Esclusivo/ Poseidone e Why Not illegittimamente scippate a Luigi De Magistris: ecco tutte le prove della Procura di Salerno

L’aveva annunciato ma non lo ha ancora fatto. E così, quelle carte della Procura di Salerno che in 19 pagine ha spiegato il motivo del rinvio a giudizio di 8 persone per le vicende Poseidone e Why Not, tra le altre cose per corruzione in atti giudiziari, le pubblico io.

Da cosa nasce questa nuovo round salernitano sul ring Why Not? Proprio dall’iniziativa di Luigi De Magistris che aveva denunciato come le inchieste Poseidone e Why Not gli fossero state illegittimamente sottratte. La Procura di Salerno ha indagato e alla fine, dopo il rinvio a giudizio, il 3 novembre si è svolta l’udienza preliminare davanti al Gup di Salerno Vincenzo Pellegrino. Udienza immediatamente aggiornata.

Le 19 pagine di motivazioni erano rimaste finora nel cassetto e proprio per questo l’attesa del suo contenuto, presso il popolo degli adoratori di Giginiello ‘o mattatore, è cresciuta a dismisura. Un’attesa lievitata anche per il fatto che il partito contro Giginiello, non vede l’ora di assestargli l’ennesimo colpo in faccia dopo quello che, secondo questo schieramento opposto, l’ex pm avrebbe ricevuto con la sentenza in rito abbreviato 32/10 (si vedano nell’archivio di questo blog i sette articoli che ho dedicato alla sentenza del giudice di Catanzaro Abigail Mellace).

E allora, come sempre non prendendo parte ad alcuna contesa, racconto i fatti come li descrivono nella carte firmate il 5 luglio 2010 il procuratore capo della Repubblica Franco Roberti e i tre sostituti Maria Chiara Minerva, Rocco Alfano e Antonio Cantarella.

COSA FATTA, CAPO A): POSEIDONE (corruzione per atti contrari a doveri di ufficio e corruzione in atti giudiziari)

Mariano Lombardi (ex capo della Procura di Catanzaro oggi in pensione), Salvatore Murone (procuratore aggiunto a Catanzaro, trasferito in via cautelare dalla sezione disciplinare del Csm e ancora privo di sede nel momento in cui scrivo), Giancarlo Pittelli (penalista e deputato Pdl), Giuseppe Galati (parlamentare del Pdl) e Pierpaolo Greco (avvocato catanzarese), in attuazione del medesimo disegno criminoso e in concorso, secondo la Procura di Salerno, hanno esautorato dall’inchiesta Poseidone Lugi De Magistris che fino a quel momento “aveva diretto e coordinato le indagini e che quindi era in grado di incidere sull’esito delle indagini con maggiore efficacia e più rapidità, perché operava con piena cognizione fin dall’origine degli atti di indagine espletati, delle strategie investigative in itinere, degli eventuali collegamenti fra i vari filoni di indagine e delle necessarie sinergie fra Polizia giudiziaria e consulenti tecnici”.

L’ATTO DI ACCUSA

Cosi facendo i vertici della Procura di Catanzaro, secondo i colleghi di Salerno, creavano i presupposti quantomeno per una prevedibile e inevitabile stagnazione delle attività istruttorie in corso, conseguente all’allontanamento dall’inchiesta di De Magistris, fin dall’inizio titolare della stessa e al coinvolgimento in una realtà investigativa in pieno svolgimento ed estremamente variegata, di un altro sostituto procuratore, del tutto ignaro dell’esito delle indagini espletate e delle strategie investigative fino ad allora seguite. “In definitiva si veniva così a concretizzare, di fatto, una illecita attività di interferenzascrivono i magistrati nel rinvio a giudizio – dapprima del Procuratore Lombardi e successivamente all’estensione di quest’ultimo, anche del Procuratore aggiunto Murone, che si ripercuoteva negativamente sulle iniziative e sulle determinazioni del pm procedente, così da favorire – quantomeno mediante il ritardo che la sostituzione del pm procedente determinava sul corso del procedimento penale – le persone implicate nelle indagini preliminari e, tra queste, in particolare l’avvocato senatore Giancarlo Pittelli e l’onorevole sottosegretario (all’epoca dei fatti ndr) Giuseppe Galati i quali, in diretto rapporto con i suddetti magistrati e in più ampio contesto corruttivo finalizzato già da tempo alla messa a loro disposizione dei vertici della Procura di Catanzaro, si erano adoperati per far ricevere direttamente e indirettamente sia a Lombardi, sia soprattutto all’avvocato Pierpaolo Greco (figlio di Maria Grazia Muzzi, moglie in seconde nozze del Lombardi) denaro o altre pubbliche utilità”. Il grassetto che vedete è contenuto nell’originale e dunque fedelmente lo riporto, segno che in quel passaggio i 4 magistrati volevano far ricadere particolare attenzione.

E giù poi con il dettaglio delle supposte utilità ricevute da Lombardi e soprattutto da Greco, giovane avvocato che entra nel gotha professionale penale, in una compagine societaria e riceve una nomina professionale dal ministero delle attività produttive. Fatti commessi a Catanzaro fino al 29 marzo 2007.

COSA FATTO CAPO B): WHY NOT (corruzione per atti contrari a doveri di ufficio e corruzione in atti giudiziari e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici)

Dolcino Favi (ex  avvocato generale e procuratore generale facente funzioni alla Procura di Catanzaro, ora in pensione), Salvatore Murone, Giancarlo Pittelli, Maria Grazia Muzzi (moglie di Lombardi) e Antonio Saladino (imprenditore), secondo la Procura di Salerno avrebbero replicato il meccanismo criminoso, portando sostanzialmente all’esautorazione di De Magistris dall’altra e più famosa inchiesta, Why Not.

E qui la ricostruzione è iper dettagliata e – credetemi – c’è da perderci la testa. In 5 pagine di minuziosissima ricostruzione (da pagina 7 a pagina 11) la Procura di Salerno dice la sua anche grazie ai rimandi ad una sfilza incredibile di verbali di interrogatori. Vediamo di fare una sintesi.

 RICOSTRUITO LO SCONTRO CON MASTELLA

La Procura di Salerno scrive che veniva attestata in un atto pubblico, contrariamente al vero, una situazione di conflitto di interessi tra De Magistris e l’allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella, perseguito dallo stesso De Magistris, facendo apparire una situazione di presa di interesse personale dello stesso De Magistris, che avrebbe iscritto Mastella a seguito dell’azione disciplinare, intervenuta un mese prima, nei confronti proprio di De Magistris. Invece l’iscrizione nel registro degli indagati di Mastella, scrive la Procura di Salerno, “era stata valutata come un fatto dovuto e le iniziative disciplinari attivate nei confronti di De Magistris inerivano aspetti e comportamenti non interferenti con lo specifico filone investigativo che aveva portato all’iscrizione dell’onorevole Mastella nell’ambito di Why Not, essendo in effetti quelle iniziative disciplinari incentrate” su altro (dall’inchiesta Toghe Lucane a Poseidone, passando attraverso altre vicende).

NESSUNA CONSULTAZIONE

La Procura di Salerno a questo punto scrive che veniva quindi disposta l’avocazione di un delicato, complesso e articolato procedimento penale, senza alcuna consultazione da parte di Favi, né prima né dopo l’avocazione, con De Magistris ma anzi “sulla sola base delle notizie apprese da M
urone
che, per sua stessa ammissione, era stato tenuto ai margini di quella vicenda procedimentale
”.

COMPAIONO ROMA E LA PARCELLIZZAZIONE

In questo modo, senza alcuna cognizione di causa, veniva investita la Procura della Repubblica di Roma per il successivo coinvolgimento dell’Autorità competente a conoscere i reati ministeriali, ritardando così l’iter procedimentale che quel filone investigativo avrebbe dovuto avere fin dall’inizio presso quella Procura generale, senza dubbio competente.

Veniva così intrapresa da subito, scrivono i pm di Salerno, “un’opera di parcellizzazione dell’unitario contesto investigativo senza una piena cognizione degli atti del procedimento avocato”.

L’INTERPELLO E LA RICERCA DEI PM

Alla fine di questa girandola fu seguita una procedura di interpello, funzionale ad applicazioni che di fatto non avrebbero apportato una dote di conoscenze idonea a facilitare e accelerare il processo dell’enorme materiale investigativo. E infatti: 1) veniva evitato che la Procura di Paola potesse intervenire con il proprio enorme bagaglio conoscitivo; 2) l’inchiesta veniva assegnata prima a De Tommasi, uditore giudiziario in attesa della qualifica di magistrato e poi a Pierpaolo Bruni che proprio non ne voleva sapere, alla luce di un carico di lavoro enorme.

CONCLUSIONE: NELLE SABBIE MOBILI

 In tal modo, affermano i 4 magistrati di Salerno, “si creavano i presupposti quantomeno per una prevedibile e inevitabile stagnazione delle attività investigative in corso, conseguente all’allontanamento dall’inchiesta di De Magistris fin dall’origine esclusivo titolare della stessa, alla parcellizzazione dei vari filoni di indagine, al coinvolgimento in una realtà investigativa in pieno svolgimento, estremamente vasta e complessa, di due sostituti del tutto estranei alle logiche di indagine fino a quel momento seguite, per di più non esonerati dai compiti inerenti le loro rispettive funzioni di origine”.

 I FAVORITI

In definitiva, sintetizzano i magistrati a pagina 14, si andava a concretizzare di fatto “un’illecita attività di interferenza sull’iter del procedimento penale in questione e comunque si determinava almeno un suo rallentamento tale da favorire, di per sé ed almeno per un iniziale periodo di tempo, le persone implicate nelle indagini preliminari del procedimento penale cosiddetto Why Not e fra queste, in particolare, l’imprenditore Antonio Saladino, soggetto al centro di un settore consistente delle attività investigative, ed anche alcuni dei soggetti già coinvolti nella pregressa inchiesta cosiddetta Poseidone, come l’avvocato senatore Giancarlo Pittelli e l’onorevole sottosegretario Giuseppe Galati, il primo dei quali era collegato anche ad iniziative pre-disciplinari intraprese dai vertici degli uffici inquirenti di Catanzaro, e segnatamente dal procuratore aggiunto vicario e dall’avvocato generale f.f. di Procuratore generale, sulla premessa di una prospettata duplicazione di iscrizioni in realtà non verificata, né soprattutto verificabile per la mancata conoscenza, all’epoca, degli atti dell’inchiesta Why Not, iniziative, peraltro, sinergiche a quella intrapresa direttamente dall’avvocato senatore Pittelli, che il 5 giugno 2007 evocava i poteri ispettivi delle competenti autorità, segnalando che il pm già investito dell’inchiesta Poseidone continuava ad investigare nei suoi confronti e di altri”.

Tutti atti contrari ai doveri di ufficio, posti in essere dai magistrati secondo uno schema concorsuale al quale partecipava anche Favi, in rapporto sinallagmatico con le utilità ricevute e promesse ai familiari dei magistrati Lombardi e Murone da Pittelli e Saladino, i quali ultimi “in virtù dei rapporti personali con il dott. Murone e soprattutto con il dott. Lombardi e con la moglie Muzzi la quale curava anche direttamente i rapporti fra i vari soggetti coinvolti nella vicenda e in particolare con il dott. Favi, nell’ampio contesto corruttivo già descritto, agendo peraltro il Lombardi e la Muzzi anche in conseguenza delle utilità fatte conseguire al figlio del sottosegretario Giuseppe Galati, da tempo si erano adoperati per far ricevere direttamente e indirettamente sia al dott. Lombardi sia all’avvocato Pierpaolo Greco, sia a persone legate da rapporti di parentela con il Murone, denaro o altre utilità”. Faccio presente che anche in questo caso il grassetto usato è nel testo originale del provvedimento salernitano.

FOCUS SU SALADINO

Se a pagina 15 c’è un focus particolare su Pittelli e tutte le utilità che avrebbe prodotto in particolare a Lombardi e Greco, che ricalca grosso modo quello della vicenda Poseidone, a pagina 16 c’è un focus su Saladino che, sempre secondo la Procura di Salerno, avrebbe assicurato le assunzioni di parenti e conoscenti del dott. Murone e in particolare del cugino Pietro Ruberto e di Roberta Cocciolo, moglie di Luca Ruberto, in servizio presso la Procura di Catanzaro e legato da vincoli di parentela alla moglie di Murone, grazie ai complessi assetti societari facenti capo a Saladino. Fatti commessi a Catanzaro fino al 17 novembre 2007.

LE REAZIONI

E’ importante, per dovere di cronaca e completezza dell’informazione, riferire delle reazioni avute da alcuni protagonisti (quelli di cui almeno io ho trovato traccia ma magari qualcosa mi è sfuggito e questo paragrafo può dunque sempre essere integrato)

Ovvio che De Magistris sia al settimo cielo, mentre Saladino (si veda la Gazzetta del Sud del 4 novembre pagina 29) si ritiene “estraneo a questo processo in quanto anche in tempi non sospetti, non ho mai chiesto l’avocazione del fascicolo nelle mani di De Magistris. Alcuni magistrati indagati non li conosco proprio, non so neppure che faccia abbiano”.

Pittelli, si veda il dispaccio Ansa del 20 ottobre e la Gazzetta del Sud del 21 ottobre, pagina 25, rivolgendosi a De Magistris afferma: “Consumi pure l’euro-pm gli ultimi suoi fuochi e le sue calunnie. Ben presto dovrà rendere conto di tutto ciò che ha scritto e detto in questi anni di straordinaria esaltazione della sua immagine di paladino della giustizia italiana. Scriva sui suoi blog tutto ciò che crede ma molto presto da quelle pagine informatiche trasuderà solo rossore di una ineludibile vergogna”.

In attesa della prossima puntata, vi saluto e credo che nei prossimi giorni, a meno che non sarò costretto dagli eventi, non tornerò su questi temi ma mi occuperò della provincia di Latina (dove le mafie fanno il cavolo che vogliono) o di San Marino. Oppure della straordinaria iniziativa antimafia di Michele Emiliano, sindaco di Bari. Non ho ancora deciso.

Besitos.

r.galullo@ilsole24ore.com

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  • Giuseppe Costa |

    Che orari del cavolo per le trasmissioni!! e mi tocca sentire Cruciani e la borsa che va su e giù (soprattutto)!! ma non si può cambiare qualche volta con Cruciani?

  • Marco Toti |

    Egr. Dott. Galullo,
    sono un ex dipendente di Rete Plus Spa, rete commerciale del Gruppo Bancario Delta, licenziato il 17 Agosto scorso a causa della messa in liquidazione della società per cui lavoravo, su decisione dei Commissari di Banca d’Italia.
    Più volte mi sono ripromesso di scriverle e finalmente mi sono deciso a farlo.
    Quando uno scrive deve avere un motivo. Il mio è quello di chiedere a Lei, quale attento giornalista che, come ho letto anche nel suo libro, ha seguito l’intera vicenda del Gruppo Delta, un’opinione su alcuni quesiti che da tempo mi pongo e ai quali non riesco ancora a trovare una risposta.
    Mi piacerebbe, in particolar modo, avere una sua opinione a riguardo dei seguenti punti:
    1) Perché Banca d’Italia non ha potuto trovare una soluzione di sistema che consentisse al Gruppo Delta, e soprattutto ai suoi dipendenti e agenti, di continuane a operare e mantenere inalterati i livelli occupazionali, considerato il fatto che l’attività di Delta era sana e la stessa Banca d’Italia aveva ispezionato il Gruppo con cadenza annuale, sin dalla sua costituzione, senza mai intervenire con alcun tipo di sanzione o provvedimento sul suo operato e sulla sua gestione, in 7 anni di attività?
    2) La crisi economica che stiamo vivendo in questi anni ci ha fatto vedere che spesso le banche, che si trovavano in condizioni gravi dal punto di vista di perdite nei bilanci a causa di politiche di credito troppo spregiudicate, sono state spesso salvate dagli stessi Stati. Come mai lo Stato italiano non ha voluto tutelare una realtà bancaria come Delta, di diritto italiano anche se con capitale prevalentemente detenuto da una banca della Repubblica di San Marino, che non dimostrava perdite nella propria gestione, fino al suo commissariamento e dava lavoro a oltre 1000 persone, con un’età media inferiore a 35 anni? Non ne ha perso forse anche l’Italia, anche solo in termini di entrate che la stessa Delta versava allo stato? Se si voleva attaccare San Marino, non si doveva comunque difendere almeno i propri cittadini italiani che lavoravano in un Gruppo Bancario Italiano e pagavano le tasse all’Italia?
    3) Come mai dopo lo scoppio del caso Delta, tutte le banche della regione Emilia Romagna sono state oggetto di un’attenzione senza precedenti da parte di Banca d’Itala e del Ministero delle Finanze e dell’Economia? Non discuto il valore a la necessità delle ispezioni che Banca d’Italia ha condotto, ma mi chiedo se dietro questa tempistica, cominciata appunto, in modo eclatante a seguito del commissariamento del Gruppo Delta, non ci sia qualche piano politico che mi sfugge.
    4) Se Delta avesse avuto la sua sede legale e amministrativa in Veneto o in Lombardia, occupando quindi in tali regioni oltre 500 persone di età inferiore ai 35 anni, sarebbe stata ugualmente distrutta?
    5) Chi ne ha guadagnato dalla distruzione del Gruppo Delta: Lo Stato Italiano?; Banca d’Italia?; La Cassa di Risparmio di San Marino?; Le banche creditrici? Il Ministero delle Finanze e dell’Economia? Qualche potere politico che non riusciamo a vedere?….. le chiedo questo perché distruggere una realtà come Delta che, al giorno d’oggi, potrebbe ancora dar lavoro a tanti giovani e creare indirettamente ricchezza per il Nostro Paese, e per ben 7 anni non ha fatto altro che crescere e reinvestire gli utili, grazie ad un management che ha avuto sempre a cuore la sorte dei propri dipendenti e di ciò che aveva faticosamente costruito, mi sembra una follia che può essere giustificata solo da qualcosa che non capisco.
    Spero trovi il tempo per leggere e, magari, provare a darmi una sua opinione a queste domande che mi pongo.
    Delta, al di la delle vicende e delle accuse che riguardano la sua controllante Crsm,che non spetta comunque a me giudicare, era italiana,e questa l’Italia non l’ha protetta.
    Cordialità, Marco Toti

  • Paola |

    Ma Giuseppe Bottazzi non era un personaggio letterario (sindaco comunista di un paese della Romagna)creato dal grande Guareschi e protagonista dei racconti su Don Camillo,( Entrambi i personaggi resi famosi dai vari film degli anni credo sessanta)?

  • Giuseppe Bottazzi |

    Ebbene sembra che qualche nube si stia schiarendo, ma questa storia è finita cosi a tarallucci e vino? Nel senso che i cattivi sono i magistrati ceh hanno indagato in questo caso De Magistris e i buoni siano gli imputati, i corrotti e qui funzionari dello stato .
    Non si può continuare a scambiare la realtà questa terra la sua gente le Istituzioni devo avere “le palle” per mandare in galera i criminali e dare il giusto riconoscimento a chi fa il proprio dovere, dobbiamo smetterla nel cambiare le cose, non è accettabile far diventare legale l’illegale e viceversa.
    Sembra che come si legge, uomini dello Stato siano stati corrotti per fini personali e di arricchimento, bene!! questa gente questi “rispettabili” signori che hanno funzioni e ruoli (magistrati) che devono garantire i principi primari di un paese democratico, la giustizia, si rendono conto che il loro egoismo, il loro rubare , il loro essere corrotti è qualcosa di molto più grave dello stesso reato comemsso da un bandito con la pistola .
    Io credo che quando uomini e donne con funzioni delicate come quelle di chi amministra la giustizia commettono reati del genere , minano i principi fondamentali sanciti dalla costituzione e dopo non rispettano la legge.
    Insomma, questa storia finirà quindi a “tutti felici e contenti” oppure qualcuno pagherà?
    Se come credo ciò non averrà i cittadini calabresi potranno almeno sapere la verita di corrotti e corruttori, per evitare che questi illustri criminali domani vadano in televisione per sbandierare la loro spudorata verginità?
    Giuseppe Bottazzi

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