Vivere Reggio Calabria nei giorni in cui Federico Cafiero De Raho si è insediato al vertice della Procura della città è stata un’esperienza edificante per chi – come il modesto scriba che qui leggete – ha avuto la possibilità di farlo.
La dico subito: alla città gliene poteva fregà de meno dell’evento (perché tale è e rimando ai post in archivio del 10 e 11 aprile), abbandonata com è alla disperazione.
Sissignori, alla disperazione. Volete una rapida e parzialissima carrellata dei motivi?
Il Comune è commissariato per scioglimento dovuto a contiguità mafiose (oh yes) ed è alle prese con un’indagine delicatissima come la morte “suicidata” di un suo alto dirigente che appresso rischia di tirarsi mezzo mondo. Infine il Municipio, che non si fa mancare nulla, è investito da un’ennesima indagine giudiziaria che ha evidenziato come un buon numero di reggini dipendenti comunali è di uno stakanovismo da far invidia ai cinesi.
I tassi di disoccupazione sono a livelli record, le imprese (gran parte delle quali dipendono direttamente o indirettamente da sussidi pubblici) licenziano o sono ferme sotto il peso della crisi e dei ritardi nei pagamenti della pa, il commercio chiude, i professionisti arrancano e i giovani emigrano (tutto questo, ovviamente in percentuali doppie o triple rispetto al resto d’Italia che non se la passa comunque bene).
La Giustizia è rimasta colpevolmente semi-paralizzata per un anno e soltanto l’alto senso di responsabilità dei sostituti procuratori ha evitato che le disgregazioni interne (fortissime) diventassero furiose battaglie al curaro.
La criminalità è imperante e in attesa di un assetto politico certo e definito (le mafie detestano l’instabilità).
Il sistema criminale – politica marcia, servizi deviati, massoneria deviata e i professionisti collusi o fatti crescere al caldo della cupola – in questo anno ha fatto di tutto per ribaltare la discesa di Cafiero De Raho e garantire gli assetti così facilmente acquisiti negli anni. Ora la domanda è: che cosa avrà ottenuto o cercato di ottenere la cupola in cambio della sconfitta per l’arrivo del procuratore napoletano dai modi gentili e dagli attributi enormi?
Allargando il campo visivo, la Regione ha più indagati che ai tempi di Loiero Agazio che tanto aveva fatto gridare allo scandalo i giornalisti-giornalai.
Fiumi di denaro – almeno 26 milioni – persi con i contratti finanziari cosiddetti “derivati”, sottoscritti in passato e di cui non fotte nulla a nessuno visto che per la stampa fa più notizia il gratta e vinci (forse) messo in nota spese dal consigliere X o Y.
Ma mi domando calabresi cari che tanto vi scandalizzate in questi giorni per le presunte truffe dei politici: ma quei politici (mi vien da ridere a definirli tali visto che la Polis greca era l’esatto opposto) chi li ha votati? Io? Mi duole darvi questo dispiacere ma rispecchiano ciò che siete, così come i politici che abbiamo mandato al Parlamento rispettano ciò che siamo. Né più né meno, a partire dai neo invasati grillini che sono riusciti a rimpiazzare in follie politico-mediatiche persino i leghisti.
E dire che dovreste scendere in piazza – per primi voi reggini, che come nessun altro state pagando il peso del disprezzo della classe dirigente nei confronti delle vostre necessità ed elementari esigenze di cittadini – non tanto contro i politicanti che hanno abusato del potere per pagarsi il gratta e vinci ma innanzitutto contro chi ha addebitato in capa a ciascuno di voi (poppanti compresi) il debito per centinaia di milioni che è parte dello scioglimento del consiglio comunale. A questa voragine impressionante si aggiunge la quota parte degli (almeno) 26 milioni derivante da spericolate manovre speculativo-finanziarie in Regione che graverà in termini di minori servizi, investimenti (già rasi al suolo) e via di questo passo. Ho visto furibondi comunicati stampa e prese di posizioni lancinanti sui gratta e vinci da parte di associazioni e partiti ma suoi 26 milioni (almeno) di maggiori oneri sui conti della Regione e prima ancora sul devastante pre-dissesto finanziario chi, di grazia, ha alzato un dito?
LA LIBERA STAMPA
Chi mi segue da tempo sa che non sono mai stato tenero con la libertà di stampa in Calabria. Anche in questo caso voglio essere chiaro. Il problema esiste ovunque in Italia ma nelle regioni meridionali – dove in alcuni casi il peccato mortale dei sussidi pubblici per l’editoria nazionale viene amplificato con rinnovate e milionarie prebende a livello regionale – è maggiore, anche perché si compone inevitabilmente con altri abbracci mortali, quali lo strapotere e la forza di intimidazione delle cosche (in Calabria e in tutto il Sud ci sono pochi ma valorosissimi cronisti che fanno del servizio al lettore una ragione di vita), lo strapotere e la forza di intimidazione della politica marcia, lo strapotere e la forza di intimidazione dei professionisti collusi o foraggiati dal sistema criminale.
Esprimere libertà di informazione – insomma – non è facile e, per non farsi mancare nulla, in Calabria è sport regionale l’adozione del potere giudiziario a seconda delle convenienze non proprie – si badi bene – ma della rete di potere alla quale si risponde o dalla quale, direttamente o indirettamente ci si alimenta. Pochi, infatti, sono i media che possono agire in assoluta (diciamo così) libertà.
E così accade che ciascuno – in questi giorni – ha sposato il proprio modo di dare il benvenuto a Cafiero De Raho. Ci soni stati media che hanno trovato la notizia di profilo medio (relegando le cronache, nei giorni precedenti e successivi all’elezione, in posizioni defilate e, soprattutto, assumendo posizioni di attesa e di difesa); altri media hanno esaltato l’arrivo in spregio e sfregio alle loro precedenti cronache osannanti al vecchio sistema giudiziario; altri ancora hanno salutato con favore l’arrivo di Cafiero De Raho motivandolo e schierandosi.
Il neo procuratore capo sa che – a differenza di Napoli e della Campania dove la stampa ha radici di indipendenza più profonde e impeti di distacco dai poteri forti più consolidati nonostante il conformismo imperante che mangia anche lì sempre maggiori fette di libertà di informazione – la stampa ha e avrà un ruolo determinante nel raccontare il suo operato e quello dei suoi uffici: non tanto nei confronti dell’opinione pubblica (distratta da altro) ma soprattutto nei confronti dei poli di potere ai quali deve riferire e dai quali subisce fascinazione e attrazione fatale.
Il neo procuratore sa anche che – contemporaneamente o quasi alla sua investitura – sono intervenuti e sempre più interverranno i “boss” nazionali e locali dell’informazione guidata dai poteri marci e – come avvenne nel recente passato – sono pronto a scommettere che da sedicenti organi di informazione arriveranno presto nei suoi confronti bordate e intimidazioni.
Ma tutto questo e molto altro ancora il capo della Procura già sa.
r.galullo@ilsole24ore.com