“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”.
Questa frase viene attribuita a Paolo Borsellino.
Sono d’accordo ma solo nella misura in cui se ne parla nella maniera adeguata. Parlarne tanto per farlo, per aprire la bocca e dare fiato, non solo lo ritengo un esercizio idiota me persino dannoso. Controproducente.
Parlare di mafia nella maniera sbagliata induce a banalizzare il dramma che sta attraversando un Paese – quale il nostro – dilaniato da capitali sporchi e menti mafiose sempre più raffinate.
Il mio blog – il secondo nato sul sito del Sole-24 Ore nell’ormai lontano 2007 venendo incontro all’incoraggiamento che mi diede l’allora direttore Ferruccio de Bortoli – ha tagliato e ampiamente superato alcuni giorni fa il traguardo del milione di pagine viste.
Ricordo ora come se fosse il primo giorno, l’ansia con la quale contai il numero dei lettori del mio primo post: meno di cinquanta.
Una vittoria. Anche solo 50 persone che si interessavano a ciò che scrivevo sulla mafia rappresentavano 50 coscienze civili pronte a moltiplicare interesse, curiosità e studio. Sì, tanto studio. Perché se non si studia, se non si approfondiscono i temi, tutto rimane in superficie. Tutto rimane inutile. Una vittoria 50 pagine viste, figuratevi un milione!
Da allora sono passati quasi cinque anni e ormai ogni articolo che scrivo viene letto online – ogni giorno – da migliaia e migliaia di persone.
Vi racconto tutto questo non per orgoglio personale (anche se i giornalisti, si sa, un pizzico di puttanaggine nell’anima ce l’hanno) ma solo ed unicamente per quel benedetto motivo che ricorreva nelle parole di Paolo Borsellino e che ricorre – corretto come vi ho descritto – anche nella mia testa. Da sempre.
Da ragazzo, quando mio padre mi invitava a riflettere con lui dei libri sulla mafia che mi dava da leggere. E da giornalista quando – ormai quasi nove anni fa – decisi di abbandonare il posto di caporedattore per diventare inviato. Ancora una volta grazie a de Bortoli e ai direttori che ho avuto successivamente: da Gianni Riotta a Roberto Napoletano (nel quotidiano), da Giancarlo Santalmassi a Fabio Tamburini (a Radio 24), passando per Gianfranco Fabi.
Parlarne, scriverne ma farlo in modo da risvegliare coscienze, principi e valori. Non fermarsi mai alla superficie, alle verità rivelate a senso unico, alle apparenze.
Non ho mai scritto una riga – sul blog, sul Sole 24 Ore, nei miei libri – che non rispondesse a queste regole. Ed è un dispiacere enorme – dopo sette anni – non avere più su Radio 24 la mia trasmissione quotidiana. Pensate: 100mila radioascoltatori che ogni mattina e altre 100mila in replica ogni notte mi sentivano blaterare di mafie nazionali e internazionali! Che peccato! Dannata “spending rewiew”!
Peccato ma…Ma proprio per questo raddoppierò gli sforzi e cercherò di dare maggiori informazioni su economia criminale e crimine organizzato.
Grazie a voi che – in questi anni – avete avuto il piacere o il dispiacere di seguirmi. Perché di una cosa potete stare ceti: continuerò a non guardare mai in faccia a nessuno.
Per rispetto a voi. A me. Al mio specchio e alla mia famiglia. Nel nome di Paolo Borsellino.