Questo servizio, firmato con il collega Angelo Mincuzzi con il quale sto seguendo l’indagine che ha terremotatola Lega Nord, è stato pubblicato sul Sole-24 Ore di ieri. Lo ripropongo per quanti lo avessero perso sul quotidiano
Martedì scorso il pm della Procura antimafia di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo era in via Durini 14 a Milano. Era lì per seguire personalmente la fase più delicata di tutta l’indagine che ha terremotato la Lega Nord: la clonazione del server dello Studio Mgim srl, del quale il 60% delle quote è in mano a Giorgio e Pasquale Guaglianone, di origini cosentine ma trapiantati da tempo a Milano dove hanno saputo mettere a frutto capacità e amicizie.
Pasquale Guaglianone – che non è indagato – è nel consiglio di amministrazione di Ferrovie Nord, è presidente del collegio dei revisori di Fiera congressi spa, oltre ad avere incarichi in decine di imprese tutte con sede legale in via Durini 14 e quasi tutte con interessi nel ciclo della casa e del cemento: dalla compravendita di beni immobili al commercio di materiali per costruzione passando attraverso l’impiantistica idraulica, riscaldamento e condizionamento.
La clonazione del server – alla quale ha personalmente assistito Pasquale Guaglianone – sì è resa necessaria dopo che gli inquirenti hanno accertato l’impossibilità di clonare la sola partizione informatica di Bruno Mafrici che – nonostante nella stessa via centrale di Milano, a due passi dal Tribunale, abbia il suo studio Mafrici srl – in Mgim aveva una stanza tutta sua nella quale operava.
La clonazione è stata effettuata spegnendo tutti i computer collegati al server centrale della Mgim e garantendo dunque l’immutabilità dei dati. Tutti quelli che il pm Lombardo ha effettuato il 3 aprile, tecnicamente, sono atti irripetibili ai fini dell’indagine e dunque anche l’eventuale opposizione dei legali di Guaglianone alla clonazione delle parti non direttamente riconducibili alle attività dell’indagato Mafrici dovrebbero venire a cadere.
Nel server sono stati trovati due milioni di file che per la Procura di Milano sono una miniera che darà nuovi spunti all’indagine. Ieri quella valanga di informazioni ha cominciato a viaggiare con furgoni blindati verso le stanze della Procura e della Dia di Reggio Calabria, che cominceranno ad analizzarli solo la prossima settimana.
Prima infatti saranno necessarie due operazioni: l’ausilio della Polizia Postale di Milano e, forse, di Roma, per un’analisi forense che isoli ciò che è immediatamente di interesse investigativo da ciò che di interesse non è.
La seconda operazione riguarda invece proprio l’ex tesoriere della Lega, quel Francesco Belsito del quale sono stati sequestrati documenti, pc e supporti informatici. Belsito – infatti – dovrà per forza di cose assistere, personalmente o attraverso il suo legale, all’analisi di tablet e smartphone. Se la Procura avesse deciso di accedervi direttamente il giorno dei sequestri, avrebbe rischiato di perdere la possibilità di utilizzarne i dati, visto che ogni accesso, tecnicamente, è in grado di alterarne i contenuti e l’attendibilità degli stessi potrebbe essere contestata.
Questi giorni sono anche necessari per un raccordo ai fini investigativi soprattutto con la Procura di Milano, che nel 2011 ha fotografato, davanti al numero civico 14 di Via Durini, proprio Bruno Mafrici, Paolo Martino, ritenuto dai pm reggini l’uomo degli affari della cosca De Stefano a Milano e l’imprenditore romano (ma con sedi a Reggio Calabria e interessi consistenti a Milano) Piero Mucciola.
Piero Mucciola spa – capitale sociale di 9,9 milioni, ricavi e utili, a fine 2010 rispettivamente di 9,6 milioni e 341mila euro – è divisa tra il patriarca Piero (60,5%) mentre il resto è equamente diviso tra i figli Fabio, Roberto e Massimo. Opera nell’impiantistica a 360 gradi e a Milano ha già vinto diverse commesse. Cosa ci facevano un avvocato semisconosciuto (ma nominato consulente da Belsito quando era sottosegretario alla Semplificazione amministrativa, in studio con Guaglianone e in amicizia con l’indagato per riciclaggio nella stessa inchiesta Romolo Girardelli, considerato anch’esso dalla Procura di Reggio Calabria vicinissimo ai De Stefano), un uomo come Martino vicino alla stessa cosca reggina potentissima in Calabria e Lombardia e un imprenditore come Mucciola? Su questo lavoreranno nei prossimi giorni inquirenti e investigatori.
Da quel che si apprende il pm Lombardo partirà da spunti molto interessanti forniti nel primo interrogatorio dallo stesso Mafrici che non ha potuto negare la conoscenza di alcuni indagati ma – soprattutto – avrebbe cominciato a parlare di affari che legano Milano a Reggio Calabria attraverso alcuni nomi e cognomi ricorrenti nelle indagini.
Così come nei prossimi giorni ci saranno novità sul rapporto tra alcuni indagati e le banche. La Procura di Reggio Calabria dovrebbe intanto preparare le carte per richiedere una rogatoria a Cipro, dove l’indagato Paolo Scala viveva e operava. La Procura di Reggio presume che Scala sia “il gestore dei fondi esteri del gruppo di imprenditori che ruotano intorno alle figure di Stefano Bonet, Romolo Girardelli e Francesco Belsito”. Fondi che per gli inquirenti saranno utilizzati da Bonet anche per pagare consistenti contributi necessari per sostenere importanti accordi commerciali.