Quella che pubblico è la presentazione del sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo al libro di Alessia Candito “Chi comanda Milano – Mafie, soldi, potere nell’era di Expo” –”editato nella Collana Ora Legale (a mia cura) da giovedi scorso per una settimana in edicola con il Sole-24 Ore. Al termine della settimana, come del resto tutti i 20 volumi della Collana, sarà possibile acquistarlo su www.ilsole24ore.com/oralegale. Consiglio valido anche nel caso in cui non doveste trovarlo in edicola.
Capita spesso di ascoltare critiche sui magistrati che scrivono libri, fortemente condizionate da una evidente ragione di fondo: i magistrati sono più informati di altri e, quindi, raccontano meglio i fenomeni criminali di tipo mafioso.
In questo quadro, caratterizzato da una produzione letteraria enorme che riguarda le mafie, molto raramente si ha la fortuna di provare la piacevole sensazione che qualcuno ha compreso che i percorsi investigativi degli ultimi anni, a volte tortuosi e spesso difficili da comprendere, non sono stati sterili ed autoreferenziali, ma sono serviti a gettare le basi per una coscienza nuova, più evoluta ed attenta, che persone capaci di raccontare, come Alessia Candito, sono in grado di portare all’esterno dei circuiti giudiziari.
Questo libro consente di rispondere ad una domanda che ancora oggi si ascolta, infarcita di retorica, nelle aule di giustizia: “la ‘ndrangheta, dov’è la ‘ndrangheta, in questo processo la cerco e non la trovo!”.
Ecco a cosa serve il lavoro di osservazione attenta dei fenomeni criminali: superare il vero grande limite della cronaca giudiziaria che spesso si perde nei meandri del linguaggio tecnico e descrive i fenomeni criminali in modo distaccato e distante, incomprensibile ed inadeguato, tralasciando di spiegare che le mafie sono, prima che un tema giudiziario, il vero grande problema sociale che affligge questa Nazione, in grado di generare enormi squilibri che non trovano argine nei timidi interventi normativi degli ultimi tempi.
Solo in pochi hanno compreso che il problema mafia riguarda solo in minima parte chi entra in contatto diretto con i singoli esponenti mafiosi, piccoli e grandi, per coinvolgere invece intere comunità, anche quelle apparentemente dotate di anticorpi culturali importanti, interi comparti imprenditoriali, intere aree e settori economici, tanto da costringerci ad una domanda banale e devastante allo stesso tempo: esiste ancora una economia legale che può fare a meno dei capitali mafiosi?
A questa domanda cerca di dare risposta il libro che avete in mano, compiendo uno sforzo indispensabile per capire che non è più accettabile lo stupore ipocrita di intere classi dirigenti di fronte alle inchieste della magistratura che ricostruiscono le commistioni mafia – politica – imprenditoria – sistema economico, nazionale ed internazionale.
È ormai noto che quello stupore non è ignoranza, ma sintomatica dimostrazione di sottovalutazione e scarsa attenzione, quale anticamera di gravi manifestazioni di contiguità compiacente ed interessata, primo vero passo verso il concorso esterno ed, ancora oltre, verso la sostanziale organicità operativa nell’ambito dell’organizzazione criminale di tipo mafioso.
Seguendo i vari passaggi del libro, si acquista la chiara ed amara certezza che è arrivato il momento di mettere a fuoco un concetto fondamentale per sviluppare ricostruzioni serie, attuali e convincenti: il Nord è terra di ‘ndrangheta da sempre.
Tale verità storica e processuale non si spiega solo perché il Sud ha delocalizzato il peggio di se stesso, invadendo e conquistando territori che conoscevano meno i fenomeni parassitari di tipo mafioso.
La ragione vera è un’altra, ed è ancora più strisciante ed evidente: il fenomeno mafioso si espande, costantemente, ed ha necessità di conquistare spazi di economia legale. Nel momento in cui quegli spazi tendono a saturarsi, è necessario conquistare fisiologicamente altri territori, che solo occhi distratti identificano con meri spazi geografici.
Gli approfondimenti operati dall’autrice, accanto alle riflessioni appena accennate, mi hanno riportato alla mente il primo esame della mia vita, quando bambino mi chiesero se era più ricca la Russia Europea o quella Asiatica. Per non rendere facile la risposta mi chiesero di osservare con attenzione la cartina geografica e di apprezzare le dimensioni dei territori e la loro vicinanza con altri importanti Stati, la cui estensione risultava smisurata.
Risposi che era più ricca la Russia Europea, perché noi europei eravamo abbienti, e facoltosi, e la Siberia era invece un deserto.
Ovviamente la risposta era corretta: qualcuno però mi fece notare che a volte i deserti nascondo grandi ricchezze.
Porto ancora dentro il peso di tale osservazione ed ancora oggi mi interrogo sulla ragione della pessima abitudine, molto diffusa in tutti gli ambienti, diretta a salvare le apparenze, dimenticando che solo studiando a fondo il problema è possibile trovare la giusta soluzione.
Ho sempre riconosciuto all’autrice questa straordinaria capacità, che si trasforma nella forza di mantenere alta la sua curiosità di ricercatrice, capace come pochi di inquadrare fino in fondo il cuore del fenomeno da studiare e di trasformare i progressivi stadi della conoscenza in percorsi di crescita e di affrancazione da visioni stereotipate, antistoriche o politicamente corrette.
La lettura del testo mi ha riportato con la mente a quel passaggio della mia vita perché quello spunto di riflessione mi guida ogni giorno nel mio lavoro di ricerca della obiettività processuale: mai accontentarsi delle verità altrui, mai generalizzare o banalizzare, mai sottovalutare, mai cadere nella trappola delle risposte scontate e banali.
E soprattutto mai ignorare o dimenticare i risultati raggiunti da chi ci ha preceduti, non per il rispetto che meritano le persone ma per la necessità di proseguire un cammino di conoscenza che non riparta ogni giorno da zero, come piace ai sistemi criminali di tipo mafioso.
Questo è il merito del lavoro di Alessia Candito, frutto di analisi attente e non scontate sulla ‘ndrangheta, sul suo core business, sulle grandi opere, su Expo, su Reggio Calabria, Milano ed i circuiti economico – finanziari che governano questo Paese ed inquinano l’aria che respiriamo.
Tutto questo è stato possibile prendendo le mosse dai risultati processuali ed investigativi degli ultimi anni, che il libro rilegge con gli occhi di chi non subisce le limitazioni di cavilli o procedure ed ha la capacità di raccontare ad ognuno di noi la ‘ndrangheta, ed i suoi tentacoli, senza giri di parole o prudenze istituzionali.
Siamo tutti consapevoli che nel lungo percorso di conoscenza e contrasto alle mafie nessuno deve pensare di poter fare tutto da solo.
Ognuno di noi deve, però, acquisire la consapevolezza nuova e stabile che è arrivato il momento di raccontare il vero volto del fenomeno, ponendo nella giusta evidenza, come si fa in questo libro, che mafia e corruzione sono componenti indispensabili di uno stesso sistema criminale, integrato e circolare.
Raccontare fino in fondo, senza timori o condizionamenti, è l’unica operazione in grado di spezzare i perversi meccanismi di potere che alimentano le mafie e che si alimentano di mafia, di notizie false, di ricostruzioni parziali e strumentali al mantenimento di percorsi informativi che servono solo a far credere che la ‘Ndrangheta sia una banda di criminali, senza menti raffinate ed evolute.
Chi ha speso le proprie energie, fisiche ed intellettuali, per fornirci elementi di valutazione indispensabili a stimolare la nostra coscienza critica ed il nostro senso dello Stato, percorrerà la mia stessa strada.
Giuseppe Lombardo