C'è da chiedersi a chi giovi continuare a tenere a mollo Luigi Bonaventura, ex reggente a Crotone dell'omonimo clan "coniugato Vrenna", pentito (da anni) ma con protezione a intermittenza.
C'è da chiedersi perchè e a chi giovi tenerlo a mollo proprio ora.
Già perchè il momento – per lui e per la sua famiglia che vive talmente "segretamente" a Termoli (Campobasso) che i primi a saperlo sono stati i De Stefano che in Calabria tutto possono – è topico. Non solo perche il Viminale gli ha ordinato di lasciare Termoli (per andare dove? ma, soprattutto, per avere quale garanzie di rimanere in vita?), non solo perchè ha deciso di parlare dei De Stefano con il pm di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, non solo perchè tutti sanno dove si trovi ed infatti poche settimane fa gli hanno mandato l'ennesimo messaggio di morte ma anche perchè la scorsa settimana – per lui e per la sua famiglia – son tornati di moda i Ferrazzo.
I FERRAZZO
La scorsa settimana, infatti, è stata fatale ad 8 persone arrestate a seguito dell'indagine condotta dal pm Mario Venditti della Dda di Milano su un traffico di armi e droga tra l'Italia e la Svizzera. La Procura antimafia del capoluogo, in collaborazione con la Polizia federale elvetica, ha smantellato una rete che importava dalla Svizzera (in particolare dal Canton Uri) droga e armi destinate, si legge nell'ordinanza, prevalentemente a cittadini italiani di origine calabrese. Alcune delle persone arrestate hanno infatti raccontato agli inquirenti che il traffico risale al 2000 ma l'attenzione degli inquirenti si è incentrata su una complessa vicenda partita il 9 gennaio 2010 per una fornitura di armi, tra le quali almeno un mitra Uzi provvisto di due caricatori. Dallo sviluppo delle indagini è emerso che uno dei destinatari era Eugenio Ferrazzo, di Mesoraca (Crotone) attualmente in carcere a Lanciano (Chieti) dopo la scoperta di una raffineria di droga e figlio del presunto boss Felice.
Questa nuova operazione apre squarci inquietanti sulla famiglia Ferrazzo. A Termoli (Campobasso), a due passi da Campomarino dove la famiglia di Eugenio Ferrazzo risiede, il 22 luglio 2011 fu scoperto un arsenale di armi in un garage al quale aveva libero accesso proprio Felice Ferrazzo:
kalashnikov, pistole, silenziatori, giubbotti antiproiettile e munizioni per un valore superiore a 100mila euro. E' lecito supporre dunque che questa continua ricerca e disponibilità di armi possa essere ricondotta alla necessità di tenersi pronti a una possibile guerra di 'ndrangheta. Dove e perchè?
"Non compete a me valutare l’attendibilità dei rischi che corrono Luigi Bonaventura, la moglie e i suoi due figli – denunciò il 6 luglio 2012 il vicepresidente del consiglio regionale molisano, Michele Petraroia, in una lettera spedita a mezzo mondo – per l’assenza di garanzie di anonimato, di scorta e di misure di protezione meno evanescenti di quelle attivate per Lea Garofalo. E saranno le preposte autorità nazionali e regionali ad occuparsi del caso.
Ciò che intendo segnalare con viva preoccupazione è l’accentuarsi di episodi inquietanti in Molise, l’ultimo a Venafro (Isernia) col pestaggio a sangue di un imprenditore locale e altri episodi, legati allo smaltimento illecito di rifiuti, all’affare miliardario dell’eolico selvaggio...".
Petraroia continuava, il 6 luglio, con il denunciare che "nell’area del venafrano, operatori economici coinvolti in inchieste della Procure di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere sul clan camorristico "Fabrocino"; le attività di riciclaggio del denaro, il traffico di stupefacenti, la presenza nel mondo degli appalti e dei sub-appalti, il sequestro di beni mafiosi e l’utilizzo del territorio molisano come luogo di clandestinità dei criminali".
PETRAROIA FA IL BIS
Il 14 settembre, lo stesso Petraroia, torna alla carica, prendendo proprio spunto dall'operazione condotta dal pm Venditti e scrivendo nuovamente a mezzo mondo: dal ministro dell'Interno al presidente della Commissione parlamentare antimafia, dal Capo della Procura nazionale antimafia al prefetto di Campobasso.
Ecco i passi salienti della sua lettera-denuncia:
"I pericoli segnalati da Luigi Bonaventura, sulle progressive espansioni criminali lungo la costa abruzzese-molisana, trovano conferma anche nell’ultima operazione del 13.09.2012 dei Carabinieri di Varese che, su ordine del Gip di Milano, hanno arrestato Eugenio Ferrazzo, residente per anni a Campomarino (Campobasso), figlio di Felice Ferrazzo, altro collaboratore di giustizia esponente di una cosca rivale della 'drangheta crotonese, domiciliato a San Salvo (Chieti).
Basta acquisire sommarie informazioni sui Ferrazzo per trovare confermata la loro pericolosità, attestata tra l'altro da reati di omicidio, traffico di armi e di cocaina…
….In pratica non si riesce a capire il perché nella stessa città di Termoli e nella fascia costiera che corre da Vasto a Campomarino, siano stati trasferiti diversi esponenti della 'ndrangheta, tutti o quasi provenienti dalla provincia di Crotone ed appartenenti a cosche rivali in lotta tra loro.
Qual è la logica del Ministero degli Interni e della Magistratura?…E' opportuno continuare ad assegnare collaboratori di giustizia così pericolosi alla città di Termoli?
E se tali ex-capocosca continuano a delinquere aprendo raffinerie di cocaina e trafficando in armi, non sarebbe auspicabile un loro allontanamento dal nostro territorio?
Perché il Ministro degli Interni non risponde alle sollecitazioni del pentito Luigi Bonaventura, revocandogli il programma di protezione se non lo ritiene attendibile o tutelandolo con maggiore efficacia visto che lo considera un testimone prezioso per più processi di mafia aperti in vari Tribunali della Repubblica?
In base a quali valutazione il pentito viene scortato da due auto blindate quando deve rendere testimonianza a Catanzaro, a Roma, a Palermo o a Milano, e quando torna a Termoli può essere raggiunto da qualsiasi persona in ogni momento come ho potuto verificare di persona il 28 luglio 2012 recandomi a casa sua?"
Una sfida bella e buona allo Stato, quella di Petraroia: ma se Bonaventura è stato ritenuto credibile dalla Procura di Catanzaro in processi di mafia, perchè ora è stato lasciato a mollo? O gli si revoca il programma di protezione e lo si lascia al suo destino oppure lo si protegge davvero! E con lui, si tutela anche il Molise, che non ne può più di importare criminali e pentiti, senza che i primi possano essere davvero repressi e i secondo davvero tutelati. "E' grave che non sia stato disposto un trasferimento urgente o che in alternativa non siano state a
ttivate misure di salvaguardia atte a garantire l’incolumità dei suoi figli, della moglie e dello stesso pentito – conclude infatti Petraroia nella lettera – che risulta essere testimone in diversi processi mafiosi di primaria importanza. Sollecito un chiarimento urgente da parte degli Organi dello Stato interessati perché la sicurezza di migliaia di persone residenti a Termoli, và salvaguardata e garantita".
Mesi fa, su questo umile e umido blog (si vedano in archivio i miei post del 14, 15, 16 e 17 maggio oltre che del 15 luglio), scrivendo proprio di Luigi Bonaventura, scrissi che lo Stato non poteva oscillare: o i pentiti sono tali e vanno quindi protetti o non lo sono e dunque vanno condannati per i danni arrecati alla verità giudiziaria. Una terza via non c'è.
Bonaventura, che anche pochi giorni fa in videoconferenza ha reso la sua testimonianza ad una Procura della Repubblica italiana, è ancora reputato un pentito utile e attendibile? Allora va tutelato e con lui la famiglia.
Bonaventura non è più utile alla Giustizia perchè ciò che poteva dire e dare è stato da lui detto e dato? Allora va liquidato nei termini previsti per legge ma comunque protetto fino ad una eclissi che garantisca a lui e alla sua famiglia di scomparire dagli schermi e rifarsi una vita.
Una terza via – ripeto – non esiste. Questà è la dignità che va assicurata a tutti coloro i quali hanno portato un contributo di conoscenza nella lotta alle mafie.
C'è da chiedersi come questo "guscio" possa essere garantito in una regione – come denunciò lo stesso 6 luglio Petraroia – "fragile, con una società civile debolissima, che non seppe reagire nemmeno al confino di Vito Ciancimino a Rotello (Campobasso), che usa obbedire tacendo in un clima omertoso, rassegnato ed utilitaristico, non è difficile per organizzazioni criminali che dispongono di liquidità impressionanti, comprare il consenso e l’assuefazione".
Non c'è da stare allegri. Ne gli italiani, nè la famiglia Bonaventura. Lo Stato – se c'è – batta un colpo. Uno solo ma definitivo. Prima che altri – quel colpo – magari lo sparino.
r.galullo@ilsole24ore.com