Ho passato 15 giorni tremendi. Ho letto, una per una, e sottolineato, una per una, le 944 pagine delle motivazioni della sentenza con la quale il giudice Abigail Mellace, con rito abbreviato, ha emesso la sentenza 32/10 sul caso Why Not. La sentenza è stata emessa il 2 marzo 2010, le motivazioni sono state rese note il 17 ottobre: 8 condanne e 34 assoluzioni per quanti hanno scelto, appunto, il rito abbreviato.
E subito voi penserete: ci credo che hai passato 15 giorni tremendi! No, lasciatemi finire il ragionamento, please!
Alla lettura delle 944 pagine ho accompagnato la lettura di alcuni (pochi) giornali nazionali che ne hanno parlato (soprattutto quelli con il cuore lanciato a destra e la notizia lasciata nel cassetto, che hanno interesse a sputtanare l’altezzoso e presuntuoso Giginiello De Magistris) e dei giornali locali che si sono incentrati su alcuni aspetti maliziosi o finto-misteriosi della sentenza, senza alcun interesse ad approfondire la lettura (e non ne dubitavo).
La stampa partigiana ha messo in evidenza l’incapacità di fare il suo (ex) mestiere da parte di De Magistris, il ruolo di dominus di Caterina Merante, la superteste, la mediaticità dell’evento sfuggito di mano, la gogna alla quale sono stati messi centinaia tra politici, dirigenti, magistrati, etc etc. Non voglio intervenire su questo piano: non mi interessa e può esserci senza dubbio del vero.
L’impressione, nettissima, che ne ho ricavato è che nessuno (dico: nessuno) di quanti hanno scritto o discettato, si sia letto in realtà tutta (e dico: tutta) la sentenza.
Ecco spiegato perché i 15 giorni sono stati tremendi: la mia categoria ridotta in gran parte a inutile cassa di risonanza di biechi interessi politici e la politica ridotta a ridicola rappresentazione di giochi di potere! Che schifo! Eh si perché, pur senza aver letto neppure loro la sentenza, alcuni politici dell’Idv, fieramente spalleggiati da pezzi indicibili di ciò resta del Pd, ora vorrebbero presentare il conto a Giginiello De Magistris e scaricarlo (capisco i politici di centro-destra: loro non avevano bisogno di leggerla, ma solo di sputare sentenze sulla sentenza, ma quelli di centro-sinistra, vivaddio, avevano tutto l’interesse a leggerla! Poveracci). “Hai visto ciò che scrivono i giornali – è la sintesi del ragionamento di alcuni influenti politici Idv e Pd, non solo locali, fatta a Giginiello ‘o profumato – sulla tua inchiesta? Che è stata un buco nell’acqua, che è costata decine di milioni, che ti sei fidato di consulenti e testimoni sbagliati, che non esiste la loggia di San Marino! Ma quale scambio di voti, la politica locale è pulita e tu sei un fanfarone!”.
Logica conseguenza: stiamo seriamente pensando di lasciarti al tuo destino. Bye bye Giginiello e salutace ‘a Bruxelles! Rimanici più a lungo possibile e non rompere i coglioni a Tonino “l’impomatato” e a Pierluigi “ma che digi”! Dobbiamo costruire l’alternativa parolaia, non fracassare più gli zebedei. Gioca con l’Europarlamento, che tanto non serve a una cippa!
GIGINIELLO NELLA TRAPPOLA
Ma è veramente così? Beh se mi seguirete in questi giorni scoprirete che non è così e che, se invece di perdersi in inutili contenziosi e promesse di querele, controquerele e faccia a faccia con Abigail Mellace, con i suo familiari o politici e politicanti di vario conto, lo stesso De Magistris avesse spiegato cosa c’è dentro questa sentenza, le cose sarebbero andate diversamente. Molto diversamente. E avrebbe avuto ragioni da vendere nel dire che ci aveva visto giusto: eccome se ci aveva visto giusto!
Giginiello ‘o politico è caduto nella trappola di chi non vede l’ora di ricostituire in Calabria l’ordine costituito e intangibile: cancellare questa dolorosa pagina giudiziaria e ricominciare, tutti insieme, a lordarsi la bocca nella stessa mangiatoia di soldi e fondi pubblici. Del resto – e questo in troppi l’hanno dimenticato – l’inchiesta di Giginiello ‘o magistrato aveva un pregio e un enorme difetto: stava dimostrando che così fan tutti (compresi i suoi futuri compagni di strada, molti dei quali all’ombra di quelle logge coperte che lui combatteva; a proposito: le combatte ancora pur sapendo che alcune mani che stringe calzano cappucci, allacciano grembiuli e ruotano compassi?) ma con il limite che quell’enorme e nauseabondo pentolone che aveva scoperchiato, per gran parte, configurava un vomito sociale ma ipotesi di reato difficili da dimostrare. Soprattutto per i politici e i massoni caduti nella sua rete (a strascico ahimè) che sono squali centomila volte più scaltri e attrezzati di Giginiello ‘o pescetto. E ora se lo vogliono (ancora) pappare in una bella frittura mista!
Ed allora eccomi a voi per raccontarvi – non con le mie parole, attenzione attenzione – quel che il giudice Mellace scrive. Il racconto, lo capirete, occuperà più di un articolo ma, credetemi, ne vale la pena, anche perché in tanti mi avete chiesto in questi mesi quando sarei tornato a scrivere di questa tormentata vicenda.
Un’ultima avvertenza: nell’ultimo post, in calce, allegherò le sanzioni comminate dal giudice e prima mi soffermerò su alcune figure. Ma prima ancora mi soffermerò su alcune incongruenze (a parere di chi scrive sia ben chiaro).
UN ENORME VANTAGGIO PATRIMONIALE
Il giudice Mellace – né De Magistris né altri, confermando dunque in pieno l’impianto accusatorio originario dello stesso Giginiello – scrive a pagina 125 che: “…effettivamente, negli anni 2003/2008, la Regione Calabria, e per essa alcuni ben individuati soggetti pubblici preposti alla guida e alla direzione di importanti settori amministrativi, a seguito di reiterate ma distinte azioni criminose, hanno assegnato al Consorzio Brutium e alla società Why Not una serie di appalti e progetti, in palese violazione di norme di legge e hanno in tal modo operato, consapevolmente ed intenzionalmente, al fine di procurare alle stesse strutture private un ingiusto vantaggio patrimoniale”.
Chiaro finora? Sintetizzo: Appalti fuorilegge con i quali qualcuno si è arricchito. Ma tutto questo senza alcuna associazione a delinquere (e su questa, a mio modesto avviso, incongruenza, tornerò anche nei prossimi articoli).
E chi sono finiti i soldi? Lo dice sempre Mellace in coda a pagina 125: “Gli ingenti profitti delle illecite operazioni oggetto del presente procedimento sono stati percepiti dal Consorzio Brutium e soprattutto dalla Why Not srl, società quest’ultima che negli anni 2003-2008, ha conseguito indebitamente (per come emerge da inoppugnabili dati documentali) profitti esorbitanti, senza neppure, nella stragrande maggioranza dei casi, eseguire correttamente gli appalti e i progetti di cui era affidataria”.
E chiaro stu fattu? No? Allora: i due consorzi lucravano cifre esorbitanti e, spesso e volentieri, neppure lavoravano! Lo dice Mellace, mica Giginiello ‘o scapestrato!
LA GRANDE TORTA
Ma il bello deve ancora venire! Scrive infatti Mellace a pagina 126 che “tali ingenti risorse, sulla cui occulta destinazione si sono spesi fiumi di parole, in realtà, alla luce di quanto emerge dagli atti, non sono altro che indebiti profitti concretamente percepiti, per altri cinque anni, dal Brutium srl e, soprattutto, si rimarca, dalla Why Not srl, società nelle cui casse sono confluite, per lo svolgimento
di servizi di gran parte inutili, una somma di denaro pari all’incirca a sessanta milioni di euro”.
Sessanta “cucuzzoni” capite! “Questa è la semplice realtà – conclude Mellace – che deriva, con certezza, dalla serena valutazione degli elementi di prova che sorreggono l’indagine Why Not”. “Emergono fatti molto più concreti – scriverà a seguire il giudice – e pur tuttavia idonei a inchiodare a precise, gravi responsabilità, in primo luogo, quei soggetti pubblici il cui operato ha consentito, sia negli anni del Governo di centro-destra, sia negli anni del governo di centro sinistra (chissà perché una volta Mellace l’ha scritto maiuscolo e l’altra minuscolo, ndr), alle società Brutium e Why Not srl di incamerare ingenti somme di denaro. Analoghe gravi responsabilità vanno addebitate agli amministratori della società Brutium e della Why Not che hanno, in prima persona, direttamente beneficiato di tali condotte, incamerando rilevanti somme di denaro delle quali si sono direttamente appropriati”.
I PROTAGONISTI
E chi sono i protagonisti di questa trama che Mellace (non Giginiello ‘o sciantoso né altri) ricostruisce in 944 pagine fitte-fitte come i ricci di Riccardo Cocciante? “Fra questi un ruolo di primo piano – si legge a pagina 126, 5° capoverso – spetta certamente negli anni 2003-2005 a Saladino Antonio, responsabile in prima persona della gravissima vicenda Ipnosi e dei progetti collaterali che dalla stessa sono derivati”.
Saladino (assistito, lasciatemelo dire, da un collegio di difesa eccezionale, che ne sa una più del diavolo) e poi? “Nello stesso arco temporale – continua Mellace – e fino al 2007 protagonisti di tutte le illecite vicende che qui occupano sono certamente tutti gli amministratori delle società Why Not e Brutium, in particolare Giancarlo Franzè, Caterina Merante, Giuseppe Lillo, fedeli, capaci e consapevoli collaboratori del Saladino che, dopo essere stati introdotti nel mondo della politica regionale da quest’ultimo, superando l’abilità del maestro, hanno in prima persona intessuto, tanto nell’ambito del governo di centro destra, quanto nell’ambito del governo di centro sinistra (stavolta minuscoli entrambi, ndr), specifici, mirati rapporti (molto meno estesi di quello che si dice nelle contestazioni ma molto più incisivi ed efficaci) con determinati esponenti del mondo politico e dirigenziale dai quali, in virtù di singoli accordi di volta in volta conclusi, hanno ottenuto illecitamente commesse e appalti, dei cui profitti si sono direttamente e personalmente avvantaggiati”.
Dunque gli allievi superano il “maestro” dal quale apprendono l’arte e la mettono da parte. Ma – sia chiaro – nessuna associazione a delinquere! Ci mancherebbe! “Ciò tuttavia non esclude, alla luce di quanto sopra detto – scrive Mellace a pagina 127, 3° capoverso – la sussistenza di una diversa realtà e forse più allarmante realtà che si sostanzia nella stabile, inveterata dedizione delle strutture societarie sopra dette alla commissione di reati in danno della Pubblica amministrazione, strutture dunque il cui operato poteva e doveva essere fermato anche attraverso gli idonei istituti cautelari introdotti dalla recente normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti da reato” (quest’ultima frase è scritta in italiese ma il senso è chiaro).
Bene, per il momento mi fermo qui. Ce n’è abbastanza di cui riflettere. Soprattutto perché chiedersi perché i giornalisti invece di scrivere notizie si fanno complici della politica parolaia. Al prossimo post (tra poche ore) con altre notizie e zero chiacchiere.
1 – to be continued
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