Gallitelli, Comandante dei Carabinieri: «Da Cosa nostra prestiti a fondo perduto a famiglie e imprese» – La ricerca di nuovi equilibri interni

Giovedì 27 febbraio, il primo ad essere rimasto sorpreso della lucida relazione in Commissione parlamentare antimafia di Leonardo Gallitelli, Comandante generale dell’Arma dei carabinieri, è stato Beppe Lumia, politico di lungo corso. «Le devo fare i complementi – ha affermato a un certo punto Lumiaperché ho notato nella sua esposizione una sorta di interiorizzazione delle strategie, delle conoscenze e sinanco dei nomi, cosa non semplice da trovare anche nei vertici delle forze di polizia».
Sottoscrivo, perché l’audizione di Gallitelli è stata ricca di spunti. Quelli che ho trovato (personalmente) più interessanti sono stati quelli su Cosa nostra.

Cosa ha detto il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri? Che accanto agli indiscutibili successi nel contrasto alla mafia siciliana e all’unitarietà degli sforzi tra le Forze dell’Ordine e organi investigativi come la Dia, Cosa nostra non si arrende e punta ancora a raccogliere un consenso diffuso sul territorio. Di qui quel vincolo, quella subcultura che oggi, anche in ragione della congiuntura economica, vede le organizzazioni mafiose proporsi in modo complementare, se non addirittura sussidiario, rispetto allo Stato.
L'organizzazione mafiosa cerca di essere vicina al territorio, per cui ci sono prestiti a fondo perduto, si favoriscono assunzioni nelle imprese controllate, si dà luogo al recupero crediti, si cerca di mostrare il “volto buono” della criminalità mafiosa. Si tratta purtroppo di una subcultura che dobbiamo tutti riconoscere con onestà, che favorisce questo proporsi dell’organizzazione mafiosa con questo volto
».

E’ doloroso ammettere che in aree in profonda crisi (in alcune zone della Sicilia il tasso di disoccupazione raggiunge il 70%) le mafie possano continuare ad esercitare un sinistro fascino e possano presentarsi con quello che non hanno e non avranno mai, vale a dire un «volto buono».

Gallitelli ha poi detto una cosa curiosa, vale a dire che «in questo momento, ferma restando la leadership che ancora deve essere riconosciuta a Matteo Messina Denaro, il mafioso di Castelvetrano che stiamo tutti cercando di catturare», Cosa nostra è appunto tesa a raccogliere consenso.

Perché scrivo curiosa? Perché diverse analisi investigative tendono ad accreditare un Messina Denaro disinteressato ad assumere la leadership di Cosa nostra siciliana che, tra le altre cose, potrebbe essere riconosciuta solo ed esclusivamente con un nuovo incontro al vertice della Commissione. A tutt’oggi (per quanto se ne sa) il capo dei capi è infatti ancora Totò Riina, che mai fu sostituito nonostante due tentativi (conosciuti) andati a vuoto negli anni Novanta.

Questa frase di Gallitelli, si lega a quel che il Comandante generale dell’Arma dirà poco dopo. Prima ancora, però, Gallitelli descriverà il contesto, vale a dire che «si cerca di fare terra bruciata tutto intorno e le recenti operazioni condotte nella provincia di Trapani, che hanno colpito l’ambito familiare, provocando anche risentimento da parte di chi doveva risentirsi e andando a colpire il nipote di Matteo Messina Denaro che ne curava gli interessi, hanno portato all'arresto di 34 persone e al sequestro di 90 milioni di euro. Questi valgono a fare terra bruciata intorno e a privare delle risorse indispensabili per garantirne la latitanza».
Questa pressione costantemente esercitata Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza e Dia, secondo Gallitelli «sta facendo emergere la necessità di Cosa nostra di ripristinare unitarietà di vertice. Hanno bisogno di riconfigurare tutti gli equilibri interni, che in questo momento non sono sicuramente statici. Cercano quindi un modello unitario, in grado di dare forza come un tempo, di dare un assetto in grado di governare i rappresentanti dei vari mandamenti presenti sul territorio della città di Palermo, i mandamenti Brancaccio, Passo di Rigano, Porta Nuova, San Lorenzo, Santa Maria del Gesù. Sono questi i rappresentanti che stanno cercando di comporre questo equilibrio».

Ricapitolando, dunque, in attesa che a Messina Denaro sia riconosciuta la leadership (ammesso che gli interessi e nella speranza che sia arrestato prima che questa eventuale idea possa tramutarsi in un fatto concreto), i mandamenti palermitani e quelli che (mi vien da pensare), gravitano intorno allo stesso, proprio come quelli a cavallo tra la provincia di Trapani e quella di Palermo, vale a dire il regno di Messina Denaro, sono alla ricerca di un centro di gravità (se non permanente almeno duraturo).
Nel dinamismo attuale di Cosa nostra per cercare di darsi un assetto, ricorda Gallitelli, si inserisce anche il quadro delle minacce che sono state rivolte soprattutto ad alcuni magistrati palermitani.

r.galullo@ilsole24ore.com