Anche io ho votato. L’ho fatto turandomi naso, orecchie, gola e ogni altro pertugio, a futura memoria. Mi sono vergognato del mio voto. Mi ha consolato poco il fatto che magari il vicino di cabina, pur barrando un simbolo diverso dal mio, si sarà vergognato pure lui.
E’ l’Italia della vergogna. Lo sappiamo. Lo scriviamo. E ora lo vediamo.
C’è un aspetto che mi angoscia – ormai – al pari degli altri, visto che fare una classifica dei disastri, quando la casa brucia, è improponibile: la vittoria dell’illegalità.
Su due fronti: il primo – ed essendo da decenni abituati ad avere ladri e mafiosi in Parlamento – è quello meno inquietante (sigh!): l’ascesa in Parlamento di figuri diretta espressione delle scommesse mafiose delle varie famiglie. In certe regioni del Sud – scorrendo le vittorie al Senato e prevedendo quelle della Camera – si leggono nomi che, definire imbarazzanti, è un eufemismo. Nomi e cognomi immacolati (o quasi) dal punto di vista processuale (il che dà loro la forza di gridare innocenza e grondare vittimismo complottistico) ma dei quali anche le pietre – che però non fanno giudizio né in primo né in secondo grado e neppure in Cassazione – sanno la provenienza e, soprattutto, di cosa e a chi dovranno rispondere.
Il secondo fronte sul quale l’illegalità ha vinto a piene mani è stato addirittura “preventivo”. Ci sono stati partiti o sedicenti tali – penso ad esempio a “Fare per fermare il declino”- nel cui programma, banalmente e semplicemente, la parola legalità non veniva neppure citata. Ho fatto presente a Oscar Giannino – mio apprezzatissimo vicino di studio di registrazione negli anni in cui conducevo programmi su Radio24 – questa cosa, sottolineandogli che la legalità è condizione vitale per lo sviluppo. Non mi ha neppure risposto.
Dramma su dramma, il programma di legalità e lotta alla mafia del Pd – racchiuso come in scatole cinesi all’interno di un progetto monstre consultabile sul loro sito – in campagna elettorale è semplicemente sparito, volatilizzato, divorato dall’iniziale contrapposizione tra ex magistrati che spiegavano agli italiani esterrefatti: “io sono più antimafia di te”, senza contare l’appoggio non richiesto (ma indotto) di altri magistrati che dovrebbero, prima di spiegare cosa è la lotta alla mafia, capire di cosa parlano.
In questa canea di dilettanti/professionisti allo sbaraglio – nella quale il Movimento 5 Stelle affidava al leder maximo la conduzione di ogni battaglia demagogica – è stato gioco facile, facilissimo per Silvio Berlusconi e compagnia blaterando, riproporre il solito, atavico ritornello: noi abbiamo arrestato più latitanti in 5 anni che gli altri governi in 20; noi abbiamo dato vita all’Agenzia dei beni confiscati; noi abbiamo sequestrato miliardi a profusione ai mafiosi; noi qui voi là…
Vaglielo poi a spiegare agli italiani che i latitanti non li arresta il Governo, che l’Agenzia già esisteva e casomai è in agonia, che i miliardi li sequestrano magistrati e forze dell’ordine e che – soprattutto – se la lotta alle mafie militari ha fatto passi in avanti (indipendenti dagli sforzi dei Governi i quali, anzi, negli ultimi anni hanno tagliato, tagliato e tagliato risorse, mezzi e uomini), quella alla cupola mafiosa è drammaticamente arretrata.
E Rivoluzione Civile? Beh, è la dimostrazione vivente che un prodotto "monomarca" che non sappia declinare i temi della legalità unitamente alla capacità di offrire un'ampia gamma di proposte credibili e incisive sulla vita di ogni giorno, non è "vendibile". Senza contare che lo sfoggio dei muscoli su chi è più antimafia dell'altro, in un Italia che apprezza di più i sogni che la realtà, non paga.
Quanto a Lista Civica, poco da dire se non rimandare a quanto ho scritto su questo blog all'indomani della presentazione dell'Agenda. Dentro quell'Agenda, sui temi della legalità, poco o nulla.
No so se le mafie avranno dato ordine di votare o meno (credo, da quel poco che posso intuire, che i boss abbiano dato sostanzialmente ordine di astenersi da un forte impegno sui grandi partiti, convogliando intanto la croce sui soliti noti e/o su formazioni eterodirette) ma so per certo che già in questa condizione di ingovernabilità assoluta e a tempo indeterminato, stanno brindando. Magari levando un calice anche a quella pattuglia che le rappresenta – da che l’Italia è una democrazia – in Parlamento.
Fare per disfare l’Italia…verrebbe da dire! Ma a essere ottimisti!
r.galullo@ilsole24ore.com