Nell’audizione del 14 gennaio presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti, è andata “in onda” la Procura di Santa Maria Capua Vetere.
Sotto la lente di ingrandimento dei commissari, presieduti dal pd Alessandro Bratti, c’era, ancora una volta, la terra dei fuochi casertana.
La Procura, in questi anni, molto ha fatto. Accanto alle cose più note all’opinione pubblica, altre ne ha raccontate in questa occasione.
Ad esempio ha effettuato un nuovo e importante accertamento sull’ex cava tufacea Masseria Monti (nel comune di Maddaloni). La Procura ha accertato la presenza effettiva di un inquinamento gravissimo: sono state “tombate” 300.000 tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi, tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta; c’è un riversamento di 30.000 tonnellate di percolato direttamente in falda; una conseguente contaminazione della falda acquifera da arsenico, ma anche e soprattutto da metalli pesanti, in particolare manganese, 260 volte maggiore del valore soglia; sono state sotterrate e interrate lì batterie esauste nel corso degli anni e ora c’è il rischio di una contaminazione continuativa; vi sono, in atmosfera, emissioni di una quantità elevata di fenoli (sono stati sequestrati, in quest’ultimo caso, 60 pozzi e tutta l’area).
Il procuratore facente funzioni della Procura, nell’audizione del 14 gennaio di quest’anno presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti, Raffaella Capasso, è apparsa sconsolata: «Abbiamo avvisato il sindaco, il ministero dell’Ambiente, la Regione ma, fino ad ora, il tutto avveniva più di un anno fa, non è accaduto nulla».
In questo momento, per il magistrato, la situazione più preoccupante in quella zona è relativa ai pozzi. Varie utenze nel casertano utilizzano sia l’acqua della rete idrica che le acque dei pozzi. Quindi c’è la possibilità di travaso dall’uno all’altro sistema, se non ci sono valvole di ritegno efficaci. Come se non bastassero cave e pozzi, un’altra situazione esplosiva è quella della centrale nucleare del Garigliano.
La centrale nucleare
La centrale del Garigliano è stata costruita dalla Società elettronucleare nazionale tra il 1959 e il 1964. La proprietà fu trasferita all’Enel nel 1965 e, a seguito di un guasto al generatore, nel 1968 fu spenta. È stata disattivata definitivamente il 1o marzo 1982. Nel 1999, Sogin (la società di Stato responsabile della dismissione degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare), divenne proprietaria dell’impianto con il compito di dismissione dello stesso e di bonifica del sito. Nel settembre 2012 il ministero dello Sviluppo economico ha emanato un decreto di disattivazione relativo proprio alla centrale del Garigliano. La normativa di riferimento è il decreto legislativo n. 230 del 1995. Sono proprio le presunte violazioni contenute in tale decreto che sono state iscritte nel fascicolo nato in procura a Santa Maria Capua Vetere.
Avvalendosi della compagnia della Guardia di finanza di Mondragone, all’interno del sito sono state trovate subito delle iniziali irregolarità: registri di carico e scarico liquidi e aeriformi annotati a matita. «Ovviamente, in una centrale nucleare un registro con annotazioni a matita – dirà nella stessa audizione del 14 gennaio un’ancora più sconsolata Giuliana Giuliano, sostituto procuratore a Santa Maria Capua Vetere – ha subito destato dei sospetti sulla correttezza delle modalità di gestione all’interno della centrale. È stato effettuato con la Guardia di finanza un rilevamento iniziale all’interno della centrale per vedere anche i livelli di radioattività presenti nelle varie aree. All’interno di una trincea, aree destinate a rifiuti di bassa radioattività, come tute da lavoro degli operai che all’epoca lavoravano all’interno della centrale, sono stati rilevati livelli di radioattività dai valori anomali, cioè superiori rispetto al valore del fondo naturale, di radioattività naturale del terreno in quella zona. Questa trincea è stata posta subito in sequestro, anche perché si tratta di rifiuti interrati anni addietro. Nell’immediatezza di questo primo sopralluogo, un alto valore che destò allarme fu quello della vasca di accumulo all’interno della centrale, cioè la vasca dove confluiscono gli scarichi della centrale che, attraverso un collettore, convergono nel fiume Garigliano, appunto vicino alla centrale».
Sono stati rilevati valori di cobalto 60 e cesio 137 abbastanza elevati considerato che l’attività della centrale è cessata effettivamente nel 1982. Oltretutto, i tempi di dimezzamento del cobalto e del cesio sono abbastanza rapidi. Come prima ipotesi, in sede di primo accesso, la Procura ha sospettato che ci fosse rilascio di queste sostanze all’interno della vasca di accumulo: il primo passo è stato quello di nominare consulenti per capire i livelli di radioattività e, soprattutto, per comprendere se quei livelli fossero connessi alle insorgenze tumorali.
A domani con un nuovo e (forse) insospettabile aspetto di questa audizione.
r.galullo@ilsole24ore.com
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