La desecretazione della seduta del 7 ottobre 1997 nella Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite, nel corso della quale è stato ascoltato il pentito di camorra Carmine Schiavone, è salita agli onori delle recenti cronache. A far rumore sono state le sue dichiarazioni secondo le quali, a seguito dei continui sversamenti in Campania di milioni di tonnellate di rifiuti tossici di ogni tipo, entro 20 anni gli abitanti di quelle zone (Casapesenna, Casal Di Principe, Castelvolturno) sarebbero tutti morti di tumore.
Da venerdì, su questo umile e umido blog, ho deciso di affrontare altre parti delle dichiarazioni decretate dell’ex boss casalese, poi pentito. Venerdì ho parlato di un’identificazione devastante tra Stato (ovviamente la parte marcia) e clan dei Casalesi, secondo le sue deposizioni rese in Commissione.
Oggi proseguo su questo filone, che va a toccare le radici periferiche dello Stato, vale a dire i comuni.
Il presidente della Commissione Massimo Scalia affronta il tema delle ramificazioni e delle estensioni dei Casalesi nel traffico illecito dei rifiuti fuori dai confini a cavallo tra le province di Napoli e Caserta. Carmine Schiavone risponde, papale papale, che se i Casalesi avessero voluto sarebbero arrivati fino a Milano e che, comunque, i Casalesi avevano “sconfinato” nel Beneventano, fino al Molise, alla Puglia e alla provincia di Latina.
Carmine Schiavone, ad un certo punto, afferma testualmente che «…c’era tutto un complesso affaristico esteso a tutti i livelli e a tutti i settori. Noi per esempio, “facevamo” i sindaci».
Figuriamoci se Scalia si perdeva l’occasione di approfondire un’uscita di questo genere e chiede: «Dove?». La risposta di Schiavone è tutta da leggere.
Carmine Schiavone: «In tutti i 106 comuni della provincia di Caserta. Noi facevamo i sindaci, di qualunque colore fossero. C’è la prova…Io, ad esempio, avevo la zona di Villa Literno e sono stato io a fare eleggere il sindaco. Prima il sindaco era socialista e noi eravamo democristiani. Dopo la guerra con i Bardellino…Ci avrebbe fatto piacere anche se fosse rimasto socialista, perché era la stessa cosa. Per esempio, a Frignano, avevamo i comunisti. A noi importava non il colore ma solo i soldi, perché c’era un’uscita di 2 miliardi e mezzo al mese».
Con la parola “uscita” Schiavone intende dire “guadagno”: vale a dire i Casalesi negli anni Ottanta/Novanta lucravano 2,5 miliardi al mese dal traffico illecito dei rifiuti e del colore delle Giunte gliene poteva fregà de meno. Franza o Spagna, purchè se magna. E loro magnavano con tutti. Falce e martello, scudi crociati, garofani rossi, edere verdi, andava tutto bene, purché le amministrazioni potessero essere direttamente o indirettamente veicolo dei loro affari. Tanto la torta era ricca e c’era da mangiare per tutti.
IL GUADAGNO
Sul guadagno c’è da fare una puntualizzazione importante perché, ad un certo punto, il presidente della Commissione parlamentare sui rifiuti, sentendo quella cifra (2/3 miliardi al mese dal 1990, non ci vede chiaro ed esclama: «Cosi poco? ». E allora Schiavone puntualizza: «Ma nella cassa comune, con la quale si pagava il mensile, non nelle casse private. C’è qualche latitante che ha ancora le valigie piene di soldi, le ho viste io stesso. Sono soldi fatti con i rifiuti e con altre attività, di nascosto. Ho fatto sequestrare allo Stato 2.200 miliardi e penso che sono ancora pochi, i conti non tornano». Già, non tornano.
TU FAI QUESTO TU FAI QUELLO
Tornando alle “virtù” elettive nelle amministrazioni locali, Schiavone – per essere ancora più chiaro – si lancia in un aneddoto, visto che i protagonisti erano già stati arrestati. «A Villa Literno, che era di mia competenza – spiega Schiavone di fronte ai membri della Commissione parlamentare – ho “fatto” io stesso l’amministrazione comunale. Abbiamo candidato determinate persone al di fuori di ogni sospetto, persone con parvenze pulite ed abbiamo fatto eleggere 10 consiglieri, mentre prima ne prendevamo tre o quattro. Un seggio lo hanno preso i repubblicani, otto i socialisti ed uno i comunisti…La sera li abbiamo riuniti e ne mancava uno. Io li ho riuniti e ho detto loro: “tu fai il sindaco, tu fai l’assessore” e via di questo passo. Mi hanno detto: “Ma manca un consigliere per avere la maggioranza”. All’epoca c’era Zorro, il quale era capo zona e dipendeva da me. Ho detto: “Andate a prendere…omissis…e lo facciamo diventare democristiano”. Infatti lo facemmo assessore al personale. La sera era comunista e la mattina diventò democristiano».
E che ce vò: un cambio di casacca e il gioco è fatto. Schiavone va avanti imperterrito nel suo racconto. «E’ così che si facevano le amministrazioni. Il patto era che gli affari fino a 100 milioni li gestiva il Comune, oltre i 100 milioni, con i consorzi, ci portavano l’elenco dei lavori e noi l’assegnavamo. Ai Comuni dicevamo che sui grandi lavori edili avrebbero trattato direttamente con noi al 2,50%. C’era una tariffa: 5% sulle opere di costruzione e 10% sulle opere stradali. Perché le strade si debbono rifare ogni anno? Perché non venivano fatte bene, perché se il capitolato stabiliva che vi dovessero essere sei centimetri di asfalto, in realtà ne venivano messi tre, perché il cemento utilizzato non era quello previsto, e così via. Il sistema generale era così. Speriamo che cambi».
AMMAZZARE I MORTI
Il presidente Scalia torna successivamente sul controllo delle amministrazioni ma vuole sapere, esattamente, «se vi erano rapporti particolari con amministratori, uomini politici». E qui il pentito, ex boss e uomo d’onore, si irrigidisce. Anzi: a mio giudizio è proprio reticente. Insomma, non vuole parlare.
Schiavone: Ho già detto che controllavamo tutti i comuni
Scalia. A parte questo, vi erano rapporti con personalità politiche che non fossero sindaci o amministratori locali?
Schiavone. Non ricordo. Avevamo i sindaci.
Scalia. Vi bastavano i sindaci?
Schiavone. Sì, ci bastava il sindaco. Ogni cittadino italiano ha diritto a un solo voto, anche lei quando va a votare può fare affidamento solo sul suo voto. Per avere 20/30 mila voti o addirittura 30/100mila voti, uno ha bisogno di tanti amici.
Scalia. Se sa qualcosa ce lo dica,
Schiavone. Che debbo dire. Ho detto tutto quello che dovevo dire.
Scalia. Sia più chiaro.
Schiavone. Che devo dire più dei sindaci?
Roberto Napoli (membro della Commissione ndr). Di quelli che stanno sopra i sindaci.
Schiavone: Non fanno più politica; ammazzare i morti è inutile.
Vorrei lasciarvi con una riflessione, che prende spunto dalla frase di Schiavone rivolta al modus operandi dello Stato deviato e delle mafie: «Speriamo che cambi». Ecco, secondo voi, amati lettori di questo umile e umido blog, le cose sono cambiate?
A domani con un altro approfondimento. Un “evergreen”: i rapporti con la massoneria…
2 – to be continued (la precedente puntata è stata pubblicata l’8 novembre)