«Mi infilo nel letto
e dico a me stesso
che forse domani
non sono lo stesso
il sonno che arriva
mi porta conforto
mi illudo che vivo
invece son morto
ma che bella giornata!
ma che bella giornata!
ma che bella giornata!
ma che bella giornata!
ma che bella giornata!
ma che bella giornata!
ma che bella giornata!
ma che bella giornata!»
Quella che leggete è la strofa finale del 45 giri “Ma che bella giornata”, canzone del 1968 di Guido Lamberti, in arte Ugolino, considerato uno dei padri del rock demenziale, forse anche in anticipo sui tempi rispetto al suo corregionale Rino Gaetano (l’uno era originario di Paola, l’altro di Crotone).
Beh, amati lettori, ditemi se quella di ieri non è stata una “bella giornata” per il tramonto della democrazia italiana!
Nell’ordine.
Arresto di Claudio Scajola, ex titolare del Viminale, senza contare tutto il corollario di amici ed ex parlamentari latitanti ai quali la Dia di Reggio Calabria sta dando la caccia e senza contare quanto sembra emergere all’orizzonte con una serie di indagini sull’asse Milano-Reggio Calabria: una rete segreta in grado di agire in maniera invisibile per agevolare i poteri marci e la ‘ndrangheta (tra sole.24ore.com e quotidiano ho dedicato 6 articoli a questa inchiesta dei pm Giuseppe Lombardo della Dda di Reggio Calabria e Francesco Curcio della Dna).
Poi scoppia a Milano il caso Expo, nella cui passerella giudiziaria e mediatica sfilano anche ex primari e comprimari della bella stagione (altro che singola bella giornata!) di Tangentopoli. Alcuni indagati beccati con le mani nella marmellata mentre intorno, secondo l’ipotesi accusatoria, girano mazzette, appalti pilotati, corruzione e compagnia cantando. Si badi bene: un’indagine (anche questa tutta da provare in una o più aule di Tribunale) che fa seguito a quella di poche settimane fa, sempre su alcuni vertici chiamati a gestire Expo e via indietro di questo passo nei mesi, con un profluvio di indagini anche sulle mani della criminalità sull’affare del secolo in Lombardia.
In mezzo a queste due “bombe” (come vengono giornalisticamente chiamate le notizie di particolare rilievo) è passata inevitabilmente sotto silenzio la notizia che i Carabinieri del nucleo operativo ecologico di Milano (Noe), supportati dal Gruppo per la tutela dell’ambiente di Treviso e dai Noe di Ancona e Pescara e in collaborazione con i militari dei Comandi provinciali di Milano, Como, Varese, Novara, Ancona e Chieti, a conclusione di un’inchiesta coordinata dalla sostituta procuratrice Alessandra Dolci, hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare a carico del segretario generale della Provincia di Novara e di tre imprenditori lombardi operanti nel settore del trattamento dei rifiuti, per le ipotesi di reato di corruzione e truffa aggravata ai danni dello stato.
Secondo le accuse (basti leggere il comunicato stampa diffuso ieri dai comando provinciale dei Carabinieri di Milano) gli indagati, corrompendo il segretario generale della Provincia di Novara con 60mila euro, avrebbero ottenuto una certificazione, nonostante un macchinario risultasse privo dei requisiti tecnici. Tale artifizio avrebbe consentito di accedere ad un finanziamento pubblico finalizzato all’acquisto pari a tre milioni, elargito da una società partecipata al 100% dalla camera di commercio.
Sia chiara una cosa: fino a eventuale sentenza definitiva di condanna tutti gli indagati e gli imputati sono innocenti e dunque, ovviamente, le accuse vanno provate ma quel che colpisce in questa notizia che arriva da Novara è una mezza riga (ebbene si: una mezza riga) nella quale il Comando provinciale dei Carabinieri di Milano scrive che il segretario generale della Provincia di Novara «è peraltro imputato a Monza nel processo per il cosiddetto “sistema Sesto”» che, per chi non lo sapesse, è quel processo che ruota intorno alla figura dell’ex presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati e al relativo sistema, distorto, di Sesto San Giovanni (Milano)
Ora – se, ripetiamo, tutte le accuse verranno provate in ogni ordine e grado – quel che colpisce è che i protagonisti del passato (remoto o prossimo) di indagini giudiziarie che hanno portato alla luce (penso al processo Tangentopoli) un sistema di corruzione che mina alle fondamenta il nostro Paese, siano ancora oggi liberi (fino a nuovi arresti, nuove indagini, nuovi processi) di operare e continuare quell’opera di distruzione che hanno intrapreso per colpa (anche) di una società cosiddetta civile inerme, collusa o disattenta (non saprei dire qual è l’atteggiamento peggiore).
Segniamoci la giornata di ieri: ex ministri, ex parlamentari, imprenditori, servitori dello Stato, faccendieri…«Mi infilo nel letto e dico a me stesso che forse domani
non sono lo stesso il sonno che arriva mi porta conforto mi illudo che vivo invece son morto ma che bella giornata!… »
r.galullo@ilsole24ore.com