Ieri, 14 dicembre, la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie ha presentato un’interessantissima relazione su “Mafia e calcio”.
Siti e giornali ne hanno descritto alcune parti molto d’impatto, come ad esempio gli incestuosi rapporti tra alcune società calcistiche e le tifoserie.
Voglio con voi entrare nel dettaglio di questa lunga e articolata relazione per un semplice motivo: il calcio in Italia rappresenta la quintessenza del degrado della società e, dunque, quel che vale per questo sport, mutatis mutandis, vale per il resto delle relazioni sociali di questo sbrindellato Paese.
Come vedrete lascerò parlare l’analisi della Commissione perché, francamente, non c’è poi molto da aggiungere.
Ebbene partiamo dal primo spunto che mi ha colpito: la pressoché totale inutilità preventiva delle Forze dell’Ordine all’interno degli stadi. O, se preferite, la posso dire così: le tifoserie se ne fottono della presenza dei poliziotti, se ne strasbattono degli steward e, anzi, con il loro piccoli eserciti di merda, sono pronte alla pugna e agli scontri fisici.
La domanda allora è semplice: ma perché lo Stato (cioè noi) deve sottrarre ad altri compiti i poliziotti e non lasciare, invece, a guardianie e servizi di sicurezza private pagate dalle società questi stessi compiti?
Mi rendo conto che, mentre scrivo questo, so già di andare incontro ad una devastante previsione: guardianie e servizi privati svolgerebbero più o meno egregiamente il proprio ruolo a seconda del grado di infiltrazione malavitosa al proprio interno. E’ un dato di fatto conclamato da decine e decine di indagini giudiziarie che la security a vari livelli è uno dei settori nei quali la criminalità organizzata sguazza (anche con corposi investimenti societari) per orientare e gestire business collaterali (ad esempio droga) e controllare il territorio. Crederemmo dunque che il privato è più efficiente del pubblico ma dobbiamo fin da ora sapere che questo sarà dovuto al motivo appena descritto.
Mi rendo conto anche del fatto che la privatizzazione della sicurezza sarà un elemento che accelererà il declino del calcio, già nelle mani di soggetti ai quali non mi avvicinerei neppure se mi pregassero.
Leggete cosa scrive la Commissione: «La questione dell’infiltrazione mafiosa nei gruppi ultras si lega necessariamente al tema della sicurezza degli stadi, che sono frequentemente ostaggio delle tifoserie organizzate, come ha evidenziato il prefetto Franco Gabrielli, Capo della Polizia: “Effettivamente, come dimostrano i 75 incontri di calcio caratterizzati da scontri durante questa stagione [2016-2017], tali criticità rappresentano ancora oggi uno dei fronti più impegnativi per l’azione di tutela dell’ordine pubblico coordinata dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza. Ricordo soltanto che al 31 marzo scorso sono stati impiegati, in occasione delle partite di calcio, contingenti delle forze di polizia pari complessivamente a oltre 165 mila unità”.
La strategia adoperata per affrontare il fenomeno della violenza ultras è stata infatti tradizionalmente incentrata sulla fase del “controllo” e del “contenimento” e ha indubbiamente prodotto efficaci risultati nel mantenimento dell’ordine pubblico. Ciò tuttavia non ha impedito ai gruppi ultras, come effetto collaterale, di mantenere e rafforzare il proprio potere all’interno di alcuni settori degli stadi.
Nelle curve, infatti, l’anarchia nella gestione degli spazi, rispetto ai criteri di assegnazione dei posti dettati dal sistema di vendita dei biglietti, per i tifosi più estremi è anche funzionale a rendere più difficile l’identificazione dei singoli individui, dal momento che viene di fatto impedita la mappatura dei settori dello stadio sulla base dell’abbinamento tra il nominativo dell’acquirente e il posto assegnato dal sistema informatico di prenotazione. Il rispetto di tale regola, attribuito alla vigilanza degli steward, è generalmente garantito in tutti i settori dello stadio differenti dalle curve, anche se non mancano ulteriori eccezioni.
Nelle curve le norme perdono spesso il carattere di effettività e il diritto cede alla forza degli ultras. Una volta entrati, questi si aggregano in masse indistinte, di fatto dei piccoli «eserciti», con dei capi riconosciuti, i quali dettano le regole, attraverso lo strumento dell’intimidazione, all’interno del proprio «territorio» contrassegnato da segni e simboli ben visibili.
Allo stato attuale, tali masse sono comunque costantemente monitorate dalle forze dell’ordine, attentamente studiate “dall’esterno” e, nel caso in cui i tifosi commettano illeciti, il progressivo miglioramento degli strumenti tecnologici a disposizione consente l’individuazione fisica dei trasgressori, che sono fermati al termine dell’incontro sportivo. Il mantenimento dell’ordine pubblico, quindi, non è assolutamente messo in discussione, viene sempre garantito, sia pure in modo molto oneroso per la collettività, e assume giustamente – alle condizioni date – valenza predominante. Questo stato di cose impone, però, di comprimere gli altri eventuali interessi che possono emergere come, ad esempio, la fruibilità di quel settore dello stadio da parte dei tifosi che hanno legittimamente acquistato i biglietti nei posti occupati dagli ultras, o da chiunque altro approfitti della confusione, oppure l’interesse a che l’autorità statale non venga platealmente sottomessa da manifestazioni di forza dei tifosi nell’ambito dello stadio».
Perché trovate sottolineati (da me) tre passaggi?
Perché letti insieme ci dicono appunto che: nonostante l’impiego di 165 mila poliziotti nei soli primi tre mesi della stagione calcistica, gli ultras hanno addirittura aumentato il proprio potere anche perché le curve, salvo eccezioni (forse nei campi parrocchiali ma non ne sono neppure sicuro) sfuggono a ogni regola. Sono fuorilegge.
E allora, guagliò, non sarebbe il caso di cambiare registro e lasciare almeno che i poliziotti anziché essere sbeffeggiati da gruppi di merde liofilizzate e sottovuoto spinto siano impiegati a compiti preventivi molto più redditizi dal punto di vista sociale?
Tanto negli stadi la prevenzione – sono le Istituzioni a dirlo e non io – non produce effetti, anche per il colpevole e disgustoso collaborazionismo più o meno silente di molte società. I gruppi di criminali sono ormai riusciti a estromettere ragion civile e passione dagli stadi. Chi va o lo fa per delinquere o per subire. E questo sarebbe sport?
Amati lettori di questo umile e umido blog vi do appuntamento alla prossima settimana con altre analisi su questa relazione. Quando voi le leggerete, io sarò di nuovo per tutta le settimana in Svizzera. Non per incontrare Heidi o mangiare cioccolata (molto più buona quella italiana) ma per una nuova e approfondita inchiesta sulla criminalità (organizzata e finanziaria) che leggerete sul Sole-24 ore e sul sito del Sole-24 Ore nel nuovo anno.
r.galullo@ilsole24ore.com
1 – to be continued