, di lì a pochi mesi, di essere una cassaforte del riciclaggio di una cosca di ‘ndrangheta.
Il giorno dopo, il 6 dicembre, scherzando sul suo arrivo come giocatore alla società di calcio calabrese e tagliando il nastro dello stadio rinnovato, non avrà fatto caso che forse al suo fianco, nel bagno di folla, c’erano anche i fratelli Maurizio e Fabio Barilari. Quest’ultimo (arrestato così come il fratello) diventa rappresentante legale e vice presidente della società di calcio e di una ditta di verniciatura. Entrambe le società, afferma l’inchiesta che per tre anni ha portato la Guardia di finanza a indagare su delega della Procura di Catanzaro, tramite l’emissione di fatture per operazioni inesistenti in tutto o in parte, fornivano la copertura contabile a flussi di danaro illecito frutto delle estorsioni. Ad esempio veniva simulata in tutto o in parte l’esecuzione di lavori di tinteggiatura ed il relativo compenso, coperto da fattura commerciale, era in realtà l’importo dell’estorsione imposta all’imprenditore committente dei lavori.
Questo aspetto, sebbene tra i più importanti perché certifica che ormai, soprattutto al Sud, le società sportive sono diventati canali privilegiato per il riciclaggio delle cosche, oltre che per il consenso sociale, fa parte dell’inchiesta “Santa Tecla” che è scivolata sull’asse Milano-Roma, Reggio Calabria, Foggia, Bologna, Brescia.
Il nome dell’operazione prende lo spunto dall’omonima via a ridosso del Duomo di Milano dove, presso alcuni locali pubblici, membri dell’organizzazione si davano appuntamento per concludere accordi e definire strategie sulla gestione del traffico di stupefacenti tra il nord e la Calabria. Ma a Milano, come sapete, la mafia non esiste!
Sono state 67 le ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti esponenti di uno dei più pericolosi clan della ‘ndrangheta dell’alto ionio cosentino: il “locale di Corigliano”.
“Per numero di arresti, spessore criminale, entità del patrimonio sottratto e per il coinvolgimento di una dozzina di imprenditori – si legge nel comunicato diffuso dalla Guardia di Finanza – si tratta di una delle più importanti operazioni di sempre condotte contro la ‘ndrangheta nel distretto giudiziario di Catanzaro”.
I reati contestati dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, che ha accolto le richieste formulate dal procuratore della repubblica Antonio Vincenzo Lombardo e dal sostituto procuratore Vincenzo Luberto della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, all’estorsione, all’usura, al traffico di sostanze stupefacenti. I reparti specialistici della guardia di finanza hanno eseguito sequestri patrimoniali per un valore complessivo di 250 milioni.
LE ATTIVITA’ ESTORSIVE
Logica la soddisfazione della Guardia di Finanza che sottolineano l’attività di polizia economico-finanziaria, che la distingue dalle altre Forze di polizia. Le fiamme gialle hanno infatti scoperto che l’attività estorsiva ai danni di numerosi imprenditori locali era realizzata dalla cosca coriglianese soprattutto tramite la figura di Maurizio Barilari il quale, attraverso l’interposizione di imprese da lui direttamente o indirettamente controllate, ha potuto dissimulare gli illeciti trasferimenti di denaro originati dalle estorsioni attraverso operazioni commerciali di comodo risultate in tutto o in parte inesistenti.
E’ stata fatta luce, insomma, su una sorta di “fatturazione del pizzo”.
E vediamo alle allora queste “scaltrezze utilizzate” per fatturare il pizzo.
Una – quella della società calcistica – l’abbiamo già descritta. L’altra era l’imposizione ad imprese locali delle forniture di materiale cartoplastico, tramite la ditta individuale “m.l.c.” di Cosimo Martillotti. Questa ditta, formalmente intestata al prestanome Leopoldo Cosimo Martillotti – che fino ad allora lavorava come dipendente in una cooperativa di pescatori – ma di fatto riconducibile a Maurizio Barilari, era riuscita a conseguire progressivamente una posizione egemonica nelle forniture di materiale cartoplastico nell’area di corigliano calabro e zone limitrofe, grazie alle pressioni criminali della cosca coriglianese.
La progressiva ascesa della ditta facente capo a Barilari ha determinato la costituzione di una sorta di “duopolio”, atteso che sul mercato della cartoplatica operava già da tempo e con medesime modalità impositive un’altra ditta, riconducibile a Pietro Salvatore Mollo.
La c
onseguenza? Moltissimi esercizi commerciali di origliano e dintorni erano costretti ad acquistare merce da entrambi i fornitori, circostanza questa riferita dagli stessi collaboratori di giustizia e puntualmente riscontrata attraverso controlli di natura contabile.
I FRATELLI DELLA BELLA SINDACA
Tra le attività di natura estorsiva poste in essere dalla cosca di Corigliano notevole rilevanza assume, per la portata economica della stessa e per il numero dei soggetti coinvolti, quella compiuta nell’ambito della realizzazione di un villaggio turistico in località thurio (o scavolino) da parte dell’ “airone s.r.l.”.
in particolare, il titolare della società è stato costretto da Maurizio Barilari, sempre secondo quanto risulta dalle indagini, ad affidare un appalto milionario, dapprima per la sola fornitura del cemento e successivamente di tutta l’opera secondo la formula “chiavi in mano”, alla Straface s.r.l.., società dei fratelli Mario e Franco Straface, indicati da tutti i collaboratori di giustizia come imprenditori storicamente legati alla cosca coriglianese.
Sistematicamente spalleggiati dai maggiorenti della onorata società coriglianese, Franco e Mario Straface hanno scelto le imprese subappaltatrici che hanno fatturato alla Straface s.r.l. ( impresa capofila) importi non dovuti così creando dei fondi neri che sono stati finanziati, forzatamente, da tal Curto e girati alla “bacinella” (cioè al portafoglio) della cosca coriglianese. In particolare, gli Straface, con l’appoggio costante degli altri plenipotenziari dell’onorata società coriglianese, hanno imposto a Curto condizioni economiche tali da determinare un aggravio di spesa superiore al 20% dell’importo dei lavori.
Ma chi sono ‘sti Straface? Ma i fratelloni della bella sindaca (dal 25 giugno 2009) di Corigliano Pasqualina Straface (che è estranea all’inchiesta). Accompagnando la sua foto da diva, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle, che fa bella mostra di sé sul sito del comune non scrive l’età (che non si chiede mai a una donna) ma si dilunga in un elogio delle proprie virtù politiche in terza persona: “…eletta per la prima volta consigliere comunale nel 1993, Pasqualina straface, nonostante la sua giovane età (che non si conosce n.d.r), vanta un curriculum politico di tutto rispetto. sono ben quattro le esperienze consiliari vissute dalla stessa, e sempre con An, essendo stata eletta ad ogni tornata elettorale in consiglio comunale con centinaia di preferenze, tanto da essere tra gli esponenti politici della città più votati in assoluto; poi, il successo elettorale registrato nel 2004, con la sua elezione in seno al consiglio provinciale di Cosenza insieme all’altro esponente coriglianese di An, Franco Bruno, e la sua designazione come capogruppo provinciale. un risultato clamoroso, quello dell’elezione provinciale, poiché il collegio elettorale in questione era sempre stato di appannaggio delle forze di sinistra. Presidente del circolo di an “G. Gentile” di Cantinella (mica capperi! n.d.r.), Pasqualina Straface risulta essere ormai uno dei protagonisti della vita politica provinciale più conosciuti e radicati sul territorio. da qui, la scelta dei dirigenti e degli iscritti delle forze che compongono la casa delle libertà di Corigliano di puntare su Pasqualina Straface per la candidatura a sindaco; scelta partorita dopo una serie di riunioni che hanno visto la presenza degli esponenti di tutti i partiti, e quindi maturata in piena collegialità, e scaturita dalla necessità di scommettere tutto sull’importante appuntamento elettorale della primavera 2007. Appuntamento che, per le note vicende di giustizia amministrativa che hanno scosso la città, è giunto con due anni di ritardo. Candidatura che alla luce del risultato ottenuto nel turno di ballottaggio del 21 e 22 giugno 2009 è risultata vincente. La Straface ha avuto la meglio sul candidato del centrosinistra, Aldo Algieri, con quasi 2000 voti di differenza, davvero un trionfo”.
LA SQUADRA SCHIAVONEA C 1997
Ma torniamo alla squadra di calcio Schiavonea che, come abbiamo detto, rientra in quella casistica ben descritta dall’ultimo dossier di giugno 2010 di Libera (www.libera.it) sulle mani delle mafie nel calcio soprattutto al Sud. Vi rimando al sito per la lettura del dossier.
Questa società risulta attiva dal 1° ottobre 2004 con la partita Iva: 02663610786 ed è iscritta presso la F.I.G.C. – Lega Nazionale Dilettanti. All’interno della società, gli incarichi erano così distribuiti: presidente: Cosimo Meligeni (anch’egli arrestato ndr);
vice presidente: Fabio Barilari; segretario: Damiano Costa; cassiere : Natale Gargiulo.
Il controllo eseguito nei confronti della società sportiva ha evidenziato i seguenti dati di rilievo, si legge nel decreto del Gip Emma Sonni:
1) benché debitrice di Iva nei confronti dell’Erario, in virtù soprattutto dell’emissione delle fatture di sponsorizzazione, lo Schiavonea non ha mai effettuato i pagamenti dovuti;
2) lo “Schiavonea 97” ha violato la norma posta a tutela della trasparenza delle operazioni effettuate dalle società sportive dilettantistiche, avendo acceso un proprio conto corrente soltanto il 26 settembre 2006 (c/c 1000 / 00000318 presso la filiale 04341 della Banca San Paolo). Peraltro, le movimentazioni in entrata ed in uscita dello stesso non corrispondono, nelle date e nell’entità (di gran lunga inferiore), alle somme di denaro documentate dalle fatture emesse e dai documenti di spesa;
3) il presidente della società, Cosimo Meligeni ha esibito ricevute di pagamento destinate a tesserati della propria società sportiva, che documenterebbero uscite di denaro dell’ammontare complessivo di €. 26.400,00 nel 2006 e di €. 37.050,00 nel 2007.
Le intercettazioni telefoniche hanno dimostrato che le ricevute sono state predisposte a posteriori dallo stesso Meligeni, in collaborazione con Fabio Barilari, a seguito dell’avvenuta notifica – il 4 dicembre 2007 – dell’invito di esibizione della documentazione contabile a cura di militari appartenenti al Corpo di Polizia giudiziaria.
Questa circostanza evidenzia il carattere fittizio delle ricevute esibite ed indica come le somme raccolte a nome della società, non siano effettivamente destinate agli scopi sociali, ma siano verosimilmente dirottate verso altri beneficiari.
Cosimo Meligeni all’epoca dei fatti era presidente della società sportiva. Conformemente a quanto, in proposito, dichiarato dal collaboratore Carmine Alfano, in effetti, l’indagato collaborava attivamente con l’allora rappresentante legale, Fabio Barilari, svolgendo un ruolo che può dedursi addirittura sovraordinato rispetto a quello di Barilari. Questo si desume agevolmente dal tenore in equivoco dalle conversazioni intercettate, che rappresentano un estratto significativo ma non organico dell’intero novero di elementi probatori.
r.galullo @ilsole24ore.com
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