Renato Cortese (ex capo della squadra mobile di Reggio Calabria, da poche ore destinato ad altro incarico) e Stefano Russo, comandante dei Ros dei Carabinieri della stessa città, hanno agito nel pieno rispetto della legge quando, il 28 giugno 2011, si sono recati nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere per interrogare il capitano dei Ros, Saverio Spadaro Tracuzzi.
Il Gip di Santa Maria Capua Vetere, Giovanni Caparco, in piena conformità con le richieste dei pm, ha archiviato la posizione dei due stretti collaboratori del Capo della Procura di Reggio, Pignatone Giuseppe, che una stampa frettolosa e scandalistica aveva erroneamente inserito nel registro degli indagati. Cadono dunque le accuse gravissime di aver estorto con minacce e metodi illegittimi le dichiarazioni, ad esempio, su magistrati – in primis il numero due della Dna Alberto Cisterna – e altri e importanti personaggi.
Ricordiamo che il capitano Spadaro Tracuzzi, già in servizio alla Dia del capoluogo calabrese, è stato arrestato a Livorno il 19 dicembre 2010. Le accuse sono di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione: sarebbe colluso con la cosca Lo Giudice e avrebbe fornito notizie coperte da segreto investigativo riguardanti indagini in corso ed anticipato l'adozione da parte dell'autorità giudiziaria di provvedimenti restrittivi.
Le motivazioni del Gip di Santa Maria Capua Vetere, che ha emesso il decreto di archiviazione circa un mese fa, riempiono 30 pagine. Il lavoro dei pm è stato accurato e svolto rapidamente: a partire proprio dall’interrogatorio di Spadaro Tracuzzi che, a quanto trapela in queste ore, avrebbe confermato il pieno rispetto della legge da parte di Cortese e Russo. Non solo. Sembra che un’ampia parte delle analisi della Procura cada sul particolare momento di pressione psicologica nel quale versava il capitano Spadaro Tracuzzi, al punto da considerarlo a rischio suicidio. Agli stessi familiari e agli stessi avvocati difensori avrebbe confessato di essere pronto a tutto. Questo particolare stato emotivo avrebbe portato il capitano a fare congetture nei confronti di Cortese e Russo che, al momento dei fatti, sarebbero cadute. In altre parole, par di capire, a mal interpretare le intenzioni.
Ovviamente sono stati sentiti tutti i personaggi coinvolti in questa vicenda e un’ attenzione particolare è stata dedicata anche ai registri del carcere e alla documentazione sugli spostamenti interni.
INOPPORTUNITA’
C’è comunque – nelle motivazioni dei pm accolti dal Gip – un passaggio “elastico” e molto delicato, tanto da essere stato scritto in punta di penna, sull’opportunità che quel colloquio in carcere fosse effettivamente svolto. I pm sembrano censurare dal punto di vista opportunistico l’interrogatorio, svolto in assenza di avvocato, e senza alcun valore probatorio eventuale in sede processuale. Al massimo poteva servire per raccogliere sommarie informazioni investigative.
L’articolo 18 bis dell’ordinamento penitenziario regola proprio i colloqui ai fini investigativi. Dubbi che l’eventuale incontro tra Spadaro Tracuzzi e il duo Cortese-Russo non avesse fini investigativi?
Il comma 1 dice che il personale della Dia, dei servizi centrali e interprovinciali e “gli ufficiali di polizia giudiziaria” (il caso di specie) designati dai responsabili, “debitamente autorizzati”, hanno facoltà di visitare gli istituti penitenziari e possono essere autorizzati ad avere colloqui personali con detenuti e internati, “al fine di acquisire informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di criminalità organizzata”.
Il comma 2 dice che l’autorizzazione agli ufficiali di polizia giudiziaria è rilasciata, quando si tratta di persone sottoposte ad indagini, “dal pubblico ministero”. Il comma 3 dice che le autorizzazioni ai colloqui indicate nel comma 2 sono “annotate in apposito registro riservato tenuto presso l’autorità competente al rilascio”.
L’unico che non deve avere alcuna autorizzazione (neppure d’urgenza che, recita il comma 4, è disposta dal ministro dell’Interno o per delega dal capo della Polizia) è il procuratore nazionale antimafia.
Ebbene: tutte le procedure di legge secondo i pm e il Gip sono state rispettate e dunque nulla questio e archiviazione in naturale e logica conseguenza.
A fin di cronaca rimando ai miei ampi servizi su questo blog (si veda a esempio quello del 9 agosto 2011 in cui esprimevo, da giornalista e non da giudice, dubbi e critiche su quegli interrogatori, basandomi sulla mera e asettica lettura dell’ordinamento penitenziario, ma evidentemente, di fronte a questa archiviazione, mi sbagliavo, a testimonianza di quanto possa essere fluida la capacità cognitiva di chi si è laureato in legge troppo tempo fa).
C’è un’ultima considerazione da fare: ricordo che il capitano Spadaro Tracuzzi il 9 luglio ha consegnato alla Procura di Santa Maria Capua Vetere e a quella di Catanzaro, attraverso i suoi avvocati, una prima e articolata lettera nella quale racconta ciò che accadde nella tarda mattinata del 28 giugno 2011.
La lettera però – attenzione – è una versione rivista e ampiamente corretta di una versione molto più lunga e drammatica nella quale Spadaro Tracuzzi non esita a definire i due ufficiali come “emissari” (un termine che vuol dire tutto e il suo contrario) del capo della Procura di Reggio Calabria. Anche questa seconda lettera è stata spedita alle procure e alla Dna. Di certo c’è che c’è stata la mediazione degli avvocati e dei familiari del capitano per rendere meno emotivi i contenuti e dare dunque vita alla prima lettera. Al momento opportuno la seconda lettera uscirà fuori. Statene certi.
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