Amati lettori di questo umile e umido blog, lunedì 25 ho cominciato a scrivere della sentenza con la quale il Tar del Lazio il 21 novembre ha confermato lo scioglimento del Comune capoluogo Reggio Calabria, aspirante Città metropolitana.
I giudici che hanno firmato le 41 pagine della sentenza sono il presidente della prima sezione Calogero Piscitello, il consigliere Angelo Gabbricci, e il consigliere estensore Anna Bottiglieri.
I tre hanno respinto il ricorso contro lo scioglimento per primo firmato dall’ex sindaco Arena Demetrio il 9 dicembre 2012.
Nel primo articolo abbiamo visto che il Tar respinge seccamente l’idea di scendere sul terreno dei ricorrenti, secondo i quali «lo scioglimento sarebbe stato disposto per finalità politiche». Non è infatti quella la sede – un Tribunale amministrativo – per affrontare questi rilievi. Nel secondo articolo (ieri) abbiamo visto come i giudici siano scesi nel dettaglio, rispondendo per filo e per segno alle lagnanze dei ricorrenti.
Oggi leggiamo insieme la sintesi conclusiva del collegio giudicante
STOP
Esaurita l’illustrazione degli elementi più significativi che hanno condotto allo scioglimento del Comune di Reggio Calabria, il Tar Lazio ribadisce come emerga «con ogni chiarezza» che la proposta ministeriale abbia dato «logicamente e adeguatamente conto di fatti storicamente verificatisi e accertati e quindi concreti, che sono stati correttamente ritenuti espressivi di situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell'ente comunale nonché rilevanti in quanto generativi di un’azione amministrativa inadeguata a garantire gli interessi della collettività. Si tratta di un variegato e complesso contesto probatorio che si connota per congruenza, concretezza e conducenza, facendo ricavare un vivido quadro dell’influenza esercitata dalla criminalità organizzata sugli organi elettivi del Comune di cui trattasi, con conseguente grave pregiudizio alla capacità di gestione e di funzionamento dell’ente comunale, assoggettata alle scelte delle locali consorterie criminali».
Tale contesto, secondo la giurisprudenza già sopra citata, mal si presta a essere attaccato in ogni singolo rilievo – scrivono i giudici – come tenta di fare parte ricorrente con in testa l’ex sindaco Arena Demetrio.
Al riguardo, il collegio si limitarsi a rilevare l’infondatezza dell’affermazione ricorsuale che all’amministrazione sciolta per contiguità mafiosa, siano state addebitate situazioni ascrivibili alla precedente (quella guidata da Scopelliti Giuseppe, attuale presidente della Regione).
Se, infatti, la proposta contiene anche un qualche riferimento alla pregressa gestione, è evidente che tutti i numerosi addebiti mossi, risultano puntualmente indirizzati all’ amministrazione sciolta, «postasi con l’operato della prima in termini di continuità».
Per il Tar del Lazio non assume rilievo neppure che la commissione di accesso sia stata nominata e abbia iniziato a operare non molto tempo dopo l’insediamento dei nuovi organi elettivi. «Tale elemento è anzi suscettibile di aggravare nei confronti di questi ultimi il peso degli addebiti – si legge infatti a pagina 40 della sentenza – il cui numero e varietà si dimostra ancor più rilevante in rapporto al periodo in cui gli amministratori sono stati in carica».
La prima sezione del Tar presieduta da Piscitello tiene infine a ribadire, «ancora una volta» che non è vero che gli addebiti in parola si siano limitati a individuare mere illegittimità di gestione. «E’ infatti evidente che il ripetuto scostamento dalle ordinarie modalità che devono caratterizzare l’azione di una pubblica amministrazione – si legge nelle ultime righe della sentenza – ha nella fattispecie avuto connotati e effetti ben precisi, accuratamente ricostruiti nella proposta e omogeneamente riflettenti la rilevata situazione di permeabilità, a partire da quella degli amministratori ex art. 77 del Tuel».
LA DIFESA
Come è doveroso, i legali dei ricorrenti hanno annunciato il ricorso al Consiglio di Stato e criticato (come in democrazia è legittimo fare) la sentenza.
I legali Giuseppe Valentino e Luigi Migliarotti, legali dell'ex sindaco Arena Demetrio hanno dichiarato che la motivazione lascia perplessi e che «in buona sostanza la sentenza si è limitata a recepire le argomentazioni della commissione di accesso disattendendo senza alcuna motivazione gli argomenti introdotti dalla difesa che, in termini puntuali e sovente anche documentali, smentivano le determinazioni adottate dalla Commissione. Ma ciò che ancor di più sorprende è l'enfatizzazione che si è fatta in sentenza del contesto ambientale che, inesorabilmente, avrebbe condizionato la vita politica della città e, quindi, la sua assemblea comunale. Vi si coglie un fatalismo che non deve essere consentito a chi è stato investito della cognizione di argomenti difensivi che meritavano risposte puntuali e motivate in termini giuridicamente coerenti e non già vaghe dissertazioni su tematiche socio-politiche. Che esista un fenomeno malavitoso in Calabria è circostanza nota da epoca immemore, ma che abbia condizionato l'impegno politico e amministrativo di Demetrio Arena e degli altri ricorrenti nelle forme che la Commissione di accesso ha registrato e che la sentenza ha acriticamente fatte proprie, non è dimostrato da nulla, anzi è smentito dai temi che abbiamo proposto attraverso il nostro ricorso e le nostre memorie. Ci chiediamo sconcertati, quali mezzi dovrebbe predisporre un'amministrazione Comunale per evitare che prosperino fenomeni criminali nella aree amministrate ed in forza di quali poteri? È lo Stato che deve intervenire con gli strumenti che gli sono propri, tutelare le amministrazioni virtuose e porle nelle condizioni di svolgere il proprio delicato, complesso ed oneroso mandato così come è stato fatto a Reggio Calabria dove tutte le regole sono state rispettate e non vi è traccia alcuna che le decisioni assunte dall'Amministrazione Comunale nei suoi pochi mesi di vita abbia subito condizionamenti di sorta da parte di aree criminali. Ma tutti questi interrogativi non trovano risposta nella sentenza che certamente sarà impugnata davanti al Consiglio di Stato cui saranno sottoposti i numerosi profili di illegittimità ed inadeguatezza che, a nostro avviso, la caratterizzano».
La difesa fa la difesa e, doverosamente, gioca in attacco. Vedremo cosa succederà con il Consiglio di Stato. Se posso permettermi una critica – so che in Calabria la democrazia è talmente di casa che le mie parole saranno gradite e rese strumento di dialogo costruttivo – ho l’impressione che più che una difesa tecnica, le parole dei due legali simulino un comunicato stampa politico, ribadendo, ancora una volta, l’impressione che l’arma preferita nella contrapposizione tra l’ex Giunta Arena-Scopelliti e il resto del mondo scenda solo ed esclusivamente su questo terreno. Legittimo farlo, ripeto, ognuno sceglie il proprio stile e il proprio cammino, ma lascia davvero perplessi.
LE REPLICHE
In democrazia anche le repliche sono ammesse e anche queste, ovviamente, adottano lo stesso schema: le riflessioni sono di natura sostanzialmente politica.
Per il Pd di Reggio Calabria: «La corposa sentenza, con la quale il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso dell'ex sindaco Arena, non lascia spazio a dubbi o ad interpretazioni. "…Fatti storicamente verificatisi ed accertati e quindi concreti…" "…gestione amministrativa inadeguata a garantire gli interessi della collettività…" "…Variegato e complesso contesto probatorio…" "…Ente assoggettato alle scelte delle consorterie criminali…". Di fronte a queste pesantissime valutazioni, contenute nella sentenza, ci saremmo aspettati le scuse di Arena e di Scopelliti per i danni causati alla città di Reggio in termini di immagine e di mala-amministrazione Invece Arena, già dichiarato incandidabile, ha attaccato la sentenza, parlando di suggestioni ed annunciato che "…continuerà la battaglia…". L'uomo ed il cittadino può, ovviamente, difendersi in ogni grado di giudizio, ma non può continuare a farlo da assessore regionale fiduciario del presidente Scopelliti».
Per il Pdci di Reggio Calabria «La sentenza del Tar del Lazio, nel respingere il ricorso avverso lo scioglimento presentato dall’ex sindaco Arena e propiziato dall’ex sindaco Scopelliti insieme ai suoi sodali, rappresenta un’ulteriore limpida certificazione riguardo l’altissimo livello di infiltrazione che la ‘ndrangheta ha avuto nell’amministrazione comunale reggina. Nelle motivazioni della sentenza del Tar viene evidenziato un quadro agghiacciante rispetto alla concreta influenza esercitata dalla criminalità organizzata, quindi dalla ‘ndrangheta, sugli organi elettivi del Comune. I giudici amministrativi hanno rappresentato con estrema chiarezza quanto il funzionamento del Comune di Reggio Calabria fosse, nei fatti, sotto la totale influenza della ‘ndrangheta. Insomma, una vera e propria tragedia sociale che peserà tragicamente su un’intera comunità che, per colpa di una fallimentare e nefasta classe dirigente del centrodestra, ha subito l’onta del motivato scioglimento per mafia del Comune. Pertanto, manifestiamo piena soddisfazione per la sentenza del Tar del Lazio che, nel lasciare poco spazio alle interpretazioni, conferma il giudizio tranciante e la richiesta di scioglimento del civico consesso che, in tempi non sospetti e in perfetta solitudine, esprimemmo pubblicamente, subendo ripetute critiche ed attacchi personali ai limiti dell’intimidazione. Riguardo le nostre reiterate denunce pubbliche il Tar ci rende giustizia poiché descrive come il Comune di Reggio Calabria fosse nelle mani di un putrido sistema di potere dominato dalla ‘ndrangheta e dalla criminalità».
Sulla vicenda è intervenuto anche il Movimento 5 Stelle: «…la gestione scellerata di casse comunali, società miste e di alcuni fondamentali settori dell'ordinaria amministrazione hanno spinto la città in una condizione di degrado sociale e civile quasi di non ritorno. Il disastro è sotto gli occhi di tutti ed ogni giorno assistiamo a proteste serrate di cittadini, operatori e dipendenti pubblici che si son visti negare i diritti più elementari ma, cosa ancora più grave, si son visti presentare il conto dei danni procurati da amministratori adesso definiti contigui alla mafia. Come Movimento 5 stelle sposando a pieno l'indignazione di fasce sempre più vaste di popolazione rispetto alla situazione drammatica in cui siamo stati ricacciati, chiediamo in modo determinato ed inequivocabile che gli amministratori, le cui responsabilità siano state accertate, paghino in prima persona non solo politicamente ma anche a livello patrimoniale con l'intervento sempre più necessario della Corte dei conti per una condanna esemplare ormai attesa dalla città intera. L'ex sindaco Arena va rimosso immediatamente dal suo incarico regionale perché non ha più alcuna credenziale etico-politica che per poter ancora influire sulla vita sociale, economica e culturale del nostro territorio…Non va concesso il diritto a nessuno, fra gli amministratori coinvolti, di poter prender parte in alcuna forma alla vita amministrativa ed alle scelte di vita pubblica che ora devono passare alla città ed alla società civile. Reggio non può attendere».
3 –the end (la precedenti puntate sono state pubblicata il 25 e il 27 novembre)