Come molti di voi sanno, per il Sole-24 Ore seguo l’indagine delle Procure di Reggio Calabria, Milano e Napoli che sta terremotando la Lega Nord. Non immaginate neppure quanto soffra a vedere gli altri giornali dedicare pagine e pagine e, noi del Sole, riservare a questa indagine solo alcuni pezzi seppur ogni giorno e dall’inizio.
Non è una critica, è una constatazione. Il mio bel giornale non ha le stesse caratteristiche del Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano o di Repubblica ed è giusto che lo spazio sia dedicato al core business: economia, finanza, norme e tributi.
Alcuni dei servizi apparsi sul quotidiano li ho anche riproposti su questo blog. Spunti di riflessione tra i tanti che potrebbero essere tratti da questa indagine.
Debbo però dire che – come spesso accade e di questo vi sarò sempre grato – gli spunti più ficcanti vengono da voi lettori.
Antonio, che alcuni giorni fa ha lasciato un commento, mi ha ricordato quante volte su questo blog ho descritto come la storia delle mafie e della Lega Nord scorrano da decenni sullo stesso binario. Storie diverse in tutto e per tutto ma con un fine: secessione, indipendenza.
Lo scoprì e lo mise nero su bianco per la prima volta la Procura di Palermo che il 21 marzo 2001 fu costretta ad archiviare il procedimento nei confronti di Licio Gelli e altri 13 simpatici personaggi tra i quali ricordo – tanto per gradire – Salvatore Riina, i fratelli Graviano, Benedetto Santapaola e Stefano delle Chiaie (si veda, da ultimo, in archivio il mio post del 21 marzo 2011 ma prima ancora l’agosto 2010).
In una lunghissima richiesta i pm della Procura disegnavano il quadro al quale mirava da anni l’allegra combriccola che era entrata in contatto con esponenti della Lega Nord (a loro insaputa) nel corso di alcune riunioni: trasformare lo Stato unitario in una nuova “forma Stato” che contemplava la rottura dell’unità nazionale, la divisione dell’Italia in più Stati o macroregioni e, comunque, la secessione della Sicilia e di altre regioni meridionali. Per carità, gli esponenti della Lega erano, ripeto, all’oscuro della storia degli occasionali compagni di strada ma tant è.
Il fine ultimo – per le mafie, non solo Cosa nostra ma anche la ‘ndrangheta che al progetto aveva collaborato – era quello di “agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra e di altre associazioni di tipo mafioso ad essa collegate sui territori delle regioni meridionali del Paese”.
Mutatatis mutandis quel che valeva per la strategia delle mafie al Sud vale -11 anni dopo – a maggior ragione per il Nord. Il federalismo – questo lo hanno scritto e detto anche i pm di punta delle Procure distrettuali antimafia di mezza Italia – e a maggior ragione la secessione sono una manna e un regalo invocato dalle mafie. Più è piccolo e snello nelle gerarchie il “perimetro” che governa, maggiore è la facilità con la quale le mafie – anche grazie alla corruzione, che altro non è se non l’altra faccia della stessa medaglia – si insinuano e fanno affari. Questo – ormai – lo hanno capito anche i sassi ma non lo hanno capito – come ripeteremo – gli illuminati vertici della Lega Nord e dei movimenti secessionisti o para-secessionisti.
Le mafie e la Lega Nord (le leghe) perseguono, per ragioni diverse ma parimenti dannose, lo stesso tragico obiettivo, vale a dire la secessione dall’Italia delle regioni settentrionali e, auspicabilmente, lo “spacchettamento” del Bel Paese. Non sarà certo una frontiera virtuale o reale – in più o in meno – a frenare l’ascesa dei “barbari mafiosi” ma l’auspicio dei “barbari sognanti” di ottenere l’indipendenza ne agevolerebbe incredibilmente l’ascesa.
Tutto ciò è quello che non solo ho sempre descritto in questo blog ma nel quale ho sempre profondamente creduto. Così come ho sempre creduto che un efficiente Stato centralista (non certo il corpo marcio di cui disponiamo) sarebbe il modello da perfezionare. A partire da un servizio di intelligence che non solo non abbiamo ma che, ne sono convinto, da Palermo a Reggio, passando per Napoli e Roma, è in alcuni settori deviati ampiamente compiacente e corrotto.
Tutto ciò è quello di cui ero e sono convinto ma – nonostante fossi e sia a conoscenza del fatto che diverse Procure stiano indagando sui rapporti tra partiti e mafie – mai avrei creduto che la Lega Nord, anziché tacere (io mi augurerei che il "fenomeno-leghismo" sia esso dal Nord o persino dal Sud sparisse per tutto il carico di disvalori anticostituzionali di cui è portatore), rilanciasse il tema della secessione.
In silenzio, mentre alcune settimane fa Sua Canottiera Sudata (al secolo Umberto Bossi) gridava il suo odio contro l’Italia nel corso di un’inaugurazione della via Padania e veniva spernacchiato da un gruppo di compatrioti e per questo veniva seguito da taccuini e telecamere, Suo Sax Inceppato (al secolo Roberto Maroni) rilanciava, tomo-tomo cacchio-cacchio, il tema della secessione. "Inceppato" – anche questo sono costretto a spiegarlo per i poveri di spirito che non colgono l'ironia, unico fine di questi paradossali soprannomi -perchè ormai, sulla secessione, la Lega è come un disco rotto. E che, francamente, ha "rotto" (non voglio essere volgare ma, ancora una volta, diretto e franco come si conviene a chi frequenta i blog) tutti coloro i quali in Italia (e sono la maggioranza) credono nei valori della Patria e della nostra Costituzione.
Mi domando non solo come in tutti questi anni i miei colleghi e analisti politici (ma de che?) abbiano sottovalutato il potenziale secessionista e mortale per la società italiana sancita in Costituzione (anche) di questo avvocato varesotto ma come abbiano potuto idrolatarne le capacità da ministro dell’Interno.
Personalmente lo considero e l’ho sempre considerato non tra i migliori ministri della nostra recente storia repubblicana (questa, sia ben chiaro, è la mia idea e come tale opinabile e fallibile): sotto di lui i mezzi e le risorse delle Forze dell’Ordine e della Magistratura sono diventati (o comunque sono rimasti) meno incisivi e in grado di solleticare le ghigna (basti pensare al fatto che, come più di una volta hanno denunciato i sindacati di categoria e gli esponenti di vertice della magistratura, per la benzina nelle volanti vengono indette collette e i toner alle Procure a volte arrivano per donazioni). Indagini, arresti e sequestri (le confische, cari miei, sono un’altra cosa e spesso arrivano dopo anni) non sono merito dei ministri (nessun ministro di qualunque colore politico, sia chiaro) ma di questo i miei colleghi e persino Roberto Saviano (a cui voglio bene e che stimo ma dove vive?) non se ne sono quasi mai accorti. Possibile? No, non è possibile. Ma il coraggio e l’indipendenza di giudizio sono come il coraggio di Don Abbondio: o le
hai o addio core.
Ebbene ieri, domenica 15 aprile, il bravo collega Aldo Cazzullo del Corriere della Sera ha intervistato Maroni. Belle le domande, da sbellicarsi dalle risate (per me e per chi crede nei valori fondanti della nostra comune Patria) alcune risposte. Quasi assente l'autocritica, i passi indietro, gli accenni magari anche scettici al fatto che tra coloro che sostengono (e non sto parlando di voti) il Carroccio possano esserci anche molti compari, nessun accenno alle conoscenze in odor di mafia che stanno uscendo dall’indagine, nessuna idea, neppure un barlume, un non-so-che, che potesse portare a un sussulto. Alla fine dell’intervista, tra sussulti, questi sì, che in me suscitavano il richiamo alle ampolle e al genio politico scritto nel Dna della Lega, Maroni il meglio lo dà alla domanda sulla secessione della Padania. «L'indipendenza della Padania resterà sempre il nostro progetto – ha dichiarato il nostro – e ci si può arrivare con la rivoluzione o con l'accordo, come hanno fatto Repubblica Ceca e Slovacchia; ma la prospettiva non è affatto tramontata, anzi, il momento è propizio. Gli Stati-nazione non contano più nulla. Non governano né i confini, né la moneta, né la politica estera; ora, con il fiscal compact, non governeranno neppure più le finanze. E anche la burocrazia di Bruxelles è in crisi. Noi non siamo antieuropeisti, ma neoeuropeisti: dall'Europa a 27 Stati si deve passare all'Europa delle macroregioni. Una sarà la Padania».
Ha ragione Suo Sax Inceppato: “gli Stati-Nazione non contano più nulla”. In Padania – come in Italia della quale ringraziando Iddio fa e farà sempre parte l’inesistente popolo settentrionale – conta (e conterà sempre più) la “Mafia-nazione”. Anche grazie all’insipienza e alla povertà intellettuale con la quale la classe dirigente – politica e no – nata dopo Tangentopoli ha condotto allo sfascio questo Paese: da Lozza (dove è nato Maroni) a Pizzo Calabro, paese da cui proviene la famiglia dell’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito.
Fiato ai sassofoni. Di speranze per la rinascita del nostro Paese – lo affermo ora, alle 16.55 del pomeriggio, per paradosso, visto che in molti non hanno colto l'ironia – ne uccide più il leghismo che la mafia.